6 - Dovere o piacere?

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"Dobbiamo assolutamente chiamare Mark", mi dice Mercedes non appena le racconto della telefonata. 

Mark, il fratello di Mercedes, gestisce una piccola boutique per conto di Dior non molto lontano da Manhattan e non vede l'ora di farmi comprare qualcosa dalla prima volta che ci siamo incontrati. "Mercedes, sono una giornalista free lance e non ho neanche un lavoro fisso, non credo di potermi permettere un abito di Mark. E poi è un appuntamento di lavoro, come ti ho già detto", le dico mentre cammino avanti e indietro per la camera da letto bevendo un caffè per svegliarmi. Ieri sera non ero riuscita a chiamarla, perché anche mio padre mi aveva tenuto al telefono per più di due ore, cercando di convincermi a tornare a Firenze. 

"Un appuntamento alle otto di sera?", mi chiede sarcastica. "Non so come funzioni da voi in Italia, ma qui un appuntamento, superate le sei, non è più un appuntamento di lavoro". Continuo la telefonata cercando di convincerla a non trascinarmi da Mark a spendere gli ultimi soldi che mi erano rimasti, e ci diamo appuntamento per le undici sotto il mio palazzo. 

Finito il caffè, accendo il pc e inizio a stampare qualche mio lavoro: un paio di articoli per i giornali in cui avevo scritto e qualche pezzo del mio blog, tralasciando ovviamente l'ultimo articolo sulle feste in terrazza. Scelgo quelli che avevano avuto più successo e più riscontri positivi dai miei lettori. Metto tutto dentro una cartellina che metto sul ripiano della cucina e mi vado a vestire per incontrare la mia amica.

Mi metto un vestito con una stampa a fiori e un paio di sandali neri con un tacco non troppo alto, che mi avrebbe consentito di stare dietro alla maratona di shopping che Mercedes aveva sicuramente in mente. Scendo nell'atrio del palazzo, che di giorno è molto diverso dalla sera, quando si anima di tutte le personalità di New York che si incontrano nella lounge, saluto Jeff che si sta intrattenendo con una signora ed esco. Saluto Mercedes e prediamo un taxi che ci porta dal lato opposto di Central Park.

Il traffico newyorkese mi stupiva ancora dopo un anno, macchine che si ingorgano, clacson che suonano continuamente, gente che attraversa in mezzo alla strada, ma questa città mi affascina sempre di più, soprattutto adesso che avevo ricominciato ad uscire.

Ci fermiamo non lontano dal "Kool" ed entriamo in un piccolo negozio, con un'insegna dorata, che aveva fatto esclamare a Mercedes "Dobbiamo assolutamente entrare". Guardiamo un po' di vestiti, i prezzi erano sicuramente più abbordabili di quelli di Mark, ma non c'è nulla che mi piaccia, e che sia anche solo lontanamente adatto all'incontro che avevo stasera. Relle piene di vestiti dorati, argentati, con paillettes, scarpe vertiginose e borse ingioiellate. "Non andrò vestita come una palla da discoteca" dico a Mercedes mentre mi stava facendo provare un abito rosso con paillettes. Tiro la tenda e mi faccio vedere dalla mia amica. "E poi non mi sento a mio agio con un affare del genere addosso", le dico mentre mi do un'altra occhiata allo specchio. "Secondo me stai benissimo, ed è arrivata l'ora di brillare anche per te", mi dice mentre mi sistema l'orlo del vestito. "E poi guarda, stai già spezzando cuori", mi dice facendo cenno verso la vetrina, dove un ragazzo sulla trentina si era voltato a guardarmi mentre passeggiava. Appena lo guardo mi sorride imbarazzato e riprende a camminare.

Certo, volevo essere guardata da David, ma volevo sembrare il più professionale possibile.Ritorno a guardare la mia amica, "Non se ne parla Mercedes" ed entro nel camerino dove mi tolgo quell'insieme di glitter e mi rimetto il mio abitino.

Usciamo dal negozio salutando la commessa che aveva sperato fino all'ultimo di venderci qualcosa e che ora ci guardava con disprezzo. "Allora andremo da Mark", mi dice sorridendo e prendendomi sottobraccio.

"Non posso permettermelo, lo sai", le dico mentre ci incamminiamo verso la trentatreesima. "Non ti preoccupare, sono sicura che troverà qualcosa adatto a te", mi dice facendomi l'occhiolino.16Inizio a pensare che mi abbia portato di proposito in quel negozio pieno di brillantini, solo per convincermi ad andare da Mark.

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