3 - Vendetta (Flashback)

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"Sono Mercedes! Apri".

Merda, non la vedo da quasi due mesi. Da quando Giulio era venuto a New York. Da allora non esco di casa, per fortuna è talmente grande che c'è più spazio per camminare e fare un po' di movimento.

Una mattina, mentre facevo colazione sulla mia bellissima isola, mi squilla il telefono. Non conosco il numero ma rispondo, forse era qualcuno che dall'Italia mi cercava, e io avevo perso tutti i numeri cambiando sim.

"Anna? Sono Giulio..". Riattacco, butto il telefono il più lontano da me. Non faccio in tempo a mettere in ordine i pensieri che il telefono riprende a squillare.

"Anna", stavo per riattaccare di nuovo, "Aspetta non riattaccare, sono qui". Sono qui? Qui dove? Nessuno a parte i miei genitori sapevano che mi trovavo a New York.

"Sono a New York, e penso di essere sotto casa tua". A New York? Forse non ero stata chiara quando avevo detto di non dirlo a nessuno, ma pensavo fosse logico non dirlo all'ex stronzo di tua figlia.

"Pensi?"

"Si, sono qui, alla 59esima strada. Sei vicino a Bloomingdale giusto?"

"Come hai fatto...". Non volevo vederlo. Dopo sei mesi, stavo ancora male. Ero arrivata a pensare che, per dimenticare una storia d'amore, dovesse trascorrere lo stesso tempo che si era passato con la persona amata. Mi aspettavano, quindi, sei anni di agonia. E adesso sei anni e sei mesi.

"Dai fammi entrare, non so neanche come si fa a suonare in questi palazzi". Lo feci entrare per pietà e lo feci salire.

Mi ero quasi ripresa dalla fine della nostra storia, ma quando l'ascensore si aprì e lui mi si presentò davanti, era come se nulla fosse cambiato. Aveva tutti i ricci scombinati, probabilmente dal viaggio in aereo, ma era bello come sempre. Ma non potevo e non volevo fargli vedere quanto mi fosse mancato.

"Anna", disse. Restammo in silenzio quasi un minuto, non sapevo cosa dire, e avevo paura di scoppiare a piangere. Non lo avevo più visto dalla festa in terrazza, me ne ero andata due giorni dopo senza far sapere nulla a nessuno.

"Cosa ci fai qui?" dissi senza cercare di scompormi.

"Dovevo vederti Anna, non so cosa mi sia saltato per la testa, mi mancavi, eri sempre in università e...", cercò di prendermi la mano, ma la scostai.

"E non è una giustificazione per scoparti la mia migliore amica" dissi, con oramai una lacrima che scendeva sullo zigomo. "E chissà per quanto tempo!", mi girai dall'altra parte.

"Anna, te lo giuro, è successo solo un paio di volte, io non ho mai smesso di amarti. Scusami, ti prego", mi raggiunse.

"Non meriti le mie scuse, e non capisco perché sei venuto fino qui", dicevo senza guardarlo.

"Non rispondevi alle mie chiamate, alle mie email, né alle mie né a quelle di Viola". Ah, quindi si sentivano ancora.

"Magari non volevo più avere a che fare con voi, che dici?"

"Non dire così ti prego, è stato uno sbaglio, ma lo sai che io voglio solo te. Non sbaglierò più". Non mi sarei fatta imbrogliare da quelle parole, né da quegli occhi verdi che mi fissavano e che mi avevano fatto innamorare di lui.

"Vattene". Non si mosse. "Vattene ho detto! O chiamo la sicurezza e ti faccio prendere a calci in culo come avrei dovuto fare io sei mesi fa!" dissi alzando la voce come mai prima, mentre ormai scoppiavo in un pianto infinito.

La sera si presentò davanti alla mia porta con un mazzo di rose rosse. Il portiere lo aveva fatto entrare dopo che Giulio gli aveva detto di essere il mio fidanzato e che mi stava facendo una sorpresa.

Fidati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora