4. Poppy, l'ha reso cieco.

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Hogwarts, 17 Maggio 1976 (sesto anno).

Il sole di Maggio sbatteva prepotente contro le finestre ancora chiuse dei dormitori Grifondoro del sesto anno. Le cinque ragazze dormivano ormai tranquille, le coperte leggere a nascondere i pigiami più corti, complice l'aria calda che aveva iniziato a girare per il castello già da qualche giorno. Il suono della sveglia interruppe l'idillio del sonno, costringendole a mugugnare e a pregare in qualche altro minuto di pace prima delle solite lezioni giornaliere. Lily spalancò gli occhi, assonnata ma già vispa, si stiracchiò e si alzò velocemente, chiudendosi nel bagno e lavandosi la faccia con acqua fredda. Si fissò attentamente allo specchio, rabbrividendo nel vedere la sua stessa faccia: i capelli erano scompigliati come tutte le mattine, ma le profonde occhiaie che le circoscrivevano gli occhi verdi non lasciavano dubbi sulle poche ore di sonno che era riuscita a concedersi quella notte. La pelle del viso era ingrigita, ancora più pallida degli altri giorni, le labbra avevano un sottotono violaceo e persino gli occhi le sembravano più cupi, meno verdi. Sospirò, afferrando il mascara e cercando di rendersi più viva con un velo di blush sulle guance. Le tempie le pulsavano in maniera dolorosa, le sembrava quasi che le orecchie fischiassero senza sosta. Si costrinse a reprimere la voglia di rimettersi a letto, svegliò velocemente Marlene e scese diretta alla Sala Grande per la colazione. Arrivata al primo piano, si bloccò.

Alla sua sinistra, il corridoio desolato; davanti a sé le scale per scendere nell'atrio. Lily si fece coraggio e, nel silenzio totale del corridoio, svoltò a sinistra, arrivando fin davanti alla grande porta dell'infermeria. Abbassò piano la maniglia, cercando di non fare rumore, e buttò la testa dentro. La stanza era quasi deserta. Su un lettino sulla destra, appena davanti all'ingresso, russava tranquillo un ragazzo di Tassorosso, probabilmente del terzo o quarto anno. Lily entrò cercando di non fare rumore, sentendo il tintinnio di vetri che sbattono provenire dal piccolo studio dell'infermiera. Scivolò piano davanti alla porta di Madama Chips, tentando di non farsi vedere, e superò il ragazzo di Tassorosso diretta verso il fondo della stanza. Sul penultimo letto, coperto alla vista di occhi indiscreti da una tenda bianca, giaceva immobile James Potter.

Lily non ricordava di averlo mai visto più pallido di così. La pelle era talmente bianca da sembrare trasparente. Sotto agli occhi chiusi, immobili, si erano scavati due profondi solchi violacei, a dargli un'aria quasi cadaverica. Sulle braccia muscolose si intravedevano le vene e i capillari, che spiccavano sul bianco dell'epidermide. I capelli neri erano più scompigliati del solito, sparsi in maniera confusa sul cuscino. Sul comodino i professori avevano posato ordinatamente gli occhiali tondi e la bacchetta, inutilizzati. Lily ebbe un fremito, vedendolo così. Perché sì, in fin dei conti non lo sopportava, la torturava a suon di inviti e cercava ogni giorno di disturbarla in qualsiasi modo esistente. Il loro rapporto conflittuale era ormai noto a chiunque risiedesse nel castello, Pix e fantasmi inclusi, e nei momenti peggiori le loro litigate si erano sicuramente sentite sin dal vicino paesino di Hogsmeade, poteva scommetterci. Lo considerava, senza alcun dubbio, un arrogante presuntuoso immaturo, un bambino nel corpo di un sedicenne, un fastidiosissimo punto fisso nella sua vita.

Ma c'era una cosa che di lui aveva segretamente sempre invidiato: la vita. E no, Lily non invidiava il denaro, il sangue puro o la nobiltà. Non invidiava le amicizie, molte comuni alle sue, né la vita amorosa che si vantava tanto di avere. Invidiava la vita che James Potter sembrava sprigionare in ogni momento. Invidiava quella luce che portava sempre in qualunque posto entrasse, come se tutto si illuminasse al suo passaggio. Invidiava la risata sempre pronta, il sorriso perennemente stampato su quella faccia da schiaffi, il suo contagiare chiunque gli fosse intorno con il suo buonumore. James Potter... beh, era vita. E Lily, nonostante tutto, questo non poteva proprio negarlo. Fu forse per questo motivo che vedendolo lì, immobile quasi fosse morto, si sentì persa per un secondo. Come se quella fastidiosa costante nella sua vita fosse stata messa in discussione, come se, per un attimo, fosse sparita. Come se fosse morto davvero.

Hurts Like Hell | JilyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora