63. 1980 (Parte III)

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| Estremo ritardo, lo so! 

Questi ultimi capitoli (ULTIMI, IO NON LO REALIZZO ANCORA!) sono davvero difficili da scrivere, sia per i contenuti che il mio cervello si rifiuta di accettare, sia per le tempistiche! Ma giuro che ci sto provando, voglio darvi il finale che meritate (anche se, onestamente, l'epilogo è la cosa che mi preoccupa meno, essendo già abbozzato da circa settordici mesi ahah)

Detto ciò, godetevi questo ennesimo capitolo montagna-russa (dovrebbe essere il mio soprannome, ormai) e, come sempre, lasciate commenti e stelline se vi va!

P.S. Buon Natale in ritardo, buone vacanze a chi studia e buon rientro a chi, come me, domani lavora e non ha ferie. Crescere fa schifo, fidatevi.



 Crescere fa schifo, fidatevi

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Settembre

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I mangiamorte non sono degli idioti, aveva detto un giorno Remus, prima di partire per l'ennesimo viaggio alla ricerca disperata di aiuti per quella maledetta guerra.

Forse alcuni, aveva aggiunto, ma non tutti.

Peter ricordava bene il momento in cui l'amico aveva detto quelle parole, non molto tempo prima. Seduti sparpagliati nel portico di casa dei Potter, il cottage di Godric's Hollow, qualche Burrobirra tra le mani e il leggero venticello a sollevarli dal tepore estivo, Remus aveva abbandonato per qualche ora l'aria di serietà che da sempre lo distingueva, rilassandosi tra gli amici finalmente ritrovati e i dolci gorgoglii di sottofondo di Harry e Neville, finalmente vicini.

Era stata una situazione strana, per Peter, e, onestamente, ancora faticava a credere che due dei suoi amici più stretti fossero appena divenuti genitori. Gli sembravano passati appena pochi mesi dalla fine di Hogwarts, eppure... eppure loro erano diventati improvvisamente adulti.

Aveva lasciato vagare la mente addolcita dall'alcol sui volti di tutti i presenti.

C'erano le due Amelia, a pochi metri da lui, sedute vicine a terra, legate da tutto il dolore che avevano dovuto sopportare, strette in un'amicizia basata sul supporto l'una del pianto dell'altra. La Bones con il solito aspetto angelico, seduta composta a terra, la Olsen accanto, la schiena poggiata alla colonna del portico e le gambe allungate su quelle di Sirius. 

E ancora Sirius, che con il nuovo taglio era parso improvvisamente più giovane, ma che non riusciva mai a mascherare quella perenne aria di preoccupazione che l'avvolgeva da mesi, soprattutto nel guardare la ragazza al proprio fianco. Marlene, che apparentemente sembrava essersi quasi ripresa dal tremendo lutto che l'aveva colpita. Apparentemente, appunto, perché tutti loro, in fondo, sapevano quanto ancora non lo avesse davvero affrontato e accettato, quanto ancora urlasse nel sonno il nome del fratello, quanto ancora non riuscisse ad avvicinarsi alla propria famiglia, preda di inutili sensi di colpa. 

Hurts Like Hell | JilyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora