È l'una passata di notte e nell'appartamento risuona una musica delicata che proviene dallo stereo del living.
David e io siamo sdraiati sul letto, lui con indosso il pantalone di una tuta nera, e io la sua maglietta. Le lenzuola sono intrecciate tra le mie gambe, mentre David, leggermente appoggiato alla testiera del letto, mi sostiene.
Siamo qui da tutta la sera, da dopo aver fatto l'amore nella vasca. Sentire la commozione nella sua voce, nei suoi tocchi, mi ha estasiata in tutti i modi possibili.
Ci siamo subito spostati in camera da letto, dove insaziabili abbiamo esplorato ancora una volta i nostri corpi. Due corpi che sembrano conoscersi ormai così bene, ma che allo stesso tempo si scoprono ogni volta, regalando l'un latro emozioni sempre nuove.
Non abbiamo cenato, ma non ho sentito la fame. Anzi, finalmente ho avuto quello che da mesi cercavo. Un David completamente aperto con me, un David che mi ha emozionato, che mi ha fatto piangere e che mi ha anche fatto sciogliere.
"Sai, forse è stato un bene non sapere che eri incinta" mi aveva sdrammatizzato ad un certo punto.
"Perché?"
"Perché le mie manie di controllo si sarebbero moltiplicate" si era preso in giro e io mi ero messa a ridere. Non avrei potuto contraddirlo.
Con quegli occhi, stavolta lucidi, mi aveva raccontato di come si fosse sentito morire dopo che Drew gli aveva confessato che avevo perso il bambino. E piangendo gli avevo raccontato di come nell'istante prima di sapere di non averlo più in grembo, me lo ero già immaginato tra le sue braccia. Un bellissimo bambino, esattamente un mini David, in braccio a quello che sarebbe stato il suo papà.
Le lacrime mi erano scesa senza che io potessi fermarle. D'altronde non mi ero ancora presa un momento per metabolizzare il tutto. Quello che avevo cercato di fare, era stato cercare di proteggere David.
Ero rimasta ferma, per qualche istante ad accarezzarmi il ventre, come se potessi sentire ancora la presenza di qualcosa che non c'era più.
Lo stesso aveva fatto David, intrecciando le dita della sua mano nella mia.
"Sarai una madre perfetta, basterà aspettare il momento giusto" è l'ultima cosa che David mi dice, prima che le mie palpebre si chiudano. Mi addormento sul suo petto, pensando di essere stata una stupida a non avergliene parlato quand'era il momento.
Il dolore mi aveva paralizzata, e la paura di poter perdere anche lui, di sapere che avrebbe fatto qualche cazzata, mi aveva fatto prendere la decisione sbagliata.
Anche tu saresti un padre perfetto, un po' maniaco del controllo, ma comunque fantastico.
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Mi sveglio sentendo David discutere al telefono. Mi tiro su, appoggiando la schiena ai cuscini. Questa notte la cicatrice mi ha fatta dormire, niente pulsazioni e niente fitte. Grazie al cielo.
Prendo il cellulare dal comodino e mi accorgo che sono da poco passate le otto.
Pigramente mi alzo dal letto, infilandomi dei leggings neri abbandonati sulla poltrona.
Mi siedo sugli sgabelli, mentre lo osservo camminare per la stanza. Indossa la tuta da ginnastica, il che mi fa pensare che sia andato a correre.
Lo guardo male appena si gira nella mia direzione. Lo sa che è ancora presto per fare le sue corse mattutine, con la ferita che ha alla gamba.
Lui stacca un attimo il telefono dall'orecchio. "Lo sai che non c'è niente che possa tenermi fermo" mi fa l'occhiolino, prima di avvicinarsi e baciarmi delicatamente le labbra.
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Fidati di me
ChickLit[COMPLETA. IN REVISIONE] Anna arriva a New York delusa dalla vita, dall'amore e dall'amicizia. Insomma, deve ricostruirsi una nuova vita e dimenticare il passato. Qui incontra David: "Fidati di me", le dirà più volte. Ma farà bene a fidarsi? È giov...