𝘾𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙓𝙓𝙑𝙄𝙄. ⚽💙

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"Ci sarebbero tante
cose che vorrei dirti
ma finisco sempre
per non dire niente.
Non resta che dedicarti
questo silenzio
che vuol dire tutto
e non vuol dire niente."











Il tragitto da quello squallido ristorante milanese a casa mia sembrò il più lungo di sempre.
Non vedevo l'ora di mostrare a Federico casa mia e, soprattutto, di raccontargli tutto di me.
Perché se era vero che avevamo parlato molto, fino a quel momento non gli avevo raccontato nulla della mia storia.
Non gli avevo parlato di tutte le cicatrici presenti sulla mia pelle, né dei Måneskin e del modo in cui ero cambiata nel corso del tempo.
Meritava di saperlo, e io sapevo di potermi fidare di lui.
Aveva acquisito la mia fiducia in così poco tempo, Federico.
Ma un ragazzo del genere si meritava soltanto le cose migliori.
Non pensavo di poter essere abbastanza per lui, ma volevo illudermi che fosse così.
Federico mi aveva detto molte cose su di lui, e mi sembrava giusto condividere con il ragazzo un pezzo di me.
Invitarlo a casa fu una delle cose più inaspettate che feci, ma anche la più bella.
Non sapevo cosa sarebbe successo fra noi tra le quattro mura, e la cosa mi emozionava ancora di più.
Passammo tutto il tragitto a parlar del più e del meno, e il discorso ricadde su Nicolò.
Federico mi parlò di quanto lui si fosse fatto dei problemi per me, e di quanto li avesse esternati al compagno di squadra nonché amico del cuore.
Mi piaceva molto il loro rapporto.
Non ero una ragazza a cui piaceva il calcio, eppure dovevo riconoscere quanto fossero leali i calciatori nell'esternare i loro sentimenti.
Iniziavano presto a formarsi una famiglia, degli amici, ed erano capaci di mantenerli fino alla fine.
Avrei voluto esserne capace anche io.

"Nicoló è un ragazzo magnifico.
Dovresti conoscerlo. Magari una volta ti porto a conoscerlo."
disse ridendo.

"Mi piacerebbe tanto!
Me ne parli così bene. E poi, si vede.
Ha tre figlie e soltanto ventiquattro anni..... Un ragazzo così deve essere per forza un alieno!"
risposi io di rimando.

"Vorrei anche io essere un alieno come lui, un giorno, se questo vuol dire esserlo."
replicò Federico, mentre mi guardava sorridendo.
Capii cosa intendeva.
Già, lo capivo benissimo.
Chissà se sarei stata io la ragazza capace di renderlo felice per sempre....
Non lo sapevo, e in quel momento saperlo non mi sarebbe servito a nulla.
Dovevo soltanto fidarmi del mio istinto e delle mie sensazioni verso Federico che, fino a quel momento, si erano rivelate forti e positive.

"Uhm...
Ecco casa tua, è questa, giusto?"

"Si, ci sei già stato prima!
Non l'hai vista?"
risposi io, mentre trattenevo una risata.

"No, ero troppo impegnato a guardare te mi sa."
disse Federico, mentre uscivamo dall'automobile.
Sorrisi.

Ci incamminammo verso il portone, e io sfilai dalla borsetta le chiavi.
Almeno quelle le avevo ancora con me!
Infilai la chiave nella toppa, e sentii Federico abbracciarmi da dietro.
Cercai di mantenere la calma, mentre le farfalle nel mio stomaco stavano impazzendo.
Le sentivo benissimo, capaci di volare liberamente ovunque.

"Quanto sei lenta."
si lamentò lui, mentre mi lasciava alcuni baci sulle guance da dietro.

"Certo, tu mi mandi in fuorigioco così!"
risposi io, scherzando ma non troppo.
Sentii la risata di Federico sfiorarmi i capelli.
Mi venne la pelle d'oca, per la decima volta in quella serata.

"Non sai neanche cos'è un fuorigioco."
esclamò lui ridendo.

"Eh, però tu lo sai benissimo, vero?"
risposi io, mentre la porta decise finalmente di aprirsi.
Entrammo nell'atrio del palazzo, e prendemmo l'ascensore.
Quell'ascensore era così piccolo, e ciò che c'era fra me e Federico così grande.
Mi sforzai di non guardarlo per alcuni minuti, altrimenti sapevo che sarei esplosa.

"Ecco casa mia!"

Il portone di casa era fatto in legno massello. Vi era un tappeto classico con la scritta "Welcome", che avevo acquistato io quando ero andata a fare il periodo all'estero in America.
Era così bello!
Era dello stesso colore degli occhi di Federico, con la scritta in nero.
Avevo speso pochi dollari per acquistarlo, però mi faceva ricordare l'America.
Fu un periodo meraviglioso della mia vita, periodo che concise con la mia rottura con Damiano.

Non devi pensare a lui, Karen, ricordi?
Questa sera c'è spazio soltanto per Federico. Deve esserci spazio soltanto per Federico nella tua mente e nel tuo cuore.

Aprii velocemente la porta di casa, e Federico entrò.
Si guardò intorno leggermente estasiato.

"Avete una casa bellissima, però..."
esclamò lui.
Il ragazzo si soffermò ad osservare una fotografia di me e le mie sorelle da bambine.
Il quadretto era appeso nel salone della casa.
Mi misi vicino a lui ad ammirare la splendida fotografia.
Eravamo proprio belle insieme, dovevo ammetterlo!

"Sono le tue sorelle, loro?
Direi che la bellezza é di famiglia."
disse sorridendomi, mentre indicava il quadro con la cornice color oro.

"Si, sono loro.
Sahara e Jessica. Sahara ha quasi quindici anni, e Jessica ne farà sette a Dicembre. Io sono la maggiore."

"Anche io sono il maggiore di tre fratelli."
mi rispose lui.
Sembrava incantato dalla foto.

"Key, però loro si somigliano un sacco fra loro. Tu invece...
Sei così diversa."
notò il giovane.

Ha toccato un tasto dolente, eh, Karen?

"Si.
Lo dicono tutti...."
risposi io.
Avrei voluto raccontare tutto a Federico.
Avrei voluto dirgli che non erano veramente mie sorelle, perlomeno non al 100%.
Ma non lo feci.
Non ne ebbi il coraggio.
Mi maledissi per quella scelta, eppure era giusto così in quel momento.
Volevo bene a Federico, ma non potevo permettermi di dirgli una cosa del genere.
Non ancora, perlomeno.
Mi rabbuiai leggermente, e Federico sembrò accorgersene quasi subito.
Quel ragazzo mi capiva fin troppo bene!

"E' tutto okay?
Ho detto qualcosa che non va?"
esclamò lui, mentre mi accarezzava leggermente la spalla.
Come sarebbe stata una vita intera accanto a un ragazzo d'oro come Federico?

Che domande fai, Karen?
Sarebbe bellissima.
Più di bella di quanto tu potresti mai immaginare.

Sospirai.
Sentivo il bisogno di dirglielo, ma qualcosa mi bloccava, come sempre.
Ero sul punto di sciogliere ogni riserbo e, puntualmente, mi bloccavo.
Non era timidezza.
Era la paura di non essere capiti.
Eppure....
Federico aveva tutta l'aria di uno che mi avrebbe capita persino se avessi commesso un omicidio.

"Federico."
dissi io sedendomi.

"Devo dirti una cosa."

Il ragazzo mi guardò e sgranò gli occhi.
Probabilmente si stava immaginando scenari apocalittici, come un mio ipotetico fidanzato.

"Non sono fidanzata, tranquillo."
risposi io, lasciandomi cadere sul divano.

"Grazie al cielo!"
disse lui ridendo, mentre alzava leggermente la testa verso di me.

"Kappa, che succede?"

"Loro due....
Non sono veramente mie sorelle.
Ecco...."

Le lacrime stavano per colare giù per le mie guance.
Di nuovo.
Non riuscivo a parlare, sembrò mancarmi il respiro.
Di nuovo.

"Ehy, è tutto apposto!
Non devi parlarne se non te la senti."
disse lui, avvicinandosi a me.

"Non devo?"
dissi con la voce tremante.

"No, non devi.
Possiamo anche stare qui in silenzio, se lo desideri."

"Oh Federico...
Sei speciale, lo sai?"
dissi sorridendogli.

"Tu di più."

Federico si accoccolò accanto a me.
Fissammo il vuoto per alcuni secondi.
Mi chiesi cosa gli passasse per la testa in quei secondi.
Non lo sapevo, ma avrei voluto saperlo.
Chissà cosa stava immaginando nella sua meravigliosa testa.
Aveva gli occhi sognanti.
Quegli occhi e quel sorriso...
Avrei voluto tenerli con me per sempre.
Anche in silenzio.
Anche all'inferno.

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FINE CAPITOLO VENTISETTE. 💙⚽

𝙃𝙄𝙎 𝙎𝙈𝙄𝙇𝙀 || Federico Chiesa (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora