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Kane, Williams, Amelia e Gunn stavano sorvolando le Ande con un piccolo idrovolante della guardia costiera, che Reyes si era impegnato a mettergli a disposizione. Avevano con loro ogni tipo di attrezzatura possibile: da scalata, giungla, immersione. Con tutto quello che poteva trovarsi sulle pendici andine era meglio non lasciare nulla al caso, ogni cosa poteva essere utile.
   Tutti a bordo osservavano le cime delle Ande, sommerse da nevi quasi perenni. Talvolta si scambiavano delle occhiate e qualche battuta, ma la tensione era palpabile. Nemmeno un po' di umorismo poteva farlo rilassare, era meglio tenere l'attenzione focalizzata sul loro obiettivo.
   Williams guardò i suoi compagni. «Sapete cosa non mi spiego?»
   «Cosa?» chiese Kane, sorpreso dalla domanda.
   «Perché farla tanto complicata?» chiese Williams. «Perché il diario, l'indovinello nei sotterranei del tempio e il morione? Non sarebbe stato più semplice appuntare le coordinate nel diario?»
   «Un conquistador sconosciuto che credeva di aver localizzato El Dorado. Non poteva renderla tanto semplice» ribatté Amelia con un grande sorriso stampato sulle labbra.
  «Hai già fatto questa domanda» disse Kane, che successivamente espresse un pensiero ad alta voce. «Voleva raggiungerla da solo! Non condividere la scoperta con nessuno.»
  «Ma allora perché abbiamo affrontato questo percorso? Mi auguro che non sia stata la nostra immaginazione a farci uno scherzo, anche perché vi ricordo che siamo quasi stati uccisi.»
   «È semplice» mormorò sottovoce Amelia, poi alzò il tono. «Dopo la morte del suo compagno di viaggio ha deciso di tornare indietro. Ma allora gli spagnoli avevano occupato quasi del tutto le Ande e non avrebbero tollerato una simile diserzione. Per questo gli indizi, voleva che qualcuno trovasse El Dorado grazie a lui.»
   La loro discussione fu interrotta dal pilota, che comunicò di aver quasi raggiunto le coordinate, indicando anche il punto in cui avrebbero dovuto lanciarsi.
   «Come sarebbe lanciarsi?» chiese Amelia sbigottita.
   «Non hai notato che siamo venuti qui con un idrovolante?» ribatté Kane divertito. «Non possiamo atterrare.»
   «Ma… io non mi sono mai lanciata.»
   «Nessuno di noi si è mai lanciato. Sta tranquilla, è più facile di quanto sembri.»
   Quelle parole sembrarono tranquillizzarla, tuttavia insisteva con le domande; di ogni tipo. «Perché non abbiamo usato un elicottero?»
   «Dava troppo nell'occhio» rispose Kane, mentre la aiutava a indossare il paracadute. «I turisti sorvolano spesso le Ande. Se gli uomini di Robertson sono nei paraggi allora è meglio non attirare la loro attenzione, un elicottero lo farebbe più di un idrovolante.»
   «Li abbiamo seminati nella giungla e distrutto i loro mezzi. Credi davvero che possano essere già giunti fino a qui?» chiese Williams preoccupato.
   «Meglio non lasciare nulla al caso.»
   Non appena furono completamente imbracati e pronti, il pilota gli comunicò tutti gli accorgimenti necessari per il lancio: si sarebbe tenuto lontano dagli alberi per facilitargli l'atterraggio, il loro bersaglio doveva essere una piccola valle alla base delle montagne. Per prima cosa lanciarono giù la cassa con l'attrezzatura, fornita di un sistema automatico per aprire il paracadute. Poi si lanciarono, nell'ordine, Kane, Williams, Amelia e Gunn, il più terrorizzato di tutti, che si chiedeva ancora perché era entrato nell'ufficio di Mary Hill a Londra. Perché non mi sono fatto gli affari miei? si chiese. Chiuse gli occhi e seguì i suoi compagni giù dall'aereo.

   Kane e Williams atterrarono agevolmente, gli altri ebbero qualche difficoltà: Amelia atterrò addosso a Kane, in maniera non proprio leggiadra, mentre Gunn fece qualche capitombolo e si fermò con le gambe all'aria, il tutto tra le risate di Williams, compiaciuto di essere stato l'unico a non aver avuto problemi. «Per una volta sono andato meglio di te in qualcosa, Alexander.»
   «La giornata è ancora lunga. Hai tempo per combinarne qualcuna delle tue.»
   «Che vorresti dire?» chiese Williams, tra le risate degli altri, ma Kane non rispose. Si limitò semplicemente a sorridergli.
   Non erano lontani dalle coordinate incise sul morione, erano stati molto precisi nel decidere il punto in cui lanciarsi e tutto era andato bene… se si escludeva l'atterraggio, quasi comico, di Amelia e Gunn. Una volta recuperate le casse con l'attrezzatura, presero ciò che poteva essere necessario e si misero in cammino, carichi come dei muli.
   Proseguirono per circa un quarto d'ora, quando davanti a loro, alla base di un pendio appena fuori dal meandro della giungla, si aprì una voragine; Williams aveva rischiato perfino di cadervi dentro mentre era sovrappensiero, ma il pozzo oscuro spiccava in mezzo al verde. Si palesava all'improvviso, ma non abbastanza per non rendersi conto del pericolo.
   «Ci siamo» annunciò Amelia. «Le coordinate corrispondono a questo punto esatto.»
   Kane si avvicinò al ciglio del pozzo e scrutò la profondità: era buio, e la visibilità non era superiore a tre metri, così pensò bene di gettare al suo interno un bengala acceso. Quando raggiunse il fondo, smuovendo l'acqua che si trovava in profondità, Kane comprese: si trattava di un cenote, un pozzo calcareo con presenza di acqua dolce, risultato di un lungo processo di erosione di terra e rocce. Scendere in quell'oscurità era pericoloso anche per i sommozzatori più esperti, troppe cose potevano andare male.
   Il fatto che quelle pozze venissero utilizzate dagli antichi come piscine sacrificali non faceva altro che alimentare i timori. Il primo pensiero andava a quanti potevano aver perso la vita in quelle acque nel corso dei secoli. Ma guardando l'altra faccia della medaglia si poteva presupporre che, se davvero quel pozzo rappresentava El Dorado, nessuno poteva averli preceduti.
   Amelia si avvicinò a Kane, sul bordo del cenote, e come lui ne scrutò la profondità. Un brivido le scorse lungo la schiena.
   «Bisogna scendere là sotto» mormorò Kane.
   «Meglio prepararsi bene.»
   Tutto il gruppo si adoperò per i preparativi, anche la fauna locale parve intuire che tipo di situazione stava prendendo forma. Un enorme condor si alzò in volo dal suo nido e iniziò a volare intorno al pozzo, con lo sguardo sempre rivolto ai membri del gruppo.
   Gunn si accorse dell'uccello quando, per un momento, un'ombra coprì il sole. «Un avvoltoio! Ah, che infausto presagio.»
   Tutti lo guardarono straniti. «Adesso sei diventato un filosofo?» chiese Williams ridendo, per allentare la tensione; sapeva però che il cenote era fonte d'acqua dolce e vedeva che nessun animale osava avvicinarsi, forse intimidito dalla presenza umana. La loro presenza aveva però attirato la curiosità un uccello che per natura si nutre di carogne; e non poteva essere un buon segno.
    «E comunque si tratta di un condor delle Ande» precisò Kane mentre si infilava la muta da sub. Contemporaneamente Williams gli caricò le bombole di ossigeno sulle spalle e fissò un microfono all'interno dell'erogatore, per mantenere un contatto durante l'immersione. Anche Amelia aveva indossato la muta, ma Kane l'aveva stoppata prima che fosse pronta. «Scenderò da solo» le disse. «Non sappiamo cosa ci sia là sotto. È meglio non rischiare.»
   Amelia apprezzò la preoccupazione di Kane, ma allo stesso tempo era molto amareggiata. Avrebbe voluto assistere alla scoperta con tutta se stessa, perché un'occasione del genere non le sarebbe mai più ricapitata; lo sapeva bene.

I DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora