16 - Dimmi che lo vuoi anche tu

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Arriviamo a casa mia con l'Aston Martin, questa volta avevo avuto il piacere di osservare David guidare. Avevamo attraversato le strade trafficate e avevo osservato dal finestrino un Central Park gremito di gente, mentre mi teneva una mano sulla gamba. Anche se faticosa, l'uscita dall'ufficio non era stata poi così pesante ed ero stata in grado di gestire la situazione, soprattutto perché avevo David accanto.

Mi cambio velocemente in camera da letto, mentre lui è impegnato con una telefonata. Mi tolgo i tacchi che mi avevano accompagnata durante la giornata e mi infilo un vestitino azzurro estivo molto comodo. Avevo deciso di cucinare io, quindi mi ero fatta portare a casa la spesa per una pasta con pesce e pomodorini.

Scalza, raggiungo David, che intanto aveva finito la telefonata ed era fermo davanti ad una vetrata dell'attico, che guardava il sole tramontare su New York.

Appena mi sente arrivare si gira, "Allora, cosa cuciniamo?".

Mi faccio una coda alta e mi sciacquo le mani al lavello, mentre lui si appoggia all'isola della cucina.

"Non ti preoccupare, non ho bisogno di aiuto" gli sorrido. Mi sembrerebbe strano vedere un uomo come David ai fornelli, non sembra il tipo di persona che si sia mai cucinato qualcosa per sé, penso abbia sempre avuto qualcuno a farlo per lui.

Mi si avvicina al lavello, si toglie la felpa e rimane in t-shirt. "Artic Monkeys?" leggo sulla maglia.

"Li conosci?" mi chiede mentre si sciacqua le mani.

"Li adoro, sono andata al loro concerto a Milano un paio di anni fa" dico sorridendogli.

Sembra un ragazzo così normale, in questi panni. Dimostra finalmente l'età che ha.

"Dico davvero, voglio cucinare con te" mi dice abbracciandomi da dietro.

Verso del vino bianco in due calici e inizio a mettere gli ingredienti sul bancone. Mentre David taglia i pomodorini io pulisco il pesce e inizio a mettere l'acqua a bollire.

Mi chiede della mia famiglia, così gli racconto dei miei che vogliono che io torni in Italia e di Angelica, che andrà presto in Italia. Lui, invece, mi racconta di come abbia passato l'infanzia con una governante per cui non ha un bel rapporto con sua madre, e suo padre era morto quando lui aveva diciannove anni, lasciandogli tutto.

"Tu e Peter andate d'accordo?" gli chiedo, sperando abbiano lo stesso rapporto che abbiamo io e Angelica.

"Sì, è più piccolo di me, ma siamo cresciuti insieme" mi racconta, "A volte discutiamo per il lavoro, ma siamo sempre andati d'accordo" dice, "finché non ci ha provato con te" fa un mezzo sorriso.

Mi sento ancora imbarazzata per quella sera e David nota il mio imbarazzo.

"Lo perdonerò" mi dice notando il mio disagio, dandomi un bacio leggero sulle labbra.

Una volta cotta la pasta la metto nella padella con il pesce, e vado subito a preparare la tavola in salotto. Il sole tramonta e l'atmosfera è perfetta. Quando torno in cucina vedo David che sta facendo saltare la pasta con il condimento:

"Wow" gli dico impressionata mentre mi appoggio al bancone, "sembra tu sia un esperto in cucina".

David fa un mezzo sorriso: "è la prima volta che lo faccio, non ho mai cucinato in vita mia". Come immaginavo è la prima volta che cucina qualcosa, ma mi racconta che adorava vedere la governante cucinare, e gli avevo dato l'occasione di provare a imitare le sue mosse.

"Nessuna donna ti aveva mai fatto cucinare prima?" chiedo mentre metto la pasta nei piatti e li porto verso il tavolo. Lui mi segue con i due calici di vino e la bottiglia.

"No" dice mentre ci sediamo, "nessuna ha mai avuto il privilegio" risponde scherzando.

Mentre ceniamo David mi fa promettere di cucinare altre volte, sostenendo che la pasta fosse buonissima. Gli racconto che a Firenze cucinavo spesso, anche se non avevo molto tempo perché gli orari in università erano abbastanza pesanti. Però, quando ne avevo l'occasione, mi piaceva molto, e spesso io e Viola organizzavamo delle fantastiche cene tra amici a casa nostra.

David mi racconta di aver frequentato per qualche anno il college, ma con la morte del padre aveva continuato gli studi da privatista, mentre aveva iniziato a gestire l'azienda.

Quando finiamo di cenare, mi alzo e inizio a sciacquare i piatti e a metterli nella lavastoviglie. Si avvicina al lavello e gli faccio cenno di passarmi il piatto che ha in mano, ma invece si mette lui stesso a sciacquarlo e ad infilarlo nella lavastoviglie. Lo guardo e sorrido, sapendo che con la coda nell'occhio mi sta osservando.

Non avrei mai creduto di vedere David alzarsi e sparecchiare. Al lavoro è solito dare ordini, e mi chiedo cosa potrebbero pensare Cloe e Finn nel vedere il grande capo togliere i piatti sporchi dalla tavola nel mio salotto.

Sono contenta però, di vedere come quest'uomo, imprenditore di successo, che tanto riesce a intimorirmi e a tramortirmi con il suo fascino, sia anche capace di indossare dei panni normali, quelli di un ragazzo di ventinove anni.

Mi asciugo le mani su uno strofinaccio in cucina e finisco l'ultimo goccio di vino che ho nel bicchiere, mentre David si avvicina.

"Sei un'ottima cuoca Miss Neri" mi dice mentre mi prende i fianchi. Mi avvicina al suo corpo, mentre il mio inizia ad accaldarsi, abituato ormai alla solita reazione che David gli provoca.

"Non guardarmi così" continua avvicinando le sue labbra al mio collo "sai che non ti resisto" mi sussurra.

Un istante dopo, mi sto sciogliendo completamente al tocco dei suoi baci, che dalla clavicola arrivano fino alle mie labbra per sfociare in un bacio carico di passione. Mi solleva e mi appoggia sull'isola della cucina, al cui contatto con il marmo freddo gemo, mentre entrambi sentiamo il desiderio pervaderci.

Mentre io so esattamente cosa desidero, e non lo nascondo nemmeno, David sento che si sta trattenendo, stringendo i pugni appoggiati al marmo. Vorrei fargli capire che non voglio che si trattenga, non deve aver paura di ferirmi.

Mi solleva leggermente il bordo del vestito, accarezzandomi la coscia: "Dimmi che lo vuoi anche tu" mi dice avvicinandosi all'orecchio. Pensavo che la reazione del mio corpo fosse abbastanza chiara, e so che David riesce a capire esattamente cosa voglio, senza che lo espliciti. So anche però, quanto ami sentirsi dire quanto io lo voglia. E non so per quale motivo, so che ha bisogno della mia risposta, anche se ovvia.

"Rispondi Anna" continua spostando il suo sguardo sui miei occhi.

Annuisco, non riuscendo a far uscire nessuna parola dalla mia bocca, che implorava la sua.

"Dov'è la camera da letto?" mi chiede mentre mi bacia il collo con passione.

Mi giro e la indico solamente con lo sguardo. Sono completamente assuefatta, e, sinceramente mi dispiace perdere altri secondi per dover raggiungere il letto.

Mi sorride malizioso "Mi piace che tu non riesca neanche a parlare".

Mi solleva, mettendomi le gambe intorno al suo bacino e raggiungiamo la camera da letto, dove mi regala una notte di sesso senza paragoni. Non ho più dubbi sul fatto che sia in grado di soddisfare una donna, più volte.




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