CAPITOLO 81: TODOROKI'S PART

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"Shoto... ti lascio il pranzo qui fuori alla porta..." sento dire da mia sorella Fuyumi.

Non rispondo. Non ho nemmeno appetito. Sono già passati tre giorni dalla sua scomparsa, dal rapimento di Reisa. Da quando quella sera sono rientrato a casa con l'aiuto di Kotaro, non ho messo naso da fuori camera mia, se non per esigenze estreme. La mia famiglia è chiaramente preoccupata per il mio stato mentale: mia madre si è persino presentata qui nonostante questa casa le facesse riaffiorare orribili ricordi del nostro passato. Ha provato a consolarmi, ad abbracciarmi, a dirmi che sicuramente tutto sarebbe andato per il meglio. Avrei voluto crederle... Avrei davvero voluto che fosse così. Eppure continuo ad avvertire questa strana sensazione al petto, questo chiodo fisso che non mi lascia per un solo istante. Reisa... Le sue ricerche sono iniziate immediatamente il giorno successivo, ma mio padre mi ha vietato di farvi parte. Crede fermamente che io non sia lucido, che io possa compiere qualche gesto sconsiderato o essere troppo avventato se la situazione si dovesse complicare. Forse ha anche ragione... Ma non trovo giusto tutto ciò. Lei è la mia ragazza, la mia unica ragione per cui non smetto ancora di respirare. E' giusto che io non possa aiutare? Seduto qui, su questa fottuta sedia e davanti alla finestra di camera mia, ammiro il cielo. L'inverno ormai sta terminando, e a breve, cominceranno ad arrivare le belle brezze primaverili, la fioritura dei ciliegi e il cinguettio incessante degli uccellini che si risvegliano dopo un lungo sonno. Già. Ma allora perchè io mi sento come se mi stessi appassendo? Ho il viso ormai scavato dalle continue lacrime, gli occhi a tratti dispersi nel vuoto, l'anima in subbuglio. Non avverto più nemmeno le forze, quasi come se mi abbiano abbandonato persino loro. Prendo in mano il cellulare e attendo. Attendo una qualsiasi chiamata di Diamond per sentirmi dare delle buone notizie. Tanto so perfettamente, che la chiamata che tanto aspetto, non arriverà. Sfoglio i messaggi, quelli dolci che ci siamo scambiati io e Reisa poco prima che mi venisse strappata dalle braccia. Rievoco ancora quella sua immagine così nitida ed indelebile ai miei occhi. Riesco persino a sentire il suo profumo, quello dolce ma anche fresco, come piace tanto a lei. Immagino la sua mano che mi sfiora il viso, come solita fare per ammirare meglio quella bruciatura orribile che ho stampata in faccia. Di nuovo una fitta al petto, come se il mio cuore si stesse trasformando improvvisamente in un tamburo. Devo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Non ho avuto nemmeno il coraggio di presentarmi a casa dei genitori di Reisa. Che gran maleducato che sono stato, e soprattutto, che grandissimo codardo... Al mio posto ci è andata Tomoe. Non oso nemmeno immaginare come possano sentirsi, come sicuramente siano a pezzi. E cosa penseranno di me? Ce l'avranno col sottoscritto? E come biasimarli... Avevo promesso loro di proteggere Reisa a costo della mia stessa vita, ciò nonostante, non ne sono stato capace. Forse dovrei alzarmi, cambiarmi e andare da loro a parlargli. Tuttavia questo senso di panico e di paura a volte mi frenano da quest'idea. Se davvero fossero così arrabbiati con me da non volermi più nemmeno vedere? Se una volta che Reisa dovesse tornare a casa, le vietassero di stare ancora insieme? No. Non importa. Ciò che voglio è che capiscano che anche io, come loro, sto soffrendo e che non desidero altro che ritrovarla. Con ancora il respiro pesante e un leggero capo giro nell'alzarmi, mi dirigo verso l'armadio: mi vesto con le prime cose che mi capitano. Vado verso il bagno e mi fisso dritto nello specchio per qualche lungo secondo. Mi sento davvero a pezzi, come se fossi stato svuotato di ogni cosa. Apro il rubinetto e guardo come imbambolato l'acqua scorrere rapidamente, poi finalmente mi decido a lavarmi il viso. Questa sarà la prima volta dopo diversi giorni che esco dalla mia stanza... Spero che nessuno mi faccia troppe domande. La mia voglia di rispondere è ancora al di sotto della suola delle scarpe e non ho nemmeno voglia di sentirmi compatire. Adagio varco la soglia della porta e origlio che nessuno mi senta oltrepassare quella parete... Ma purtroppo mia sorella è talmente in pensiero per me da avvertire anche solo il mio respiro. La vedo spuntare dal fondo del corridoio e fissarmi quasi stupefatta. Meglio che io finga di star meglio? Non lo so. Mi basta solo andare dalla famiglia di Reisa ora e chiedere il loro perdono. Guardo Fuyumi dritta negli occhi e le faccio solo cenno con la testa per salutarla. Lei ancora resta ferma sul posto, cercando probabilmente di captare le mie intenzioni. Mi incammino verso l'ingresso e apro con calma il mobiletto per indossare un paio di scarpe comode.

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