È difficile salutare la mia famiglia. So che tra due giorni avrei dovuto farlo comunque e mi rendo conto che sarebbe stato triste lo stesso. Ma dentro di me so che non avrei potuto fare altro che tornare a New York. Saluto i miei genitori, promettendogli di non far passare più tanto tempo prima di tornare in Italia. Mia sorella e Pablo, invece, mi accompagnano all'aeroporto. Peter mi aveva trovato un volo quella sera stessa e mi aveva preso i biglietti.
"Mi raccomando, voglio sapere tutto del bambino appena nasce! Promettimi che mi chiamerai", dico ad Angelica, mentre cerchiamo entrambe di nascondere le lacrime. Saluto anche Pablo con un forte abbraccio.
Mi imbarco velocemente, felice di volare su un aereo quasi vuoto. Non riesco a lavorare, ma non sono neanche abbastanza tranquilla da dormire. La mia mente continua a non fermarsi. Mi infilo allora un paio di air pods e trascorro il primo volo ascoltando musica e guardando il cielo notturno.
Atterro a New York all'una di notte, dopo un viaggio interminabile, in cui sono riuscita a dormire solo un paio di ore dopo aver fatto scalo.
L'aeroporto è quasi deserto, e sento già il freddo newyorkese penetrarmi nella pelle. Aspetto il bagaglio con i pochi passeggeri che erano con me, nel mentre, inizio a prenotare un taxi.
Una volta ritirata la valigia, mi dirigo verso l'uscita. Appena le porte scorrevoli si aprono una folata di aria gelida mi congela il viso. Mi guardo intorno cercando di capire quale sia il mio taxi, ma mi sento chiamare.
"Anna!", è Peter che mi viene incontro dalla Range Rover di John.
Appena mi raggiunge ci abbracciamo, senza dire nulla. Io so come si sente lui, preoccupato per il fratello. E lui sa come possa stare io...
Salgo sulla macchina, salutando John, mentre Peter mi aggiorna su quello che è successo in questi giorni.
A quanto pare, il martedì dopo che lui e Cloe sono tornati dal weekend lungo nel cottage, Peter è andato in ufficio come sempre. Ad un certo punto, aveva bisogno di parlare con suo fratello, e vedendo che non rispondeva è entrato nel suo ufficio, ma non l'ha trovato. Inizialmente non si era preoccupato eccessivamente, perché pensava che si sarebbe fermato di più da me in Italia. Ma dopo aver parlato con Trevis, che gli aveva detto che in realtà lui era tornato, e non ricevendo risposte alle sue chiamate, ha iniziato a preoccuparsi. In più si è dovuto preoccupare dell'azienda. È sempre stato David quello che ne tiene le redini, per cui si è trovato nel caos più totale.
"Per ora sono in pochi a sapere" mi dice in auto, "non ho detto niente ai dirigenti, ai soci, ai clienti, praticamente a nessuno. Ho semplicemente detto che David si è preso una piccola vacanza, ma questa scusa non può reggere a lungo, per quello ti ho chiesto di tornare. Magari sapendo che sei qui, ti contatterà, oppure ti può venire in mente qualche posto, qualcosa..."
"Sono giorni che ci penso..." gli dico, cercando di trattenere le lacrime.
Arriviamo nel palazzo verso le due e mezzo. Peter ha voluto comunque accompagnarmi, "Sono giorni che non dormo, ormai non so neanche più che ore sono" mi ha detto quando gli ho detto di andare a casa a riposare. Comunque, lo capisco, è suo fratello e vuole entrare nell'appartamento, e con me può farlo, abitando qui.
Entriamo nell'atrio e al posto di Jeff c'è il portiere notturno, che saluto con un cenno della mano. Entriamo immediatamente in ascensore, e metto direttamente il codice dell'appartamento di David, senza passare dal mio. Il mio cuore batte all'impazzata e so che anche Peter è in ansia.
Arriviamo al piano. Le luci sono tutte spente. Peter non si interessa della cosa e inizia ad urlare il nome di David, girando per le stanze e accendendo le luci.
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Fidati di me
ChickLit[COMPLETA. IN REVISIONE] Anna arriva a New York delusa dalla vita, dall'amore e dall'amicizia. Insomma, deve ricostruirsi una nuova vita e dimenticare il passato. Qui incontra David: "Fidati di me", le dirà più volte. Ma farà bene a fidarsi? È giov...