67 - Vedo che hai voglia di scherzare

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"Sì..." dico, mentre inizio a essere decisamente scocciata. Le urla dall'altro capo del telefono non si fermano. "Ma adesso calmati!" cerco di dire.

Niente da fare. "È più di mezz'ora che siamo al telefono.. penso tu abbia capito che sto bene!".

"Stai bene? No, tu non stai bene! A partire dal fatto che non mi avevi detto che una cazzo di psicopatica ti stava minacciando... Per non parlare poi del fatto che ti ha... cazzo, non riesco neanche a dirlo", ripete mia sorella, per la millesima volta.

La lascio sfogare per ancora due minuti, ripetendole ancora una volta come sono andate le cose.

"Ti prego Angelica, adesso basta" le dico poi. "Ora stiamo bene, sto bene" dico buttandomi sul divano.

"Mamma e papà?" mi chiede poi.

"Eh, diciamo che ho dovuto fare carte false per non farli tornare indietro dal loro tour" le rispondo.

"Strano che non siano arrivati lo stesso" commenta.

L'ultima cosa di cui ho bisogno è la loro apprensione in questo momento, soprattutto ora che stiamo iniziando a riprendere la nostra routine. Se così si può chiamare.

"David si sta prendendo cura di te come si deve, o devo fargli una telefonata?"

Per carità, ci manca solo che mia sorella lo minacci, e poi nessuno sarà più in grado di levargli i sensi di colpa.

"Non devi preoccuparti di questo" la riassicuro.

"Mi raccomando" mi dice, prima di salutarci.

Sto per salutarla quando la sento aggiungere qualcosa.

"Anna!"

Annuisco.

"Cosa hai intenzione di fare per il tuo compleanno?" mi chiede, "vorrei tanto che fossimo insieme..."

"Sarebbe bello, sì..." penso ad alta voce. In effetti, sarebbe davvero un bel regalo. Mi ero completamente dimenticata che tra poco sarà gennaio e arriverà il mio compleanno. Con tutte le peripezie degli ultimi mesi, non mi è proprio saltato in mente di organizzare qualcosa.

"In realtà, non so neanche se festeggerò. Non ho organizzato nulla."

"Mm mm" dice lei, mentre in lontananza sento il pianto di Leo. "Ti devo lasciare. In ogni caso, organizziamo una videochiamata tutti quanti".

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Mi spoglio lentamente per entrare nella vasca. A causa della ferita, in questi giorni ho utilizzato solo la doccia, ma oggi mi sento decisamente meglio, e ho voglia di godermi un bagno caldo.

Nel pomeriggio dovrò incontrare Simon. Mi vengono i brividi solo al pensiero di dover ripercorrere gli avvenimenti degli ultimi giorni.

Mi sto sfilando la maglietta, quando sento chiudere la porta di casa.

"Sì, ho bisogno che tu venga" dice, penso al telefono. Continuo a svestirmi.

"La devi portare in commissariato". È al telefono con John. Gli avevo detto che non c'era problema, potevo andare benissimo con Trevis. Ma mi aveva risposto che Trevis è un autista non una guardia del corpo. Inutile dire che lo avevo fatto ammattire girando gli occhi.

Sento i suoi passi avvicinarsi e la giacca posarsi sul divano.

"Tra un'ora" dice, aprendo la porta del bagno.

I suoi occhi scorrono lentamente sulla mia figura, ormai rimasta in completo intimo. Uno di quelli che aveva scelto di portare anche a Pittsburgh. Pizzo nero, il suo preferito.

Fidati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora