Non mi rendo neanche conto di aver sceso le scale. Per quanto ne so potrei anche essermi buttata giù dalla balaustra per la velocità in cui raggiungo il salotto. Mi guardo intorno, ma non vedo nessuno.
"Peter!" urlo con tutta la voce che ho in corpo.
"Qui!" sento Peter dire dal portico che da dall'altro lato della casa.
Apro la porta a vetro. La prima cosa che vedo è il panorama. Gli alberi innevati e una sorta di fiumiciattolo ghiacciato. Poi mi giro verso sinistra e vedo Peter.
David è sdraiato su uno sdraio, mentre il fratello è inginocchiato davanti a lui, che sembra prenderlo a ceffoni.
"Che fai!" gli urlo, mentre mi avvicino. David ha indosso la tuta grigia che aveva indossato per portarmi all'aeroporto, e un paio di Ray-Ban che gli coprono gli occhi. Che cavolo fa?, si gela qui fuori.
"David!" lo chiamo avvicinandomi a loro. "David!". Ma niente. Nessuna risposta. Ad un certo punto mi rendo conto che la situazione sembra piuttosto surreale. Vicino allo sdraio, c'è una bottiglia vuota di vodka rovesciata a terra, mentre in mano ne ha una piena per metà.
Mi accorgo allora che Peter non lo sta malmenando perché è incazzato con lui, sta cercando di svegliarlo. "Cazzo, David!", continua a urlargli.
"Oddio!", sono spaventatissima, non riesco quasi a reggermi in piedi. Vedere quell'uomo tanto possente, in grado di affrontare qualsiasi problema, lì inerme, mi stravolge. "Chiamo un'ambulanza!"
"Ha solo perso i sensi. Vieni, aiutami a portarlo dentro" mi dice Peter mentre inizia a sollevarlo per un braccio. Per fortuna arriva John in mio soccorso.
Lo portano dentro e lo sdraiano sul divano, che sembra più un letto.
"Non ha nemmeno acceso il camino.." dice Peter, mentre inizia a gettare la legna, sperando che prenda presto fuoco.
"Vado a chiamare il nostro medico. In quell'armadio dovrebbe esserci una coperta, coprilo con quella", mi dice indicandomi un vecchio mobile di legno scuro. "John per favore vai al supermercato a fare scorta di caffè". Poi si allontana verso la cucina.
Non riesco a capire perché non voglia chiamare una cazzo di ambulanza. Anzi, Peter ora sembra meno spaventato di prima. Copro David con la coperta, passandogli una mano tra i capelli neri, che ho accarezzato tante volte prima. David, penso, che cazzo hai fatto? Gli accarezzo lentamente il viso, la mascella rilassata, ben diversa dal solito, quando è rigida, sempre sull'attenti.
Raggiungo Peter in cucina. Voglio convincerlo a chiamare un'ambulanza. "Anna, stai tranquilla. Purtroppo non è la prima volta che lo vedo in queste condizioni..." mi dice mentre cerca il suo cellulare nel giubbotto, "anche se ormai erano anni che non si riduceva più così". Deglutisco, impaurita. "Davvero, adesso ha bisogno che tu stia lì, questa è la cosa migliore che possiamo fare prima che arrivi il dottor Rami". Poi compone il numero e si mette in contatto con il medico.
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Da dieci minuti sono seduta a fianco a lui, mi sono coperta anch'io con la coperta. Attaccato ai vestiti ha un odore di alcool molto forte, mai sentito su David. Fuori fa freddissimo e la casa si sta scaldando molto lentamente. Peter è uscito a fare qualche telefonata e per avvisare Cloe.
"Anna" sento sussurrare David, che muove leggermente le labbra. "Sei qui", dice riconoscendo il mio tocco.
"Dio, David", dico mentre mi avvicino velocemente a lui che sembra non riuscire ad aprire le palpebre, "che cazzo fai?", improvvisamente la paura scompare, superata dalla rabbia.
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Fidati di me
ChickLit[COMPLETA. IN REVISIONE] Anna arriva a New York delusa dalla vita, dall'amore e dall'amicizia. Insomma, deve ricostruirsi una nuova vita e dimenticare il passato. Qui incontra David: "Fidati di me", le dirà più volte. Ma farà bene a fidarsi? È giov...