𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙇𝙓𝙓𝙄𝙄. ⚽💙

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"Se ti vuole
viene da te.
In qualunque
posto.
A qualunque
ora.
In qualunque
modo."


















Dicono che il tempo curi le ferite, ma ho sempre pensato che non fosse così.
Il tempo non cura affatto le ferite.
Il tempo ti fa soltanto dimenticare le sensazioni provate nel momento in cui il tuo cuore si è spezzato in mille pezzi.
Fa in modo che i ricordi si affievoliscano, che tutto divenga più offuscato e, idealmente, lontano.
Ma il tempo non cura, no.
Non cura, per il semplice fatto che io sentivo ancora un brivido di terrore entrando a Firenze.
Firenze era la città in cui il mio primo fidanzato, Davide, mi giurò amore eterno.
Ricordo di quando mi portò al Ponte Vecchio di Firenze.
Davide indossava una maglietta della sua squadra del cuore, il Napoli, ed io indossavo un vestitino rosa.
Avevo i capelli legati in una treccia laterale.
Davide non amava vedermi con i capelli sciolti. Diceva che sembravo una "cafonetta di paese".
Volevo che lui mi trovasse sempre bella, perciò me li legavo soltanto per rendere felice lui.
Col tempo, i miei capelli si erano finiti col rovinare per via delle troppe ore trascorse legati, ma questa è un'altra storia.
Davide mi portò lì, e mi fece ammirare le placide acque dell'Arno.
Ricordo che mi prese per la vita, mi diede un bacio da dietro e mi sussurrò che mi avrebbe sposata.
Mi disse persino che non mi avrebbe mai tradita, e che quella città avrebbe fatto da sfondo alle nostre nozze.
Ci avevo creduto.
Già, ero stata così stupida da crederci.
Avevo creduto che io e quel ragazzo un giorno avremmo portato identiche fedi dorate ai reciproci anulari.
Che stupida che ero!
Avevo soltanto quattordici anni, e credevo di avere la vita in mano.
Avevo una meravigliosa sorellina di due anni (che all'epoca non sopportavo) e una bella famiglia unita.
Nessuno dei miei compagni era felice quanto me. Ero anche parecchio viziata.
Ricordo dei pomeriggi in cui costrinsi mio padre a portarmi all'atelier di Gucci a Milano per comprare un insulso cappottino di pelle per il compleanno di una mia amichetta. Ero veramente insopportabile.
Non ero ancora diventata famosa sui social network, visto che Davide, fidanzato profondamente geloso, mi aveva impedito di installarli.
Io avevo creato un profilo Instagram in gran segreto, dove postavo le foto dei miei look giornalieri. Ma nulla di più.
La vera svolta arrivò quando io e lui ci lasciammo.
Divenni famosa sui social network, e smisi di farmi quella insulsa treccia.
Ma ci vollero anni e anni prima che io fui capace di avere una mia indipendenza senza pensare più a lui.
Nel corso della mia vita, avevo vissuto un mucchio di amori tossici.
Ragazzi che mi si avvicinavano per la notorietà o per l'avvenenza del mio corpo.
Mi piaceva farmi notare, distinguermi in mezzo alla folla, ma appena qualcuno mi dedicava le sue attenzioni io scappavo. Fuggivo.
Era una forma di difesa, un modo per cercare di non soffrire più.
E benché io non sarei mai e poi mai tornata indietro, andare a Firenze mi faceva ancora soffrire.
Quella era la città delle promesse fatte e non mantenute, dei giorni passati a sorridere e delle lacrime versate ripensandoci.
Era anche la città del mio fidanzato Federico, e per questo non potevo odiarla.
Ma in cuor mio sapevo quanto non fosse la mia città. Non la sentivo mia.
Furono questi i pensieri che mi affollavano la testa quando arrivai a Firenze, piena di bagagli, pronta a seguire la partita della Nazionale italiana di calcio.
Non vedevo l'ora di vedere Federico giocare dal vivo in azzurro.
Avevo passato il mio pomeriggio in hotel, per non visitare Firenze.
Quella città mi spaventava e faceva riemergere in me vecchie sensazioni.
Ma io dovevo concentrarmi su Federico e sul nostro amore.
In quel due di Settembre non ci sarebbe stato spazio per i vecchi sentimenti:
No, c'era spazio solo per me e per il mio amore.
Lo stesso che stava per entrare in campo e che avrebbe fatto gioire milioni di italiani.
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Ero stesa nel mio letto d'hotel, lo sguardo fisso al muro.
Mi ero prenotata una stanzetta in un bed&breakfast vicino lo stadio.
Quel giorno ero attanagliata da una malinconia profonda.
Cosa sarebbe successo se io e Federico ci fossimo lasciati? Non riuscivo neanche ad immaginarlo.
Nelle cuffiette avevo messo la canzone di Ultimo "Quando fuori piove".
Era come se quel giorno fossero felici tutti tranne me.
Non c'era un motivo, no.
C'era soltanto la paura di perdere Federico, la solita che mi attanagliava periodicamente.
Ma Firenze, quella città, non faceva altro che aumentare il tutto.
La folla accalcata per guardare i monumenti, ed io chiusa nella mia stanza a pensare.
Certo che ero strana alcune volte.
Non mi ero neanche truccata come al mio solito, avevo preso svogliatamente il treno per arrivare in città e mi ero rinchiusa in albergo.
Avevo perso tutte le energie, e sperai ardentemente che tutto sarebbe cambiato quando sarei entrata dentro lo stadio.
Mi ricordai di controllare se Nicolò avesse risposto al mio messaggio.
Mi alzai dal letto, presi l'iPhone ed entrai sul suo contatto Instagram.
Mi aveva scritto che potevamo vederci a Piazza Navona, in un bar lì vicino.
Non aveva dedicato molto tempo a scrivere quel messaggio, si vedeva.
Probabilmente era preso dagli allenamenti.
Si stava allenando con Federico, e con tutti gli Azzurri.
Odiavo quel ragazzo.
Come poteva permettersi di mandare un mazzo di rose ad una ragazza fidanzata?
Proprio un bell'imbecille!
Chissà cosa gli passava per la testa quando lo aveva fatto?
Certo che la gente era proprio strana....

𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora