52

9 4 0
                                    

Arias parcheggió la Nissan davanti ad un'entrata secondaria, di quelle riservate soltanto ai lavoratori dell'aeroporto, e attese che arrivasse qualcuno per farlo entrare. Non aveva voglia di affrontare la folla dell'ingresso principale, gli era bastata la confusione per le strade della città.
   Passarono dieci minuti prima che la porta si aprisse. Era un tecnico che aveva appena terminato il suo turno, e che stava lasciando la struttura. Arias colse l'attimo e, prima che la porta si richiudesse, entrò nell'area riservata dell'aeroporto.
   La parte difficile è andata, pensò. Adesso doveva trovare chi poteva farlo accedere ai piani di volo… una passeggiata.
   Nonostante avesse cercato di muoversi in maniera furtiva, fu beccato poco dopo da un inserviente. «E lei chi diavolo è?» si sentì domandare in tono minaccioso.
   Si voltò e vide un uomo che sembrava intenzionato a colpirlo con un manico di scopa. «Stia calmo. Sono della Polizia!» rispose Arias.
   «Da quando la polizia si introduce di soppiatto nei luoghi delle indagini?»
   «Da sempre, se è importante non attirare l'attenzione» ribatté Arias in tono ironico. «Ora la prego, vuole mettere giù quella scopa?»
   L'inserviente si tranquillizzò e mise via l'arma impropria. «Bene. Cosa le serve?» insistette con diffidenza.
   Arias ottenne facilmente di poter parlare con un responsabile, da lì poi fu tutto in discesa. Non ci fu alcun problema per accedere ai piani di volo della giornata, si cercò di saltare ogni tipo di procedura burocratica e passarono direttamente all'esaminazione.
   «Cosa cerca di preciso, agente?» chiese Souza. Era un uomo dedito alle regole e, avendo dribblato le normali procedure, si aspettava che Arias condividesse qualche informazione riguardo al caso.
   «Non posso scendere nei dettagli» spiego Arias. «Ma pensiamo che un gruppo di contrabbandieri proverà a far uscire dal paese alcuni preziosi beni archeologici, quindi dobbiamo identificare ogni mezzo sospetto.»
   «Sapete quanto tempo avete prima che lascino il paese? Questo tipo di informazione permetterebbe di restringere il campo.»
   «Secondo gli uomini della dogana dovrebbero decollare entro domani mattina, non oltre.»
   Souza si allontanò un momento. Tornò dopo cinque minuti e mise sulla sua scrivania alcune cartelle. «Qui ci sono il piano di volo di ciascun aereo in partenza da qui fino a domani mattina all'alba.»
   Arias era comunque dubbioso. «È sicuro che quello che cerchiamo sia tra questi?»
   «Nessun aereo può decollare senza un piano. Qualsiasi torre di controllo ne ordinerebbe l'abbattimento pochi secondi dopo averlo individuato sul radar.» Ovviamente Souza sapeva che c'erano modi per non essere individuati, corrompendo qualcuno o volando a quote molto basse, ma se davvero l'oggetto del contrabbando valeva tanto nessuno, nemmeno uno spregiudicato, avrebbe corso il rischio.
   Mentre esaminavano i piani di volo, in cerca di una destinazione sospetta, sentirono la porta della stanza aprirsi. Alzarono leggermente lo sguardo e videro un uomo robusto, con una tuta arancione. Souza lo identificò subito come un tecnico. «Che succede?»
   Quello non rispose, ma si avventó su di loro brandendo una chiave inglese. Sia Souza che Arias caddero a terra cercando di evitare il colpo, che incrinò la scrivania su cui avevano disposto tutti i documenti che stavano esaminando. Arias cercò di reagire afferrando la sua pistola, anch'essa appoggiata sulla scrivania, ma si vide sferrare un violento colpo con la chiave inglese. Proruppe uno spaventoso urlo di dolore: probabilmente il colpo subito gli aveva procurato la rottura di radio e ulna del braccio destro.
   Souza aveva capito che quello non era un dipendente dell'aeroporto, e vedendo Arias agonizzante dovette affrontarlo. Si fece coraggio e raccolse da terra una penna stilografica, si mise in piedi e cercò di pugnalare l'uomo alla schiena.
   Riuscì a infilzarlo, ma non poteva sperare che bastasse quello per ucciderlo. Passato il primo momento, quando il dolore era più forte, l'uomo lo spinse via e iniziò a colpirlo con la chiave inglese, solo per ferirlo, non per ucciderlo. Vedendo il sorriso maligno, e udendo le risate sadiche emesse mentre sferrava i colpi, Souza fu assalito da una sensazione di terrore. Non avrebbe mai pensato di morire in quel modo orrendo.
   «Ei, maledetto» urlò Arias con le poche forze che gli erano rimaste in corpo. Quando quello si voltò verso di lui, gli puntò la pistola alle gambe e premette il grilletto per tre volte.

   Il trambusto dello scontro aveva attirato l'attenzione di molti addetti ai lavori. Accorrevano da ogni angolo dell'aeroporto per sincerarsi di cosa stava succedendo. Alla vista delle ferite riportate da Souza, molti furono assaliti dalla nausea; era uno spettacolo a dir poco orribile: sanguinante dalla tempia, dalla bocca e con altre ferite superficiali sparse su tutta la parte superiore del corpo.
   Mentre lui veniva portato d'urgenza in ospedale, Arias si fece portare un telefono e contattò Reyes.
   Quella telefonata per i colleghi che si trovavano alla stazione di polizia fu come una ventata d'aria fresca in un giorno afoso. «Cosa avete scoperto?» chiese Reyes.
   «Credo che Robertson per lasciare il paese partirà da Lima.»
   «Come fai ad esserne sicuro?»
   «Un tizio ha cercato di uccidere me e il responsabile dei piani di volo. Io sto bene, ne sono uscito solo con un braccio rotto. Souza invece se l'è vista peggio» spiegò Arias.
   «Maledizione» mormorò Reyes. «Comunque, ottimo lavoro. Trovi il piano di volo che ci interessa. Noi organizziamo un'incursione.»

I DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora