𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝘾𝙓𝙄𝙄𝙄. ⚽💙

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"E se ti chiedono
cosa voglia dire
amare,
raccontagli
di noi."








FEDERICO CHIESA'S POV:

Di partite, in vita mia, ne avevo disputate centinaia, se non migliaia.
Ogni volta l'emozione era la stessa, ma quando avevo cominciato a giocare nella Juventus, essa non aveva fatto che crescere di partita in partita, assieme alle aspettative dei tifosi nei miei confronti. Col passare degli anni, ero divenuto qualcuno. Ero divenuto Federico Chiesa, non "il figlio di Enrico Chiesa". Amavo mio padre, ma troppe volte ero stato paragonato a lui, nel modo di giocare e di agire. Ed io, invece, volevo costruirmi una carriera separata da colui che più mi amava al mondo.
Dopo la vittoria degli Europei, tutti avevano iniziato a prestare attenzione al mio modo di giocare, compresi grandi club Europei di cui più volte mi ero trovato a rifiutare le importanti proposte lavorative. Ero fin troppo legato alla Juventus e alla città di Torino per abbandonarla. Ma la mia definitiva consacrazione come calciatore, l'avevo trovata vestendo la maglia della Nazionale, in più occasioni. Dapprima vincendo gli Europei di Calcio, ed in seguito, segnando nella maggioranza delle partite disputate con la Nazionale. Quella maglia era ormai divenuta parte di me, non soltanto perché grazie ad essa ero diventato tutto quello che avevo sempre sognato di essere, ma anche perché era stata proprio lei a farmi conoscere l'amore della mia vita, Karen Ferrari. L'avevo conosciuta durante una live su Instagram assieme a Barella, uno dei miei migliori amici, nonché compagno di squadra in Nazionale. Karen ed io, da quel momento, non ci eravamo più lasciati. E per me era inevitabile non pensare a lei ogni volta che mi ritrovavo ad indossare nuovamente quella maglia. Quella sera, però, tutto aveva un sapore diverso. Dopo una strada in salita per arrivare alla finale dei Mondiali, io e i miei compagni di squadra ce l'avevamo fatta. E dopo aver portato l'Italia sul tetto più alto d'Europa, il nostro sogno era quello di portare il nostro Paese sul tetto più alto del mondo. Quella sera, nella capitale del Qatar, sentivo di poter fare la differenza. Volevo davvero stringere tra le mie mani quella coppa, urlare al mondo che quel insicuro tredicenne non c'era più, che adesso c'era Federico, un uomo che sapeva esattamente quello che voleva dalla vita e che avrebbe lottato per far sì che i suoi sogni si fossero avverati. Ciò che avrebbe reso ancora più speciale quella notte, però, non sarebbe stata quell' immensa coppa che soltanto i grandi del calcio avevano avuto l'onore di stringere tra le braccia. Perché io avevo intenzione di chiedere in sposa l'unica persona che ogni giorno mi rendeva la versione migliore di me, che con tutto il suo amore mi aveva aiutato a rialzarmi dai miei periodi più bui, e che per mano mi aveva condotto verso una vita fatta di pace e serenità. Se ero diventato il ragazzo che ero, era tutto merito di Karen. Aveva sempre creduto in me, anche quando nessun'altro lo aveva fatto, e mi ripeteva ogni giorno che io avrei potuto vincere quella Coppa anche ad occhi chiusi. Era lei e soltanto lei la mia vittoria più bella, la più importante, ed io volevo che quella serata fosse rimasta tra i miei ricordi più belli. Non solo tra i miei, ma anche tra quelli di Karen. Il mio desiderio più grande era che lei rispondesse di sì alla mia fatidica domanda. E poi, se fossi riuscito anche a vincere la Coppa del Mondo, ne sarei stato felicissimo. Ma la vittoria più importante per me risiedeva nel riuscire a vedere ogni mattina il suo sorriso illuminato dalle caldi luci mattutine. Osservai per un' ultima volta l'anello che avevo scelto per lei: era in oro massiccio, con una pietra a forma di cuore rosso incastonata al centro. L'avevo scelto da solo, ed acquistato nella più importante gioielleria di Firenze, la mia città.
Avrei lasciato l'anello nello spogliatoio, chiuso nel mio armadietto, in un luogo di cui eravamo a conoscenza soltanto io e i miei complici. Margherita, Nicolò e Paulo mi avevano aiutato nell'impresa di convincere Karen a venire in Qatar a seguire l'incontro, e la sua migliore amica mi aveva aiutato a scegliere il gioiello. Quanto a Nicolò, era l'unico a conoscere i dettagli della proposta, e ad avermi appoggiato sin da subito. Quando gli avevo comunicato le mie intenzioni di chiedere in sposa la donna più importante della mia vita, il mio amico aveva sgranato gli occhi, sorpreso dal mio annuncio. Avevamo poi ricordato tra le risate il periodo in cui avevo conosciuto Karen, ed il modo in cui ero già innamorato di lei ancor prima di conoscerla. Ero più emozionato per la proposta che per la partita stessa! Di una cosa ero certo: non avrei dimenticato quella notte, qualsiasi fosse stato l'esito dell'incontro. Cercai lo sguardo della mia futura moglie tra il pubblico, ma non ebbi la fortuna di vederla. Pensai a quanto sarebbe stata orgogliosa di me se avessi segnato, e al modo in cui avrebbe sorriso quando le avrei chiesto di sposarmi. Finalmente potevo esaudire il mio, il nostro desiderio più grande: quello di unirci per sempre in matrimonio. Ripensai a quando, più di un anno prima, le avevo promesso che un giorno l'avrei portata all'altare. Karen aveva riso incredula, ma io avevo ribadito la mia volontà più volte nel corso dei mesi. Feci un bel respiro, poi osservai l'arbitro, che stava per fischiare il calcio d'inizio di quella Finale. Vidi Paulo salutare Margherita, che era seduta tra gli spalti assieme alla sua famiglia. Cercai Karen con lo sguardo, ma ancora una volta non riuscii a vederla.

𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora