6. La megera

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Zora

Zora guardò la salamandra scomparire tra gli sguardi curiosi della gente. Ancora un minuto e i suoi occhi avrebbero scavato un buco nella schiena di Egon.

Quella salamandra era un problema, ma lei aveva passato metà della sua vita a scappare dai problemi, perciò se la sarebbe cavata anche stavolta.

«Che voleva quello?» fece Orestes.
Zora si riprese dalla trance e si sforzò di sorridergli. «Sta cercando la salamandra che ha dato fuoco alla nave» caricò la parola 'salamandra' di una particolare enfasi e Orestes sgranò gli occhi.
«Per conto di chi?» le chiese.
«Del suo re... Il famoso re del nuovo regno.»
Orestes rilassò i muscoli. «Allora è venuto inutilmente. Non troverà mai il colpevole.»
Zora deglutì. Sapeva che Orestes aveva ragione, Egon non avrebbe mai ottenuto quello che cercava, e lei d'altra parte non avrebbe avuto pace.

In quel momento, però, avrebbe fatto volentieri a meno di pensarci; perciò, lanciò uno sguardo a Orestes: il coltello da caccia pendeva dalla cintola e aveva ancora l'arco a tracolla.
«Quando sei tornato?»
Lui indicò il carretto alle sue spalle, fermò lungo il ciglio della strada. «Proprio ora.»
Sul carro era accumulata la selvaggina cacciata, ma c'erano anche ammassi di erbe e fiori.
Le labbra di Zora si piegarono un un sorriso. «Dovresti andare da Clove, era in pensiero per te.»
Orestes alzò un sopracciglio. «Davvero?»
«Mh-mh» alzò le dita sulla sua camicia sgualcita e gli aggiustò il colletto, poi passò la mano per stendere qualche piega, finché Orestes non assunse l'aria di un uomo per bene e non di un cacciatore appena tornato da un viaggio. «Ora puoi andare.»
«E tu non vieni?»
Lei scosse la testa. «Ho da fare» in effetti, nella borsa aveva il biglietto con su scritto l'orario del suo prossimo appuntamento... Peccato, però, che aveva lasciato la borsa nel negozio.

Soppresse un lamentò e lanciò un sorriso poco convinto all'uomo. «Di' a Clove che più tardi passo a prendere le mie cose.»

Orestes fece per trattenerla, ma Zora si era già incamminata verso il porto quando sentì urlare un "Fa' attenzione" alle sue spalle.

Era meglio così.
Di sicuro non sarebbe tornata in bottega per sentire la ramanzina di Clove e poi voleva concedere all'amica un po' di tempo con Orestes, da soli.
Forse ne aveva più bisogno lui che Clove...

Il mare era calmo, la pioggia e il vento avevano portato a riva e nel porto una quantità disumana di alghe e rifiuti che le navi non si degnavano di scaricare dove dovevano, perciò l'odore era anche peggiore del solito; non c'era neanche molta gente al mercato, perché la tempesta non aveva permesso ai pescatori di portare a casa il bottino sperato e quindi il pesce fresco scarseggiava.
Zora amava la folla, le dava la possibilità di confondersi e passare inosservata, come neanche il buio riusciva a fare.

Anche se non c'era molta gente, quel giorno, Zora camminava sotto le tegole dei palazzi, ai lati estremi della strada, tra le case e la banchina. A quell'ora non c'erano salamandre in giro, o almeno non quelle che la infastidivano.

"Non siamo tutti uguali".
Lo sapeva, non c'era bisogno che quel tizio insistente glielo dicesse, eppure da quando l'aveva fatto non aveva smesso di pensare alle sue parole.

Scosse la testa per liberarla dalla salamandra e dal suo simpatico amico rosso, poi svoltò a destra giusto in tempo per imboccare il vicolo stretto tra la pescheria e la drogheria, per poi scivolare nell'ombra degli edifici fino al muro in fondo al vicolo cieco.

Poggiò una mano sulla pianta rampicante che si inerpicava sulla parete fino al suo bordo superiore, poi tirò un ramo e attese.

Aspettò finché non sentì un fischio che chiunque avrebbe scambiato per il vento, se non fosse che l'aria era perfettamente ferma e il fischio un po' troppo acuto.
Poi, chi aveva gli occhi attenti avrebbe visto la sottile crepa nel muro che pian piano andava disegnando un arco e lo spiffero di polvere che uscì dalla nuova fessura.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora