44 - Dobbiamo parlare

4.2K 268 148
                                    

Mi sveglio a causa dei raggi del primo sole che illuminano il living. Sono sdraiata sul divano solamente con la camicia che avevo indossato. L'ho aspettato tutta la notte. L'ultima volta che ho guardato il telefono per chiamarlo erano le cinque. Non dev'essere passato molto tempo. Cerco il cellulare e lo trovo sul tappeto. Probabilmente è caduto mentre mi sono addormentata. Sono le sette meno cinque.

Nessuna chiamata persa. Riprovo a chiamarlo. Squilla. Nessuna risposta.

"Cazzo!" urlo. Stavolta urlo davvero. Cazzo cazzo cazzo!

Sparito nel nulla, di nuovo. Lo odio quando si comporta così.

Non so davvero come sentirmi. Da una parte mi sento una stronza per non avergli creduto, per aver fatto ricerche su di lui. Mi sono comportata esattamente come lui aveva fatto all'inizio della nostra relazione e per cui avevamo spesso litigato. Dall'altra parte deve capire che non è facile per me fidarmi. Dopo la storia con Giulio sono sempre allerta, e sono spaventata dalla storia della psicopatica. E questo anche perché vuole, anzi pretende, che io stia fuori da questa faccenda.

Panico, è questa la sensazione che sto provando.

Mi vado a lavare i denti, mi sciacquo il viso e vado a vestirmi. La camera è rimasta esattamente come l'avevo lasciata stanotte. Infilo un paio di jeans e un maglioncino rosso. Mi lego i capelli, ormi poco mossi dopo la serata di ieri, e metto gli stivali.

In meno di due minuti sono sotto. Okay, dove cazzo vado adesso?

"Miss Neri!" sento chiamarmi da dietro. È John. "Non mi ha avvertito che usciva così presto questa mattina".

"Scusa John, non ci ho pensato" dico, mentre ho evidentemente la testa da un'altra parte.

"La porto in ufficio?" mi chiede coprendomi con l'ombrello. Sono talmente sconvolta che non mi ero neanche resa conto della neve. Annuisco, pensando sia un buon posto da cui iniziare la ricerca.

Rientriamo nel palazzo e scendiamo nel piano sotterraneo per prendere il Range Rover. L'Aston di David non c'è. Dio, fa che sia in ufficio. Ho bisogno di parlargli, di spiegarmi. Ma soprattutto di fargli capire che mi fido di lui, che capisco quanto si sia aperto con me.

Fuori nevica talmente tanto che faccio fatica a guardare fuori dal finestrino. Improvvisamente sento vibrare il cellulare nella borsa. Mi affretto ad aprirla e rispondo immediatamente.

"David!" dico, senza aver fatto caso al numero.

"Ehm no" sento una voce maschile dall'altra parte, "Anna, sono Julius".

Oh per carità, penso nella mia testa. Mi ci mancava pure lo sceneggiato spagnolo per iniziare bene la giornata. "Ciao Julius" rispondo con finto entusiasmo. "Scusami ma in questo momento sono un po' incasinata.." cerco di spiegargli ma vengo interrotta.

"No, certo, immagino ma... Sai, Mercedes è un po' che non mi risponde... Non vorrei che mi stia evitando" mi dice. No certo, come no. "Se tu potessi dirle di chiamarmi, mi faresti davvero un piacere".

"Julius, le dirò certamente che stai cercando di contattarla, ma credimi se ti dico che se non ti sta richiamando ci sarà un motivo", cerco di dire nel modo più gentile possibile, anche se il mio umore oggi non me lo permette. E lui non se lo merita neanche più di tanto. "Adesso ti devo lasciare" gli dico, "ti auguro una buona giornata", concludo prima di rimettere il cellulare nella borsa.

Procediamo a rilento, la neve sta bloccando tutto il traffico. Anche John, solitamente impassibile, impreca un paio di volte.

Riprendo il cellulare in mano e cerco di distrarmi leggendo le notizie della giornata. La maggior parte degli articoli sono di politica, e li salto volentieri. Scorrendo trovo anche notizie sul blocco dei giornali del New York Post. A quanto pare verso le due di questa notte c'è stato un blackout, dovuto alla bufera di neve che ha causato danni a due delle macchine di stampa.

Fidati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora