40. Il valore del singolo

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Zora

La strada era deserta, le nuvole scariche della sera prima coprivano ancora il cielo, trasformando il paesaggio in una tela di colori che andavano in tutte le sfumature dell'azzurro e del grigio.

Un'unica anima, sola e disperata, camminava ai margini delle vie con gli occhi rossi e il fiato corto.
Procedeva in silenzio, con passi pesanti ma veloci, volava al limitare della stanchezza.
Era ancora avvolta nelle reminiscenze di un sogno che non si sarebbe avverato.

Sapeva bene dove fosse diretta, conosceva il percorso a memoria, perciò non badò a nulla: né al fornaio che aveva appena sfornato un meraviglioso vassoio di pane profumato, né alle luci timide delle case dei mercanti che si preparavano alla giornata lavorativa.

La bottega dei fiori era ancora chiusa, ma Clove era già dentro: il fuoco sotto al pentolino nel quale scioglieva erbe e tisane era acceso e appena visibile dalla piazza.

Zora bussò alla porta d'ingresso una volta. Due. Tre.
Finché la sagoma della sua amica non di palesò oltre i vetri della porta.

Quando capì chi fosse e in che stato fosse, Clove si coprì il viso con le mani e si affrettò ad aprirle la porta.
«Per Xels, Zora! Che cosa è successo?!»

Zora credeva di aver finito tutte le lacrime, ma se ne formarono di nuove ai lati dei suoi occhi e il labbro prese a tremarle. «Sono andata letto con Egon» fece.
Clove cambiò il peso sulle gambe, più confusa che sorpresa.

Zora si toccò il cuore, voleva strapparselo dal petto, non era altro che un macigno che le impediva di respirare.
«Gli ho detto la verità, Clove.»

E come le parole uscirono dalla sua bocca, così tornarono i singhiozzi e il pianto isterico.

Clove le afferrò il braccio e la condusse nel negozio. «Vieni, Zora, va tutto bene» la fece accomodare su uno sgabello nel retrobottega e le mise fra le mani una tazza con una tisana fumante già pronta.

Zora stava vivendo nella sua disperazione, inconsapevole del mondo esterno. Davanti ai suoi occhi riusciva a vedere soltanto il volto deluso e ferito di Egon; la rabbia della salamandra che si abbatteva su ogni bel ricordo della notte precedente. E di quella mattina.

Non sapeva che sarebbero arrivati a quel punto e non voleva che finisse così.

Se solo Egon le avesse concesso di spiegare la situazione...

No. Perché mai avrebbe dovuto?

Zora conosceva i rischi di quello che stava facendo e li aveva accettati tutti... Il problema era che non aveva previsto che lo spietato lord degli Elementali del fuoco fosse diverso dal mostro che si era figurata.

Era così rapita dal rimorso, da non sentire nemmeno il sapore della bevanda; in realtà, non voleva sentire niente, solamente un meritato dolore.

«Ti ha fatto del male?» Clove aveva un tono dolce, calmo, tirò una sedia accanto allo sgabello di Zora e mise altre erbe in infusione nel pentolino.

«No» rispose immediatamente.
A stento l'aveva guardata.
«Non lo farebbe mai» aggiunse, ed era la verità.

Nonostante tutta la sofferenza, Egon l'aveva resa libera. Disprezzata, ma libera.
«Mi ha mandata via prima che potessi spiegargli...» non riuscì a terminare la frase, si coprì il viso con le mani e vi soffocò la tristezza.

Sentiva gli occhi di Clove che la scrutavano; non erano giudiziosi, solo preoccupati.

L'amica le sfiorò un ginocchio con la mano. «Cosa gli hai detto?»
Zora prese un altro sorso di quella tisana insapore e si pulì gli occhi. «Che ho incendiato la nave. Che sono io, e io soltanto, il colpevole che stava cercando.»
Clove si passò una mano sulle labbra. «Per Xels! Zora...» socchiuse gli occhi azzurri e i suoi meravigliosi lineamenti delicati furono contorti dall'abbattimento. «Ma perché l'hai fatto? Lui se ne sarebbe andato e tu...»
«Sono innamorata di lui, Clove» disse, «non potevo più mentirgli.»

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora