4. Inopportuno

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Zora

Il suo posto preferito era tra i fiori. Le ricordavano casa sua e una terra che non aveva mai visto e che viveva nelle storie che un tempo le raccontava sua madre. I suoi preferiti erano i biancospini fin da quando la madre le aveva insegnato che avessero il significato di 'speranza'.

Per un motivo o un altro, Zora era sempre stata colma di speranza, persino nei momenti in cui credeva di aver perso tutto, e ce n'erano stati, aveva fatto in modo che i biancospini conservassero quel suo senso di fiducia.

Nell'emporio di Clove, però, non c'erano biancospini; in realtà, non crescevano in nessun angolo di Helaware. Zora doveva accontentarsi delle rose e dei gelsomini appena esposti dall'amica nei vasi all'esterno del suo negozio.

Li annaffiò velocemente e tornò dentro, dove fu investita dal profumo delle erbe, delle spezie e dai colori vivaci delle pitture e delle pietre brillanti.
Clove se ne stava dietro al bancone da lavoro, col grembiule bianco sporco di pittura rossa e blu e armeggiava con la mezzaluna per sminuzzare le erbe mediche. I suoi capelli biondi le incorniciavano il viso minuto e perfetto come una cascata sinuosa di oro liquido e si fermavano appena sotto al mento.

Clove era bella oltre ogni dire, possedeva quel tipo di bellezza eterea che Zora non avrebbe mai vantato, l'unica caratteristica che forse le accomunava era il colore degli occhi; sebbene quelli di Clove fossero azzurro ghiaccio, mentre quelli di Zora andavano a sfiorare sfumature verdi.

Nonostante fosse estremamente concentrata, Clove lasciò il suo lavoro e alzò lo sguardo sull'amica, dunque, quasi istantaneamente, aggrottò le sopracciglia e il suo sorriso si spense. «Che hai fatto?» le chiese con quel suo tono cristallino nonostante la preoccupazione.
Clove abbandonò la mezzaluna, girò intorno al tavolo e le si parò davanti, in tutta la sua altezza. Zora dovette alzare un po' il mento per guardarla negli occhi.

Nasconderle l'ovvio era inutile. Non c'era dettaglio che sfuggisse alla vista perfetta di Clove.

La ragazza le scostò una ciocca di riccioli rossi dalle spalle per rivelarle il collo. Zora si passò una mano sui lividi che le avevano lasciato le dita della salamandra la notte prima. «Sto bene» mormorò.
In realtà le faceva male la gola, aveva avuto difficoltà a parlare ed era affamata e stanca.

Clove piegò le labbra perfette in una smorfia di disappunto. «Chi è stato?»
«Secondo te?»
«Devi dirlo al generale.»
Zora alzò le sopracciglia. Clove era impazzita. «Non se ne parla» sbottò la rossa, «l'ultima volta che l'ho fatto, le salamandre ti hanno incendiato il negozio. Talon ha sfruttato la situazione per ottenere ciò che voleva dal re... E... per tutti i ghiacci di Kal, il re ha dato la colpa a un fiammifero!» scosse la testa e alzò le braccia al cielo.

Zora aveva ancora le fiamme davanti agli occhi e la devastazione di Clove nel suo cuore. Le salamandre la minacciavano colpendo coloro che amava di più; così, Zora aveva imparato a sue spese che denunciare le loro aggressioni alle autorità significava vendetta da parte di quegli stronzi.
Certo, si sarebbe risolto quasi tutto se solo se ne fosse andata da quello schifo, ma dopo aver provato cosa significa perdere ogni cosa, non aveva il coraggio di abbandonare le poche cose che aveva conquistato con le unghie e i denti. Le salamandre non le avrebbero portato via la sua nuova vita, per quanto assurda e penosa potesse essere.

Clove le prese un polso e la condusse nel retrobottega, poi tornò dall'altra parte e Zora vide attraverso i vetri separatori, tra il negozio e la stanzetta sul retro, che l'amica girò il cartello sulla porta d'ingresso, in modo che la scritta 'chiuso' fosse ben visibile da fuori.

«Siediti sullo sgabello» le ordinò la ragazza e Zora sapeva bene che disobbedirle non sarebbe servito a nulla. Perciò, non solo si accomodò immediatamente, ma scostò anche i capelli ribelli dal collo e mise i lividi in bella mostra.
Clove storse il labbro, sempre più amareggiata a ogni occhiata, poi armeggiò con le sue erbe e gli intrugli.
«La prossima volta che giri per strada di notte promettimi di dirlo a Orestes.»
Le dita fredde di Clove si poggiarono sul suo collo e iniziarono a massaggiarle lentamente la pelle, lasciando un odore fruttato al passaggio.
«Orestes è fuori città» replicò Zora, «e ieri sera dovevo assolutamente andare dal signor Luk.»
Clove sospirò. «Tornerà oggi. Perciò non hai più scuse, signorina.»

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora