25 Ottobre 1996, Giungla Peruviana
Alcune rovine incaiche immerse nella vegetazione, avvolte da rampicanti, erano state trovate per caso da alcuni escursionisti. Uno scheletro adagiato su una roccia aveva destato la loro attenzione, e innescato la paura. Avevano avvertito le autorità, che furono pronte a intervenire tempestivamente; trovandosi nei pressi di alcune rovine precolombiane, non era da escludere che potesse trattarsi di un Inca. Di certo la questione non poteva essere di competenza della polizia peruviana, e per tale motivo furono contattati i vertici del Museo Larco e del Museo de la Nación di Lima, e il Museo Inka di Cusco.
Quel piccolo villaggio era lì da chissà quanto; nessuno lo aveva mai notato dunque poteva nascondere tanti segreti.
Da Cusco arrivò Sergio Flores, un uomo mingherlino, con la pelle scura, capelli neri e occhi castani, mentre da Lima fu mandata, a sorpresa, la dottoressa Amelia Cruise, una donna inglese, che faceva da corrispondente del British Museum in Perù, alta e snella, con lunghi capelli biondo castani, che spesso teneva legati a coda di cavallo, e magnetici occhi azzurri.
Le rovine non suggerivano molto: erano in ottimo stato e non presentavano evidenti segni dell'usura del tempo, a guardarle non davano impressioni diverse da quelle di ogni altra rovina precolombiana conosciuta.
«Chica, cosa ne pensi?» chiese Flores ad Amelia.
«Non so che dirti, sono identiche a Vilcabamba e Machu Picchu. Forse non abbiamo scoperto nulla di che.»
«Spero proprio di no» ribatté Flores.
Mentre parlavano furono raggiunti da Pedro Alvarez, un uomo enigmatico, alto con i capelli neri e gli occhi verdi, sempre nascosti dai suoi occhiali da sole. In pochi nel settore lo avevano in simpatia, a causa del suo discutibile passato, in cui aiutava trafficanti e razziatori di artefatti. Tuttavia la sua competenza non era in discussione; pertanto, meglio averlo dalla propria parte piuttosto che lasciarlo collaborare con criminali e contrabbandieri.
«Avete tratto delle conclusioni?»
«Nessuna» rispose Flores. «Sembrano identiche a tutte le altre rovine incaiche rinvenute fino ad oggi.»
«E qui vi sbagliate» ribatté Alvarez.
«Come sarebbe?» chiese Amelia, con aria smarrita.
«Queste rovine appartengono ai Chachapoyas, chiamati anche "guerrieri delle nubi."»
Probabilmente quella piccola curiosità non era nemmeno da considerarsi rilevante, Alvarez però era così: gli piaceva pavoneggiarsi con i colleghi.
«Che ne dite, diamo un'occhiata anche all'interno?» chiese Flores, che stava facendo strada ancor prima di ricevere una risposta.
Una volta entrati si trovarono davanti a una sgradita sorpresa: se l'esterno poteva essere stato usurato dal tempo e dal clima umido della giungla, l'interno era stato senza dubbio saccheggiato.
Le mura interne erano state danneggiate, e dappertutto vi erano brandelli di manufatti; chiunque avesse razziato il sito non aveva idea di quanto valesse ciò che aveva trovato; oppure aveva fretta di levare le tende.
Flores si guardava intorno meravigliato, ma allo stesso tempo furioso; c'erano tutti gli estremi per far aprire alle autorità un'indagine per crimini contro il patrimonio culturale. Tuttavia, prima di far chiudere l'intera area, era doveroso dare un'occhiata in giro, in cerca di qualcosa che potesse essere sopravvissuto al saccheggio.
Rovistarono dappertutto, in cerca di qualche manufatto ancora integro, ma non trovarono nulla; sembrava davvero che i saccheggiatori avessero fatto piazza pulita. Flores, pazzo di rabbia, se ne andò via imprecando. Amelia invece rimase dentro le rovine, a guardarsi intorno; la sua attenzione era stata catturata da una particolare pietra nel muro.
«Ragazzi, tornate qui?»
Flores arrivò di corsa, Alvarez invece non sembrava avere molto interesse. «Che succede?»
«Guarda qua» disse Amelia, indicando il muro. «Credo che ci sia qualcosa nascosto in queste pareti.»
«Ecco perché le hanno danneggiate così pesantemente» disse Flores. «Credi che abbiano trovato questo punto?»
«Apritelo e scopriamolo» borbottò Alvarez, rimasto in disparte sull'uscio ad ascoltarli.
L'abbattimento della parete rivelò la presenza di uno scheletro, in posizione rannicchiata, che stringeva tra le braccia una sacca, con al suo interno quello che sembrava essere un vecchio diario.
«Chissà di che si tratta?!» mormorò Flores.
Non ci fu nessuna risposta, Amelia pose il diario in una valigetta, per evitare che si danneggiasse durante gli spostamenti. Nessuno, tuttavia, aveva delle buone sensazioni.
La situazione precipitò una volta usciti dalla rovina: si udì, in lontananza, uno sparo, ma nessuno capì da che parte provenisse.
«Che accidenti è stato?» chiese Amelia.
In quel momento si resero conto che un ricercatore era stato colpito. Flores si precipitò a dare un'occhiata ma ormai non c'era niente da fare.
Dal nulla arrivò un secondo sparo, ma stavolta nessuno venne colpito.
«Cecchino!» urlò a squarciagola uno dei ricercatori.
«Via tutti, di corsa!» ordinò Alvarez.
All'improvviso si trovarono bersagliati da una raffica che fortunatamente, o volutamente, non provocò alcun danno agli altri membri della squadra. Evidentemente si trattava solo di un avvertimento.
Mentre si allontanavano Amelia stringeva la valigetta a sé, come una madre stringe al proprio petto un figlio. Forse gli altri non ci pensavano, a lei però era chiaro che chiunque avesse cercato di ucciderli cercava il diario che loro avevano trovato.
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I Dimenticati
Adventure[Completa] 1532: il conquistador Francisco Pizarro conduce la sua spedizione in Sudamerica, alla ricerca e, successivamente, alla conquista del grande impero Inca. 1540: tra gli spagnoli si fanno sempre più insistenti le voci circa l'esistenza di un...