Zora
Quella strada puzzava di piscio e spazzatura. I gabbiani volavano bassi, non per via di una tempesta, ma per i cumuli di rifiuti che sarebbero stati il loro pasto serale, prima di volare via verso l'orizzonte nero, incapaci di distinguere dove finisse il mare e iniziasse il cielo.
Il mare di notte le faceva paura, ma mai quanto il porto. Anche se aveva percorso quel vicolo diverse volte quando era buio, non era capace di oltrepassare la sensazione di disagio che le faceva contorcere lo stomaco.
Accelerò il passo, voleva allontanarsi il prima possibile dalla banchina, ma allo stesso tempo non doveva imbattersi in nessuno.
Questo era ciò che sperava.Un'ombra scivolò sulla sua testa e la costrinse a rimpicciolirsi, per quanto possibile, e ad addossarsi a una parete del vicolo.
Le venne un conato di vomito al solo pensiero delle schifezze che poteva aver visto quel muro di mattoni, perciò si staccò immediatamente e proseguì verso la luce dei lampioni a olio dall'altra parte della strada.
Un rumore di vetri in frantumi la fece sobbalzare per lo spavento.
Si portò una mano alla bocca per trattenere il fiato, così che nessuno potesse accorgersi della sua presenza.«Mia bella Rue baciami, mia dolce Rue amami» sentì cantare giù alla banchina, «e prima di andar via uccidimi» il ritornello fu concluso da una grassa risata marinaresca.
Il vecchio Jerome doveva essersi ubriacato un'altra volta e doveva aver rotto la sua bottiglia.
Meglio così, la via era libera.Senza perdere un istante in più si fiondò nell'oscurità che la chiamava. Due file di lampioni più avanti e due botteghe più a est c'era la sua soffitta ad aspettarla; fredda, scomoda e accogliente come sempre.
Fu sul punto di abbandonare il vicolo quando percepì di nuovo l'ombra che la seguiva.
Deglutì.
Era ancora troppo vicina al porto e troppo lontana dalla città.Dannazione.
Avrebbe dovuto nascondere un coltello nel corsetto, o uno spadino sotto la gonna, invece quella notte si era affidata unicamente a sé stessa.
Con l'autostima al massimo, ma con un carente buon senso non sarebbe mai andata da nessuna parte...
Il metallo cigolò proprio sopra alla sua testa. Alzò gli occhi...
E un gatto balzò dal davanzale di una finestra per atterrare su una cassa di legno marcio.
Sospirò esausta, il cuore le batteva all'impazzata e adesso non ci provava neanche più a calmare il suo respiro.
Poi lo sentì.
«Oh, Lyra! Sei tu?» gridò Jerome, «oh, amore mio, sapevo che saresti venuta a prendermi! Oh, mia luce! Quanto splendi amore mio!»
Era davvero strano che con le sue urla il vecchio non aveva svegliato nessuno. Lei però lo aveva sentito benissimo, perciò emerse un po' dal buio dei corridoi del porto per guardare verso la banchina, nella direzione dell'uomo.
Jerome era in ginocchio, una bottiglia rotta in mano e i cocci sparsi sul suolo; aveva smesso di invocare sua moglie morta, ma tendeva la mano verso... Fuoco. In mezzo mare, in lontananza, si era innalzato un fuoco che ardeva vivo.
Zora sospirò.
Poi un braccio le cinse la vita e una mano le tappò la bocca.
Urlò e con entrambe le mani cercò di liberarsi dalla presa che la stringeva. Inutile dire che fosse tutto vano e che l'unico che poteva sentire le sue grida era Jerome... Che era ubriaco e convinto che una nave incendiata fosse lo spirito di sua moglie.L'aggressore la strinse più forte e divincolarsi divenne persino impossibile.
L'alito caldo e la barba sul mento dell'uomo le punsero la guancia.
Sentì che l'assalitore si fosse abbassato su di lei, avvertiva le labbra di lui che le sfiorarono l'orecchio.«Ciao, tesoro» disse, «noi due dobbiamo parlare un po'.»
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Ignis - Elementali Vol.2
Fantasy[COMPLETA] Sono passati due anni dalla liberazione di Valdris, due anni da quando Egon Merrior veste i panni del Lord del Palazzo del Fuoco. Ma i giorni festivi e tranquilli finiscono nel momento in cui riceve una comunicazione reale da Atlas: una n...