22. Nella testa del nemico

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Egon

«Quando mi dissero che Atlas era morto, ho guidato un plotone di salamandre nel regno degli elfi. Volevo eliminarli tutti.»

Zora trasalì alla sua dichiarazione.

«I sentimenti che hai provato li conosco bene» continuò Egon «sono quelli che ci rendono mortali.»
Zora sbuffò. «Ci rendono mostri» lo corresse.

Era davvero questo ciò che pensava di se stessa?

«Fiorellino, tu non sei per niente un mostro.»
Lei lo guardò con quell'aria di sfida che gli fece rizzare i peli sulle braccia.
Aveva visto su di lei quell'espressione almeno una dozzina di volte e ognuna di esse era una piacevole riscoperta.
Gli piacevano le sfide.

«L'orrenda cicatrice di Shiloh» mormorò Egon, vogando più lentamente «è opera mia.»
Un fremito provenne dall'altro lato della barca, senz'altro quella era la reazione che Egon si sarebbe aspettato dalla ragazza.
Ma Zora si chiuse nelle spalle. «Cos'è successo?»
La salamandra sollevò un sopracciglio. «Vuoi davvero saperlo? Non è una prova sufficiente a dimostrarti che il mostro non sei tu?»

La rossa abbassò lo sguardo sulle sue mani intrecciate e si portò un'unghia ai denti.
«Sei un uomo molto contraddittorio, lord Merrior» commentò con un risolino sulle labbra. Le lacrime che le avevano bagnato le guance erano solo un ricordo. E dire che Egon aveva quasi abbandonato i remi per andare accanto a lei ad asciugargliele.

Adesso, Zora tornò a essere la solita ragazzina irriverente.

«All'inizio mi hai fatta sentire a mio agio intorno a te, mi hai detto che potevo fidarmi... E adesso mi stai mettendo in guardia. Anzi, sembra quasi che tu voglia spaventarmi» continuò scuotendo la testa, piegando le belle labbra in una smorfia spiritosa, «non so perché tu voglia passare per il cattivo della storia, ma non ci stai riuscendo.»

Egon piegò la testa da un lato. «Ah no?» canticchiò suadente.
Zora fece di no con la testa. «Assolutamente!» rimarcò, «Ti ho visto intimidire un uomo usando solo le parole, perché sai di essere talmente spaventoso da non aver bisogno di ricorrere alle armi» accavallò le gambe e poggiò le mani sull'asse di legno su cui era seduta, drizzando la schiena per ostentare la sua sicurezza.
Egon le avrebbe sorriso se lei non avesse aggiunto: «Tu non sei uno che ripiega sulla violenza se non ce n'è bisogno.»

Egon ricordò una nave nella notte nera che si accostava alla baia di Bea; ricordò una principessa spezzata che sospirava appoggiata alla balaustra. E ricordò se stesso mentre la braccava come un animale. L'aveva quasi uccisa.
Per fortuna, Freya era sempre stata una donna con le palle e non si era fatta scrupoli a morderlo a sangue per fargli mollare la presa.

«Non è così» le disse «o almeno non è sempre stato così.»
Zora dovette percepire l'amarezza delle sue parole perché si sporse in avanti verso di lui, quasi a volerlo toccare. «Io so solo che hai salvato una sconosciuta da un molestatore... E che dopo quella notte non hai mai più evocato il tuo fuoco in mia presenza. Per via del mio trauma.»

La voce vellutata di lei avrò rivestirsi di mille spine.
Se n'era accorta.
L'aveva capito.

Egon si sentì mancare la barca da sotto ai piedi. Era in un mare aperto, verde e azzurro come gli occhi di Zora. Tanto valeva essere nudo davanti a lei.

La ragazza arricciò un angolo delle labbra. «Puoi nasconderti quanto ti pare nella tua fortezza, Egon, ma so che sotto la tua corazza c'è un cuore» inclinò il capo da un lato «magari è di ghiaccio, ma c'è.»

Basta.

La conversazione stava prendendo una piega che non gli piaceva affatto. Si voltò a guardare la costa di Herm ancora lontana, ma sempre più imminente. Zora era attenta a non girare la testa in quella direzione.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora