𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙄𝙓. ⚽💙

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"Affinitá.
Incontrarsi
per caso
e
sentirsi
a casa."



















Non avevo mai incontrato nella mia vita un ragazzo che avesse anche solo un quarto della dolcezza di Federico.
Non avevo mai incontrato nella mia vita un ragazzo che prendesse il suo telefono di nascosto solo per scrivere a me.
Non avevo mai incontrato nella mia vita un ragazzo che avesse così tanto rispetto della mia figura.
Non avevo mai incontrato nella mia vita un ragazzo che pensasse a me per sorridere.
Non avevo mai incontrato nella mia vita un ragazzo d'oro come Federico.
Forse perché lui era unico nel suo genere, o forse perché nella mia vita ero stata solo con stronzi patentati e bad boys.
Per tutta una vita ero stata convinta che la felicità me la potessero donare soltanto persone così estreme e lontane dal mio mondo come i cattivi ragazzi.
Non avevo mai pensato che un ragazzo come Federico potesse rendermi felice in pochi giorni soltanto con dei semplici messaggini mandati la sera sul cellulare.
Eppure era così.
Se io in quel preciso istante sorridevo, era solo merito suo.
Non di Sofia, non di Francesco, non dei miei genitori e non delle mie sorelle.
Di Federico.
Perché più di chiunque altro era riuscito a capire ciò di cui avevo bisogno in quel momento:
Un qualcuno con cui poter parlare liberamente senza pretese, che mi scrivesse a fine giornata senza fare domande troppo pesanti.
Un qualcuno che da me non si aspettava nulla, come io non mi aspettavo nulla da lui.
Era arrivato così, per caso nella mia vita, Federico.
E adesso mi ritrovavo qui, seduta sul mio pouf, a sorridere come un'ebete ai suoi messaggi.
Si vedeva che anche lui era commosso quanto me.
Ero felice di essere riuscita a tirargli sul il morale, per una volta.
Lui non lo sapeva, ma mi aveva tirato su il morale nella notte più difficile della mia vita.
Quella in cui avevo deciso di chiudere un capitolo tanto importante quanto doloroso della mia esistenza.
Era proprio in quella notte che lui era apparso in modo deciso nella mia vita, con dei semplici messaggi.
Messaggi di cui io, in quel momento, avevo bisogno per andare avanti.
Fissai la TV speranzosa:
Gli Azzurri avrebbero vinto.
Dovevano farcela.
E io sarei stata lì, col mio cellulare, a complimentarmi con Federico per quella vittoria.
Si meritava di essere felice più di chiunque altro al mondo.

Anche tu Karen ti meriti di essere felice,
ammettilo.

"Papa', sono sicura che gli Azzurri vinceranno."
dissi speranzosa.
Il secondo tempo supplementare era appena iniziato.

"Ne sono sicuro pure io, Karen.
E se lo dice la mia Karen.....
Allora vuol dire che sarà così!"
Io e papà ridemmo guardandoci nella gli occhi.
Non serviva che io parlassi, lui aveva già capito tutto.
Aveva capito che era successo qualcosa che mi aveva fatto credere ancora di più negli Azzurri e nella loro forza.

Era proprio questo che amavo del mio papà:
Riusciva a capirmi con un solo sguardo.
C'era un intesa pazzesca fra noi.
Era molto geloso di me, visto che fin da piccola ero stata molto bella.
Diceva sempre che un mio ipotetico ragazzo per poter essere approvato da lui doveva amarmi inanzitutto, e poi doveva tifare Napoli come lui!
Voleva davvero che io fossi felice.
Non voleva ostacolare la mia crescita in alcun modo.
Quando gli avevo detto che sarei andata a vivere a Roma con i Måneskin, non aveva proferito parola.
Mi aveva solo abbracciata dolcemente.
Era consapevole del fatto che fossi ormai una donna, e andava fiero di come fossi cresciuta.
Tutti i miei nemici erano suoi nemici, e tutti i miei amici erano suoi amici.
Non era a conoscenza del fatto che avessi perso la verginità ormai da qualche mese, ed era l'unico "segreto" presente fra noi, oltre che la mia intera relazione con Damiano.
A papà Damiano non sarebbe piaciuto.
Avrebbe detto che non era il ragazzo per me, nonostante l'amore che provava per la sottoscritta.
E avrebbe avuto incredibilmente ragione.
Eravamo così diversi, io e Damiano.
Ma forse per capirsi bisogna essere un po' diversi, no?

Che fai Karen, adesso hai nostalgia del vostro rapporto?

Sospirai e alzai gli occhi al cielo.
Non dovevo pensare a Damiano.
Non quella sera.

Mi ero talmente persa nei miei pensieri, che non mi ero accorta che i tempi supplementari fossero giunti al termine.
Il mio cuore perse un battito:
Il match si sarebbe deciso ai rigori.
In quel caso, solo un colpo di fortuna avrebbe portato gli Azzurri alla vittoria.
In quel momento, fui improvvisamente grata di non essere lì a Wembley fisicamente.
L'ansia mi avrebbe uccisa.
Rivolsi un'occhiata allusiva a mio padre.

"Sei ancora così sicura che vinceremo?"
disse trattenendo una risata.

Feci una smorfia.
"Se vincono gli Inglesi, do fuoco allo stadio."
Così dicendo mi alzai dal divano, andandomi elegantemente a posizionarmi sul mio pouf.
Mi avrebbe portato fortuna, come sempre.
E magari avrebbe portato fortuna anche agli Azzurri....
Chissà!

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FEDERICO CHIESA'S POV:

Scrivere a Karen mi aveva riportato il sorriso.
Lo stesso che avevo cercato di mantenere per tutto il resto della partita.
Noi Azzurri ci meritavamo di vincere.
La caviglia mi faceva ancora male, e quel dolore sembrava solo finalizzato a ricordarmi quanto fossero stati meschini gli Inglesi con noi Italiani.
Alzai gli occhi al cielo e strinsi i pugni.
Dovevamo vincere, non potevamo permetterci di perdere!
I rigori non sarebbero stati certo facili, e io iniziai a tremare.
Barella si sedette accanto a me in panchina, e io non me ne accorsi, teso com'ero.

"Allora, come va la tua caviglia?"

Sorrisi, felice di aver rivisto il mio amico.
"Piú o meno, adesso si tratta di vincere i rigori qui...."
dissi, mentre bevevo un sorso d'acqua dalla mia borraccia.

"Ti dico solo che io sto tremando."
mi rispose Nicolò, mentre il primo giocatore italiano si posizionava davanti alla porta con la palla.
In quel momento pregai tutti gli Dei possibili immaginabili.
Ci meritavamo veramente quella Coppa, perché prima di essere una squadra di calcio noi eravamo amici.
Amici con la A maiuscola.
Il nostro gruppo meritava la vittoria.

I battiti del mio cuore aumentavano sempre più.
Io e Nicolò scendemmo in campo per abbracciare gli altri.
Avevamo bisogno di sostenerci in quei calci di rigore.

Il primo a tirare fu Domenico Berardi.
Sperammo insieme che Pickford non indovinasse il tiro del nostro compagno, e infatti così fu.
Il primo punto era di noi italiani.

Seguirono i calci di rigore di Harry Kane, Andrea Belotti, Harry Maguire, Leonardo Bonucci, Marcus Rashford, Federico Bernardeschi, Jadon Sancho e Jorghino.

Io e Nicolò ci rivolgemmo un'occhiata colma di tensione.

Parità.

Se gli inglesi avessero sbagliato l'ultimo rigore, noi avremmo vinto.
Il cielo si sarebbe colorato di azzurro nella grigia Londra.
Il nostro destino era tutto nelle "mani" di Donnarumma.
Ero sull'orlo della commozione.
Ci stringemmo tutti fortissimo.
L'emozione stava per avere la meglio su di noi.
Vidi Saka avvicinarsi al pallone, e per un attimo i miei occhi andarono dal giocatore Inglese al nostro portiere.
Furono attimi di grande tensione, forse i più tesi di tutta la mia vita, calcistica e non.

Il pallone fece la sua corsa verso Donnarumma, che però lo bloccò prontamente tra le mani.
Sentii un grido alzarsi dalla curva italiana.
Tutti noi corremmo verso Gigio per abbracciarlo e per festeggiare.
Eravamo campioni di Europa, e io ero stato uno degli artefici di quella vittoria!
Corsi più veloce che potevo verso gli alti.
La mia felicità era una cosa inspiegabile.
La mia caviglia continuava a sanguinare, macchiando le mie calze di rosso.
Ma non mi importava.
Niente avrebbe potuto scalfire quella felicità.
Niente e nessuno.
Mi buttai sul prato di Wembley per metabolizzare quanto appena successo:
Eravamo campioni d'Europa.
Ero campione d'Europa.
Avremmo avuto quella Coppa tra le nostre mani.
Saremmo diventati gli Eroi di quell'estate italiana.
Corsi ad abbracciare Nicolò, mentre con la coda nell'occhio vedevo la coppa avvicinarsi all'altare dove saremmo stati premiati.
Vidi anche gli Inglesi piangere, e un po' mi dispiacque.
Ma non c'era tempo per la tristezza in quella notte magica.
Avevamo vinto, e chissà cosa avrebbe pensato Karen!
Mi ero promesso che se avessimo vinto avrei fatto una follia, ed era esattamente ciò che avrei fatto.
Presi la bandiera italiana e me la misi addosso, poi corsi a ballare e a festeggiare con i miei compagni, mentre attendevamo di essere premiati.
Sorrisi.
Il meglio di quella notte doveva ancora arrivare.

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FINE NONO CAPITOLO. 💙⚽

𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora