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Pochi minuti prima, Kane era entusiasta che la piazza della Missione fosse deserta; meno guardie da neutralizzare, pensava. Ma dopo aver oltrepassato l'arco all'ingresso, iniziò a dubitare che tutta quella tranquillità fosse un fatto positivo.
   Si sentiva come il pistolero di un film western che da straniero arriva in una piccola cittadina della frontiera, dove le strade sono deserte ma allo stesso tempo si possono percepire tutti gli occhi che si hanno puntati addosso. Camminava lentamente, stringendo tra le mani l'AK-47 che aveva sottratto alla guardia, ed esaminava attentamente ogni anfratto in cui altri mercenari potevano nascondersi e da cui poteva essere aggredito alle spalle. Nel momento in cui fu certo che non c'era nessuno, si diresse verso la chiesa, incurante del fatto che tutto si stava rivelando estremamente troppo facile.
   Quando arrivò al centro della piazza, si vide lanciare addosso qualcosa. Non riuscì a capire subito di cosa si trattasse fin quando non toccò terra; si trattava di una granata, ma Kane fu abbastanza reattivo da gettarsi lateralmente e scampare allo scoppio, che si era rivelato tuttavia di bassa intensità. Probabilmente perché si trattava di una carica non letale, e non era stata lanciata con lo scopo di ucciderlo.
   Kane si rialzò, leggermente frastornato e disorientato. Si guardò intorno per capire chi avesse lanciato quella granata; non vide nessuno, ma riconobbe la voce di Shkodran. «Benvenuto. La stavo aspettando.»
   «Tu? Maledetto» tuonò Kane.
   «Dovrebbe essermi grato» ribatté Shkodran, che sembrava armato per andare in guerra: con tre granate appese alla cintura, una pistola modello Desert Eagle nella fondina e un coltello tattico, di tipo militare, stretto saldamente nella mano sinistra.
   «Per cosa, esattamente?» chiese Kane.
   «Avevo l'ordine di ucciderla non appena fosse uscito dal pozzo in cui si era immerso. Tuttavia, quando ho visto che era riuscito a tirarsene fuori ho anche capito il perché dell'ammirazione che quel tedesco ingaggiato dal mio capo prova per lei.»
   «Non sono mai stato così lusingato e schifato da una persona allo stesso tempo» esclamò Kane con aria di sfida.
   «Ho deciso di darle una possibilità. Ucciderla mentre era debilitato dagli sforzi dell'arrampicata non sarebbe stato sportivo…»
   «Sportivo?» lo interruppe Kane. «Un cane rabbioso come te che usa questa espressione sembra quasi una barzelletta.»
   «Siamo solo io e lei. Uno contro l'altro. Se mi batte, allora potrà liberare i suoi compagni. Se non ci riuscirà… beh, siete tutti morti.»
   Shkodran credeva di stare giocando al gatto e al topo, incurante degli avvertimenti continui di Schroeder sull'imprevedibilità di Kane. Non si era però reso conto che, rivelandogli della presenza di Williams, Amelia e Gunn in quel luogo, si era messo in una posizione di svantaggio; perché Kane non si sarebbe risparmiato. «Bene, fatti sotto» esclamò lanciandosi su di lui.
   Shkodran cercò di rispondere sferrando un fendente con il coltello ma Kane, prevedendo quella mossa, prima schivò il colpo, poi gli afferrò il polso e lo strinse fino a fargli perdere la presa sull'arma. L'entusiasmo di quel piccolo successo gli fece pensare di poterlo battere, ma bastò che Shkodran gli desse una gomitata all'altezza della tempia sinistra per farlo tornare sulla terra; la benda sull'occhio rappresentava un handicap non indifferente in un confronto corpo a corpo con un killer così abile, quindi doveva evitare che Shkodran potesse attaccarlo nel suo punto cieco.

I DimenticatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora