36. Come nessuno mai

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Zora

A ogni gradino che saliva, Zora si sentiva come una preda braccata da un felino. Egon era dietro di lei, manteneva il suo stesso ritmo nella salita e Zora non osava guardarsi dietro per incontrare il suo sguardo.

Sentiva gli occhi della salamandra che le perforavano la nuca, la schiena e le curve del suo corpo che ondeggiavano a ogni passo.
E, dannazione, sapeva che lui sentisse tutto: il suo cuore, il suo respiro, il suo odore. Odiava il fatto che lei non potesse sentire tutto ciò su di lui.

Era eccitato. Quello lo sapeva. Non aveva avuto bisogno di alcun senso elementale per constatarlo, non si era dovuta nemmeno sforzare per farci caso quando Egon si era premuto contro di lei.

Ma il suo cuore? Quel cuore di ghiaccio impazziva allo stesso modo del suo o era immobile e indifferente?

L'ultimo gradino e poi la porta a destra.

Zora esitò. Che le prendeva?

Egon la desiderava, e che ci fossero di mezzo i sentimenti o meno non faceva alcuna differenza.

Oppure sì?

Era assurdo parlare di sentimenti. Da quanto lo conosceva? Poco meno di un mese? Di certo non si aspettava un attaccamento emotivo da parte sua e tutto sommato andava bene così.

Era stato solo un bacio, si era detta nella stanza del principe al castello. Adesso, sarebbe stato solo sesso.
Non era sicura però se lo pensasse davvero o stava solo provando a convincersene.

Era stato solo un bacio. Sì.
Un bacio che però le aveva fatto scordare persino il suo nome se lui non gliel'avesse sussurrato sulla pelle poco prima.

E le cose che gli aveva detto giù contro la porta? Non si pentiva nemmeno di una virgola. Erano tutte vere.

Zora strinse la maniglia della porta e immaginò che se l'avesse ruotata, sarebbe entrata nella tana di un leone sola e indifesa.

Egon aspettava dietro di lei. L'ultima scelta sarebbe appartenuta a Zora, soltanto a lei; doveva cadere volontariamente nella sua trappola, lui non avrebbe provato a convincerla.

Zora si maledisse quando ruotò la maniglia ed entrò nella stanza di Egon.

La stanza era buia, fredda e non si vedeva niente, ma dal vento che soffiava a destra, capì che c'era una finestra aperta, oltre la quale imperversava il temporale.

Egon richiuse la porta alle sue spalle e Zora trasalì per il tonfo, però poi Egon esitò prima di andare a chiudere anche la finestra.

L'intuizione la colpì come un fulmine.

Quella stanza non era troppo piccola, ma era comunque un sottotetto... Non servì fare domande per capire che Egon non chiudeva mai la finestra a causa del suo terrore degli spazi chiusi.

La bile le risalì in gola al pensiero delle confessioni che la salamandra le aveva fatto in quella trappola e per un attimo desiderò sputare veleno sul volto di Shiloh per ciò che aveva fatto a Egon, per come l'aveva segnato... E la cicatrice non c'entrava assolutamente niente. Si trattava di una vita spezzata e cambiata per sempre.

«Puoi lasciare aperta la finestra» gli disse «fa abbastanza caldo.»
Cinque piccole fiammelle tutte vicine tra loro comparvero nel buio. Egon avvicinò una mano al viso per illuminarsi con le lingue di fuoco che traballavano sulla punta delle sue dita. Un attimo dopo lanciò il fuoco intorno a sé e le candele si accesero rivelando il mobilio della soffitta.

Zora si guardò intorno: non c'era niente che appartenesse a Egon lì dentro, a parte scartoffie e qualche vestito nero.
La cosa più intima era proprio il fuoco rosso scuro, come il colore dei propri capelli.

Ignis - Elementali Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora