3. Divergenze

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Egon

Kai si aggrappò alla balaustra, fece sporgere la testa oltre il parapetto e svuotò tutto il contenuto del suo stomaco in mare.
Il ragazzo non sopportava le navi.

Erano trascorsi cinque giorni da quando avevano lasciato le Città Portuali. Nei primi tempi, Kai era rimasto nella sua cabina sotto coperta, poi si era dato da fare aiutando con qualsiasi faccenda si dovesse sbrigare, poi aveva imparato a fare i nodi alle cime come facevano i marinai, si era allenato sotto al sole e nella brezza fredda della notte... Ma dopo ogni pasto si trovava nella stessa pietosa situazione.

«Ti prometto che al ritorno troveremo un modo per farti stare bene» gli aveva assicurato Egon, «se vuoi posso persino far arrivare un'aquila dagli elfi.»
Kai si era pulito la bocca. «Non ci salgo su quegli uccellacci.»
Egon, quindi, aveva scrollato le spalle. «Potresti anche divertirti. Non puoi saperlo finché non provi.»

Non avevano più sollevato la questione ed Egon lo aveva lasciato in pace.
Dopotutto, erano tanti i pensieri che richiedevano la sua attenzione; per esempio, il fatto di aver lasciato i leoni alla Montagna di Fuoco, o ancor di più le immagini della nave che Morgan Sandor gli aveva fatto perlustrare una volta arrivati alla Baia di Bea.

Dall'esterno sembrava una nave normale, ma a un occhio più attento risultavano palesi il legno bruciato, le funi incenerite, ma soprattutto l'assenza di segni di colluttazione. Niente armi sparse per terra, spade o frecce conficcate negli alberi o nel legno spesso del pontile... però le vele erano bruciate completamente e una parte delle ceneri doveva averle portate via il vento.

Quando Egon era salito sulla nave era rimasto sorpreso dal corpo carbonizzato alle spalle del timone; ce ne erano altri alla base dell'albero maestro, poi a prua, alcuni vicino alle balaustre, probabilmente di coloro che avevano provato a lanciarsi in mare fallendo.
Se era stata davvero opera di una salamandra, allora l'acqua del mare non sarebbe servita a spegnere le fiamme. Il loro fuoco era inestinguibile... Più o meno.

Dopo uno scrupoloso giro del pontile, Egon era sceso sottocoperta. Neanche lì era stato risparmiato niente... Beh, a parte quelli che sembravano libri mercantili, carte navali e scatole vuote con su il disegno di un fiore.

Sì, dovevano essere sicuramente mercanti... Le casse e gli elenchi di merci catalogate per codice erano un chiaro segnale. Però, perché le salamandre avrebbero dovuto dare fuoco a un pugno di mercanti? Cosa trasportavano? Niente. Non c'era merce nella stiva. Dovevano prendere un carico da Valdris? E perché la nave era partita di notte e priva di autorizzazioni? Forse era merce illegale... E questo poteva spiegare il fatto che nel libro mastro ci fossero solo codici numerici e non descrizioni dei prodotti.

«Stasera pioverà» il capitano della nave lo distolse dalle mille congetture che gli affollavano la testa.
Era un uomo alto e grasso, con un paio di baffi che gli coprivano tutto il labbro superiore. Aveva la pelle bruciata dal sole, segno dei tanti anni passati in mare.

Egon annusò l'aria e sentì una nota di umidità, quell'odore tipico che annunciava la pioggia.
L'umano aveva ragione.

«Siamo quasi arrivati, ragazzo, tra poco il tuo amico può tornare a baciare la terra ferma.»
«Già» gli disse Egon, poi guardò verso l'orizzonte il lembo di terra che si faceva sempre più grande. «Qui che lingua si parla?»
«Warin» rispose il capitano, «ma in molti parlano anche la lingua comune di Erem. Dopo il trattato di pace con Valdris,  la gente va e viene dai due continenti e sceglie dove restare a vivere.»

Egon annuì. Dopotutto, la pace di Atlas aveva cambiato molte cose non solo per gli Elementali e Valdris, ma anche per gli umani.

Quando si avvicinarono al porto iniziarono a elevarsi le voci dei marinai che imprecavano in Warin ed elargivano istruzioni nella lingua di Erem per aiutare la nave ad attraccare.
Egon parlava anche il Warin.
Da bambino, aveva ricevuto la stessa istruzione di Atlas perché così aveva voluto il principe. Atlas era figlio unico ed Egon era quanto di più simile a un fratello avesse avuto.
Perciò poteva contare su un'istruzione più completa rispetto a quella di ogni altro soldato.
Oltre al Warin conosceva un po' di Eisel, la lingua del nord di Lomen, la lingua antica degli Elementali del fuoco e la lingua dei draghi. Di contro, aveva sempre rifiutato di imparare l'Amartese, la lingua delle regioni orientali di Lomen che era troppo dolce e sospirata, in contrasto con i toni duri di Valdris.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora