19. Dietro la maschera

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Zora

La barca a remi rientrò nel porto al tramonto. Zora la stava attendendo seduta sui gradini in pietra del molo fin da quando l'aveva scorta all'orizzonte.

L'aria vicino al mare era più fresca. La brezza salata le seccò le labbra, lasciandovi appiccicata la salsedine, il sapore le pizzicava la lingua ogni volta che provava a inumidire la bocca. Per fortuna aveva ricordato di portare con sé il cordoncino di pelle per legarsi i capelli, altrimenti il vento glieli avrebbe rovinati subito, quando lei li aveva appena lavati.

Erano secoli che non si fermava a guardare il mare; una volta le piaceva. Si sedeva sulla spiaggia e aspettava che suo padre finisse il turno di guardia alla torre di vedetta, mentre sua madre e sua sorella erano a casa a preparare la cena.
Madeline, la maggiore, era sempre stata la più responsabile delle due, quella che si caricava i pesi della famiglia e faceva da cuscinetto tra i loro genitori, legati da un matrimonio che andava sgretolandosi.

Zora era sempre evasa da tutto ciò. Scappava quando li sentiva litigare. Scappava se la sorella la sgridava perché non aiutava mai in casa. E adesso avrebbe pagato tutto l'oro che non aveva per sentire un'altra sfuriata o per ricevere un altro rimprovero.

Da quanto tempo era lì?
Aveva visto i marinai ormeggiare le loro navi e i pescatori partire per la pesca notturna. Il mercato si era spento e si erano accese le taverne, le locande.
Ormai era quella la sua vita.
Suo padre non sarebbe tornato dalle ceneri e sua madre e Madeline non sarebbero risalite dal profondo degli abissi.

Poi un nome si formò ai margini della sua mente. Zora non si permetteva mai di ricordare l'uomo che se n'era andato e che l'aveva lasciata ad Herm... Ma forse a causa degli ultimi eventi, l'assenza di lui si era fatta più assillante del solito.

Il vento del mare portò via anche quell'ultimo pensiero.

A sinistra, al molo, riuscì a scorgere Egon che remava per accostare la barca al pontile. Un giovane mozzo sulla terraferma gli gettò le cime per l'ormeggio e aiutò Meira e Nova a sbarcare. Le due donne si allontanarono dal pontile traballante mentre Egon rimase ad aiutare il ragazzo a fissare la barca nonostante le onde antipatiche.
Zora si alzò dai gradini ormai freschi e si sistemò la gonna dell'abito scomodo che aveva dovuto necessariamente indossare per lavoro.

Meira fu la prima a notarla quando si avvicinò alla banchina e Zora le andò contro decisa, accelerando il passo come se avesse i minuti contati.
Il capitano calò la testa, si fermò a due passi di distanza da lei e le sorrise rammaricata. «Mi dispiace» le disse.
Zora non capì.
Allora Meira aggiunse: «Avevi ragione» scosse la testa «noi non ti abbiamo dato ascolto. Avremmo dovuto farlo... Mi dispiace» ripeté, infine.

Qualunque risposta stessero cercando in quella prigione, l'avevano trovata.
Zora avrebbe voluto dirle che era tutto a posto, che era meglio accorgersene tardi piuttosto che non farlo mai, ma Nova sopraggiunse accanto a sua moglie e le mise le mani sulle spalle.
«Ciao, Zora» la salutò.
«Buonasera, Nova.»
«Abbiamo avuto una giornata lunga» continuò l'ambasciatrice e poi rivolse un'occhiata a Meira da sotto le ciglia lunghe. «Mia moglie è molto stanca. Temo dovrai scusarci e rimandare la nostra chiacchierata a domani.»
«Certo, nessun problema.»
«Allora, buonanotte.»
«Buonanotte.»

Nova trascinò via Meira dal porto, letteralmente, portandola su per la strada che le avrebbe condotte alla loro casa.

Zora prese in considerazione la possibilità di seguirle e tornarsene a casa, dopotutto Nova le aveva garantito risposte l'indomani.
Ma a dire il vero, Zora non era lì alla ricerca di conferme.

Egon camminò fiaccamente, strisciando sulle gambe stanche, a testa bassa, perso in chissà quale schema mentale o semplicemente desideroso di una bella dormita.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora