60. Al sogno abbandonato

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Zora

Di solito, Zora era sempre la prima a svegliarsi. Restava nel letto a fissare il dipinto di Egon sul dorso di Amias, mentre conduceva i suoi uomini nella guerra contro gli oscuri.

Egon voleva sbarazzarsene, ma Zora lo adorava e alla fine avevano deciso  di tenerlo. La prima volta che l'aveva visto, di ritorno dalle Città Portuali, era scoppiata a ridere.
La stanza di Egon sembrava un elogio alla sua grandezza, con quei dipinti, le armi e i tessuti pregiati. Non poteva non avere un ego indistruttibile uno che viveva in quel lusso, e che l'aveva costruito con le proprie mani.

A Zora piaceva soprattutto l'odore di quella camera, lo stesso di una brace ardente, lo stesso di Egon.

Erano tre mesi che si svegliava in quell'estasi e aspettava che Egon aprisse gli occhi. Quella era la sua parte preferita.

I primi giorni dopo il rientro, Egon non aveva dormito. Restava sveglio a guardare che il sole sorgesse, assicurandosi che Zora fosse accanto a lui.

Poi, un giorno, le cose erano cambiate.

Lui era stanco e aveva dormito più del dovuto solo per risvegliarsi con Zora che gli accarezzava i capelli.

Da quel momento Egon si concesse il lusso di dormire tranquillo ogni notte, di salutarla con leggerezza prima di andare agli allenamenti del mattino e due volte era persino partito per Lagren senza rimorsi.

«Ci vediamo a cena», le aveva detto un giorno.
«Tornerò dopodomani. Ci vediamo a pranzo», le aveva detto prima di partire.

Era una novità piacevole, perché non l'aveva mai fatto. Egon teneva sempre la guardia alta e credeva che lei sarebbe scomparsa da un momento all'altro... Ma poi il tempo era passato e lei gli era stata vicina ogni mattina, ogni notte, ogni giorno.

Zora aveva conosciuto i Pušak'reskar e loro l'avevano accolta come una sorella. I più giovani si erano offerti persino di continuare ad allenarla, ma Egon preferiva tenersi quel privilegio per sé.

Adorava guardarlo mentre si allenava con i suoi amici, ma Zora si distraeva spesso aiutando in cucina o preparando di medicine a base di erbe.

Quando Egon svolgeva i compiti meno fisici, a detta sua 'le rotture di coglioni che il suo ruolo comportava', Zora gli faceva compagnia leggendo.

Non aveva mai letto così tanti libri in vita sua. Tanto che il lord della Pianura d'Argento l'aveva invitata al palazzo degli Elementali dell'Aria per prestarle nuove letture. Zora era rimasta stupita dal numero dei volumi scritti in Warin che Hyel possedeva.

Insomma, la sua vita era piena e, soprattutto, felice.
Poi, il mese prima, Egon le aveva detto che sarebbero partiti in viaggio per tutto Valdris.

Le meraviglie che i suoi occhi avevamo visto non potevano essere né scritte, né illustrate in alcun libro.

Aveva visto i giganti, dannazione!
I giganti!
E città fatte di cascate e di alberi altissimi. E ancora, gli gnomi della terra, i maghi, le fate sulla loro isola dai mille colori. E il palazzo reale di Atlas e Freya.

Egon le aveva raccontato ogni cosa, le reminiscenze della guerra e della sua adolescenza, l'orrore delle Terre Desolate e di Tamagrad e poi la pace che Atlas e Freya avevano riportato non solo tra la gente, ma anche nella natura di quel continente impregnato di magia.

Erano tornati la sera prima e lei era scoppiata in un pianto di gioia appena erano rimasti soli nella stanza di Egon. Il bastardo aveva riso, poi l'aveva abbracciata mentre lei blaterava sul fatto che se non l'avesse mai incontrato non avrebbe mai scoperto quanto il mondo fosse spettacolare.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora