2- Tradita (Flashback)

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Mi ero appena laureata in Lettere Classiche all'Università di Firenze e la mia vita sembrava andare per il verso giusto. Vivevo con la mia amica Viola in un appartamento nel centro della città, da cui si vedeva il duomo. Beh, noi dicevamo di vederlo, in realtà ci serviva un grosso sforzo di immaginazione per far diventare trasparenti i due palazzi che lo coprivano davanti alla nostra finestra nel salotto. Ma eravamo comunque fortunate, quell'appartamento aveva un prezzo stracciato, anche se in centro. L'unico problema era dover sopportare i vicini, tre musicisti rock che due volte a settimana provavano con il loro gruppo.

Viola era la mia migliore amica da sempre, avevamo fatto le scuole insieme, le prime esperienze assieme, le vacanze all'estero insieme. Poi l'università. Avevamo scelto facoltà diverse, ma non volevamo separarci e quindi avevamo affittato quell'appartamento insieme. Viola è una biondina frizzante, a cui non mancano di certo i corteggiatori, e spesso ne portava qualcuno a casa, quindi me ne andavo dal mio fidanzato, Giulio, o ero costretta a vagare per la città per qualche ora.

Avevo ottenuto una borsa di studio per un dottorato di ricerca di un anno, stipendiato ed ero convinta che Giulio, da lì a poco, mi avrebbe fatto la proposta. Nonostante in settimana fossi molto impegnata a correre per gli atri universitari, il weekend lo passavo sempre fuori con il mio gruppo di amici e ovviamente, con Giulio.

Mi manca ancora passeggiare per le vie di Firenze, guardando gli sguardi ammirati dei turisti. Mi manca fare jogging la mattina presto, e godermi così la mia città. Una Firenze che sembrava tutta e solo mia. I viali e le piazze vuote che sembravano augurarmi buona giornata e darmi la forza per sopportare otto ore in università a fare da zerbino ad un professore nato forse all'inizio del Novecento.

Mi manca entrare in una panetteria e sentire quel buon profumo di pane fresco, e chiacchierare con la commessa sulle novità della giornata. Qui a New York, non ho mai visto una panetteria, almeno nella mia zona, e di certo non ho mai chiacchierato con una commessa. Sono tutti di fretta, non ti guardano neanche in faccia. New York è la città del networking, ma ha le sue regole.

Un anno e mezzo fa non avrei mai pensato di trasferirmi in un'altra città, figuriamoci dall'altra parte del mondo. Anzi, stavo già progettando insieme a Giulio la casa che ci saremmo costruiti. Avevamo la possibilità di fare i progetti in grande. Sognavo una casa lontana dalla frenesia della città, ma neanche troppo lontana da Firenze, così da poter raggiungere le mie amate piazze ogni volta che volessi. Durante i nostri sei anni di relazione avevo risparmiato molto e, prima del dottorato di ricerca, avevo trovato molti lavoretti part-time. Mentre Giulio, beh, Giulio era ricco. Un ricco architetto. Un bell'architetto, ricciolo e ricco.

Ci eravamo conosciuti al liceo, mi ricordo che Viola non mi lasciava in pace neanche un minuto dicendomi di andarci a parlare. Alla fine, fu lui a invitarmi alla festa di istituto, e da allora eravamo inseparabili.

Era poco più grande di me ma si era già laureato in architettura da qualche anno aveva iniziato a lavorare per l'azienda di suo padre, una delle più famose in Italia, se non in Europa.

Insomma, non pensavo che niente potesse andare storto, ma anzi, che davanti a me la strada, dopo tutti i sacrifici fatti durante l'università, fosse in discesa. Ovviamente non bisogna mai sottovalutare il destino.

Fu così che un venerdì sera qualsiasi, stavo uscendo dall'università dopo una giornata sfiancante, ma per fortuna il professore che mi stava seguendo mi aveva detto che sarei potuta andare via prima, tanto per qual giorno non c'era più lavoro da fare. "Che culo" pensai, avrei fatto in tempo a farmi un bagno e magari a depilarmi prima di prepararmi per andare alla festa di compleanno di Viola, che aveva prenotato un terrazzo molto "in" a Pisa, da dove si vedeva bene Piazza dei Miracoli. Lei era già lì da almeno un'ora, quindi ero sicura di avere il bagno libero, e anche qui pensai "Che culo". Mi incamminai verso la fermata del bus, che arrivò subito, nemmeno il tempo di sedermi alla panchina ad aspettare, di nuovo "Che culo". Scesi dal bus e mi incamminai subito verso casa, salì subito per le scale, non vedevo l'ora di mettermi a mollo nella vasca da bagno. Ma quando aprì la porta mi accorsi che c'era qualcuno in casa. C'erano dei vestiti sparsi per il salotto, che portavano direttamente alla camera da letto di Viola. Ecco che ne ha portato un altro, pensai. Andai verso la mia camera, presi di corsa il vestito per la serata, che avevo già preparato insieme ai trucchi, e uscii per andare a casa di Giulio, e addio bagno caldo.

Mentre scendevo le scale lo stavo chiamando per avvertirlo che stavo arrivando, quando dall'atrio del palazzo vidi la sua moto parcheggiata lì. Mi guardai intorno, ma non c'era. Ma dove poteva essere andato, io ero in casa fino a due minuti fa. Continuai a chiamarlo, ma nulla. Era inutile andare a casa sua se la sua moto era qui, "meglio riprovare a salire in casa e aspettare che suoni", pensai. Aprì la porta di casa e mi sedetti sul divano. Gli mandai un messaggio: "Dove sei? Ho visto la moto, suona che scendo".

Bzzz, sento. Veniva da uno dei vestiti davanti alla camera di Viola. Coincidenza pensai, ma forse non così tanto da non provare a chiamare il numero di Giulio. "Mal che vada sono pazza" mi dissi. Bzzz bzzz bzzz bzzz. Mi avvicinai al suono. Eccolo lì. Il telefono di Giulio.

Per un momento mi sono sentita ovattata, mi tremavano le gambe. Presa dal panico sono uscita di corsa. Sono salita in macchina e cercai di riprendere fiato. Non volevo credere ai miei occhi, e questo mi ha portato ad aspettare lì sotto, nascosa nella mia auto, la conferma a quanto avevo appena visto.

Scesero. Insieme. Si guardarono attorno. Si baciarono. Che stupidi. Giulio salì sulla moto e Viola si incamminò verso la stazione per andare verso Pisa. Bene. Non so da dove presi la forza, ma elaborai un piano. Giusto o sbagliato che fosse, avevo bisogno di vendetta, anche se era una vendetta piena di lacrime.

Salì in casa, mi vestii e mi truccai. Due volte, perché il primo trucco lo avevo sciolto piangendo. Mandai un messaggio a Giulio, spiegando di essere andata da un'amica, così che non potesse sospettare nulla, e uscii. Ovviamente il regalo, lo lasciai in camera. Mi erano sempre piaciute le Michael Kors, e quella borsa stava proprio bene con il mio nuovo jeans. Arrivai alla festa di Viola e facendo finta di nulla, abbracciai tutti, Viola e Giulio compresi. Durante la serata non ce la feci a stare con loro, li evitai il più possibile. A metà serata decisi però, che era ora di un bel brindisi.

Avevo le lacrime agli occhi, e le persone pensavano che fossi semplicemente commossa: "Bene, vorrei fare gli auguri alla mia amica Viola. Che da una vita mi accompagna e mi sostiene. Ma che soprattutto condivide con me i momenti più importanti della vita. Vorrei condividere con tutti voi la gioia di scoprire che con lei ho condiviso, senza saperlo e non so per quanto tempo, anche il mio fidanzato!".

Sono stata forte, ce l'ho fatta, pensai mentre correvo via dalla terrazza con dei lacrimoni che non pensavo potessero uscire dai miei occhi.




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