17. La seconda nave

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Zora

Egon, Kai e Meira avevano fatto irruzione nella bottega di Clove spaventando la povera ragazza. Lei aveva tentato il possibile per mandarli via, ma gli altri avevano insistito per parlare con Zora e alla fine avevano vinto.

C'era da dire, però, che quando Zora aveva chiesto di non essere portata all'ambasciata, Egon non aveva fatto obiezioni, e siccome era un lord la sua decisione era l'ultima. Almeno così sembrava a Zora.

Ad ogni modo, era di certo merito del lord se lei adesso non si trovava in un covo di salamandre, ma nella casa occupata da Egon e Kai, seduta al tavolo della cucina, con gli altri tre che le giravano intorno come mosche incazzate.

«Hai detto che eri ancora per strada quando hai visto la nave» attaccò il rosso.
«È così» rispose Zora, nascondendo il suo esaurimento dietro una maschera di calma.
Lanciò un'occhiata a Egon. Qualsiasi cosa fosse successa tra loro quella mattina nel bosco non aveva cambiato nulla... Oltre al fatto che adesso aveva il suo pugnale nascosto nella cintura dei pantaloni sotto la camicia. Egon si era avvolto di nuovo nella sua fortezza di ghiaccio e sul suo viso non c'era neanche l'ombra del sorriso che le aveva mostrato qualche ora prima. Per un attimo, credette di averlo immaginato. Però ricordava con quanta facilità avevano parlato, sapeva che lui l'aveva fatta ridere e... Che il Primo la maledicesse! Aveva persino pensato che lui... Insomma, che lui le somigliasse.

Scacciò quel pensiero dalla mente non appena Kai le si parò di fronte. «Hai sentito l'urlo di una donna?»
Trasalì.
Chi aveva detto loro dell'urlo? Chi l'aveva sentita quella notte? Jerome?

Desistette dal guardarsi intorno, perché se l'avesse fatto loro avrebbero sospettato il suo coinvolgimento. Pregò il Primo che non fosse sbiancata e si sforzò di apparire il più naturale possibile.
«Si sentono spesso grida di donne giù al porto, la notte» scrollò le spalle «abbiamo chiesto più volte al re di pattugliare la zona... Ma, come penso avreste capito, a lui non frega un cazzo di noi.»

Kai arricciò il naso e lei si ostinò a reggere il suo sguardo truce finché lui non avrebbe rinunciato per primo. E così fu. La salamandra scattò lontano dal tavolo e andò a mettersi in disparte.

Tutto qui?

Il rumore del legno di una sedia trascinata sul pavimento le fece strizzare gli occhi.
Egon prese posto accanto a lei e fece scivolare sul tavolo un foglio ripiegato. Zora gli lanciò un'occhiata interrogativa a cui lui rispose semplicemente con un cenno di incoraggiamento.

Dispiegò lentamente la carta sottile e leggermente ingiallita... E le mancò il respiro. Era un disegno e in particolare il ritratto di un uomo, o meglio di una salamandra. Non dovette studiarlo molto, riconobbe subito i lineamenti affilati, il ghigno malizioso e i capelli pettinati all'indietro, ma ciò che l'angosciava davvero era la cicatrice che dalla tempia sinistra arrivava fino alla sua guancia destra.

«Lo riconosci?»
La voce di Egon era quasi un sussurro nella sua testa, un vento calmo in un panorama di distruzione.

Ormai, vedeva il disegno a malapena, la vista le si era annebbiata e sapeva di star ansimando così forte che le girava la testa.
Qualcuno la stava chiamando. Qualcuno diceva il suo nome.

E poi Zora allungò una mano e coprì metà faccia dell'uomo nel disegno.
Chi l'aveva disegnato aveva fatto un lavoro magistrale... Però quella cicatrice era troppo pulita e lui sembrava un po' più giovane e in salute.

Egon imprecò quando lei fissò disperatamente il disegno mascherato in parte dalla sua mano.

Era in preda al panico. Ricordava perfettamente il motivo per cui temeva le salamandre, le ragioni per le quali doveva tenersi lontana da loro. Voleva andare via, scappate subito, ma sapeva che non gliel'avrebbero permesso, dunque si costrinse a rispondere.
«L-l'ho visto, sì» balbettò.
«E quando avresti deciso di dircelo?» riconobbe la voce di Kai tra le urla che popolavano i suoi ricordi.
«Io...» tolse la mano dal viso nel ritratto.
«Ti abbiamo chiesto ogni cazzo di dettaglio di quella notte!» urlò il rosso.
«Io...» Non riusciva a non guardarlo. Il fuoco, la voce velenosa, l'alito caldo sul suo viso. «Io...»
Una mano afferrò il suo braccio e Zora saltò dalla sua sedia.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora