𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙇𝙑𝙄𝙄. ⚽💙

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"Solo certi abbracci
sanno mettere
fine al freddo
di certi inverni
dentro."















La notte trascorse tranquilla.
Io e Sahara dormimmo abbracciate nello sgabuzzino.
Notai quanto mia sorella stesse dormendo bene.
Aveva lo sguardo tranquillo di chi sta facendo bei sogni.
Io ero stesa accanto a lei.
Ci eravamo addormentate sul pavimento dopo la lunga chiacchierata della notte precedente.
La biondina stava dormendo beatamente, ed io con lei.
Ogni tanto aprivo gli occhi per controllare che lei stesse bene e respirasse nel modo giusto, un po' come fanno le madri quando i loro bambini sono ancora in fasce.
Sahara ormai non era più una bambina, e la situazione di papà non poteva che averla fatta crescere ancora più in fretta.
Le sarei rimasta accanto in qualsiasi caso.
Aveva bisogno di me, ed io avevo bisogno di lei.
Le ore passarono, ed io continuai a dormire beata assieme a lei.
Le stringevo la mano, e le accarezzavo dolcemente il gomito.
Mi sembrava di essere tornate bambine, quando dopo aver fatto dei brutti sogni ci intrufolavamo nel lettone di mamma e papà per cercare conforto.
Quando eravamo piccole non vedevamo l'ora di crescere.
Ma cosa ci passava per la testa allora?
Col tempo, avevamo capito quanto un ginocchio sbucciato facesse meno male di un cuore spezzato e quanto fosse stupido piangere per una bambola in meno piuttosto che per l'assenza dei tuoi genitori.
Crescere era un viaggio del tutto unico, che ognuno affrontava a modo proprio.
Ma quando la vita ti poneva davanti del sfide fin dalla tenera età, dovevi crescere presto e imparare a ragionare prima rispetto ai tuoi coetanei.
Spesso non si cresce per scelta:
è la vita che ti costringe a farlo.
E io avrei tanto voluto che Sahara fosse stata una di quelle ragazzine che sarebbe cresciuta soltanto quando avrebbe fatto nuove esperienze, e non superando traumi e momenti difficili come quelli che si prospettavano nel nostro futuro.
Avrei voluto che lei non fosse costretta a crescere così presto, come invece era capitato a me.
Le sarei rimasta vicino in ogni caso.
Lei doveva crescere in modo sereno e spensierato e viversi la sua adolescenza.
Se lo meritava.
Ed io le avrei insegnato come resistere a tutte le avversità della vita.
Lei era forte, ed anche io lo ero.
Assieme avremmo superato tutto.
Per il momento, però, dovevamo limitarci ad accettare l'esito del referto.
Dovevamo accettare che nostro padre fosse malato, e noi non avremmo potuto fare nulla per cambiarlo.
Avremmo potuto semplicemente stargli vicino e sostenerlo più del solito.
E intanto, avremmo lottato anche per noi stesse, nell'intento di non perderci tra le difficoltà della vita.
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Sentii la porta dello sgabuzzino cigolare.
Sahara stava dormendo ancora.
Era stesa accanto a me.
Io mi ero svegliata qualche attimo prima.
Avevo sentito il rumore dei passi di mia madre.
Ormai, dopo anni di convivenza con lei, riconoscevo persino il rumore dei suoi passi.
La donna si avvicinò in modo cauto alla porta, che aprì lentamente.
Finsi di riaddormentarmi, mentre spiavo la scena di nascosto.
Nostra madre si avvicinò a noi, e poi notò che il referto era spostato.
Non sapevo dove lo avesse trovato Sahara, dunque lo avevo posato sopra un vecchio mobile di legno massello.
Evidentemente non era quella la sua posizione originaria, perciò nostra madre capì subito l'accaduto.
Si abbassò al mio livello, poi cercò di svegliarmi sfiorando leggermente la mia spalla.

"Mmh...
Chi è?"
mugugnai io, con la voce ancora impastata dal sonno.
Mia madre mi fece segno di stare zitta, così da non svegliare Sahara.

"Seguimi, Karen.
Io e te dobbiamo parlare.
Di questo."
rispose lei, indicando il referto.
Annuii, poi mi alzai delicatamente e la seguii fuori dalla stanzetta.
Mi assicurai che Sahara stesse ancora dormendo, poi chiusi la porta con la maniglia.
Mia madre mi condusse nella mia camera.
Avevo lasciato il cellulare lì, e notai che vi erano diverse notifiche da parte di Federico.
Erano ormai le dieci di mattina.
Io e Sahara avevamo dormito parecchio!
Mi sedetti sul letto accanto a mia madre, poi lei mi guardò intensamente.
Sospirai.
Mi aveva svegliata all'insaputa di Sahara così da potermi spiegare tutta la situazione senza che lei lo sapesse.
Spostai il cellulare dal letto, e lo posai sul comodino.
Avrei telefonato a Federico appena la conversazione con mamma fosse finita.
Mi misi in ginocchio di fronte a lei, e la osservai.
Aveva gli occhi lucidi.
Si vedeva che aveva smesso da poco di piangere.

𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora