45. L'assassino, la bugiarda, la vittima

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Egon

"Alcuni di noi tengono davvero a te. Non è molto, lo so, ma è così".

L'urlo era partito dal punto più oscuro e sepolto del suo spirito. Gli aveva gonfiato i polmoni, si era fatto strada su per la gola e poi era esploso nel mondo facendo tremare l'acqua e l'aria e persino le fiamme che avvolgevano le vele della nave.

Avrebbe voluto avvertire Kai del pericolo, ma la verità era che nemmeno Egon era riuscito a individuare Shiloh nella confusione che imperversava sul pontile della nave.

Il ragazzo aveva sgranato gli occhi quando il colpo era arrivato; l'ultima cosa che Egon aveva visto sul suo viso fu la consapevolezza di quanto la morte fosse vicina.

Poi Egon saltò, prima sulla nave e poi al collo di Shiloh.
Non ricordò se aveva estratto il pugnale e il coltello proprio in quel momento o se erano già nelle sue mani da un po', ma non vide e non capì nulla quando li affondò nei fianchi di Shiloh.

Il sangue zampillò sui suoi vestiti rendendoli di un nero ancora più intenso, più crudele.

Ritrasse le lame e le riaffondò. Nella pancia. Nelle cosce. Nelle braccia.
Mentre Shiloh, sotto di lui, bloccato dalle gambe di Egon in una morsa di ferro, si dimenava come un pesce nella rete e sapeva che non avrebbe più avuto via d'uscita.

Qualcuno, da un punto lontano del mondo reale, chiamò il suo nome.
Ma Egon sentiva solo il sospiro che aveva lasciato le labbra di Kai un attimo prima che il ragazzo cadesse.
Trafitto dal pezzo di merda che adesso giaceva in una pozza insanguinata.

Doveva avergli reciso più di un'arteria.

Ma era stato attento a non colpire il cuore, così che lo stronzo sentisse tutto. Tutti gli anni di dolore che Egon portava sulle proprie spalle e che si erano ripresentati nello sguardo di Kai.

Egon sfilò via la maschera a Shiloh. Lo guardò negli occhi. E abbassò la lama sulle vecchie cicatrici di quel volto già deturpato.

Ancora e ancora.

E poi sollevò il pugnale.

«Egon! Per gli dei, Egon! Egon!»
Era una donna.

Quando la patina rossa sfumò via dai suoi occhi, Egon alzò il viso verso la fonte della voce.

Zora aveva perso tutto il colorito del viso, le sue labbra piene erano viola e gli occhi rossi. Non era sicuro che respirasse, ma aveva le guance rigate dalle lacrime e tremava sconvolta da violenti spasmi.

«È... È già m-morto» balbettò.

Gli ci vollero diversi secondi per capire che Zora stesse parlando di Shiloh. Egon abbassò lo sguardo sotto di sé; la salamandra giaceva esanime in un lago di sangue ed Egon non trattenne una smorfia di disgusto quando guardò il viso sfigurato.

Non aveva sentito le sue ultime parole, se ce ne erano state, né aveva assistito al suo ultimo respiro.
A un certo punto, Shiloh era morto. E lui non si era fermato.

E allora capì il motivo del pallore di Zora e dei brividi che la scuotevano.
Aveva paura. Di lui.

Egon azzardò un'occhiata nella sua direzione: Zora reggeva il corpo di Kai con entrambe le braccia, il bel vestito della notte prima era intriso di cremisi mentre la testa del ragazzo le giaceva sulle gambe.

Se non fosse stato per il buco al centro del petto, Kai poteva sembrare addormentato.

Non poteva essere.
Non era vero.

Sulle labbra sottili era impresso un lieve sorriso... Egon ebbe un sussulto. Non aveva sentito neanche le sue ultime parole.

Si era scagliato su Shiloh come una furia omicida, non si batteva così dai tempi della guerra contro gli oscuri e la cosa non lo rendeva fiero.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora