9. Due chiacchiere, diciamo così

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| Ciao a tutti e ben trovati! Ecco il nuovo capitolo, dove nella prima parte si affronterà una situazione che viene affrontata quasi sempre nelle Jily, che io trovo essenziale! Spero di non averla resa banale e scontata :) Ho anche iniziato ad approfondire un personaggio che, personalmente, amo (ma lo scoprirete meglio pian piano). 
Come sempre, lasciate una stellina e un commento, aiuta tantissimo!


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"Posso?"

Remus girò svelto lo sguardo verso il separé bianco dell'infermeria, da dove spuntava la testa rossa di Lily. Ingoiò la saliva a vuoto, spostando lo sguardo imbarazzato verso le mani, bendate per i graffi in guarigione. Era coperto in gran parte da una spessa coperta bianca, ma sapeva di essere graffiato anche sul volto e sulle braccia nude. Era abituato a non ricevere visite, eccetto i Malandrini, il giorno dopo la Luna piena, quando Madama Chips lo aiutava a guarire le ferite più superficiali e a lasciare che rimanessero solo pallide cicatrici per quelle più profonde. Mai nessuno era giunto al suo capezzale in sette anni, mai nessuno aveva potuto vedere lo stato in cui si trovava. Remus impallidì, il respiro più affannato, la consapevolezza a ingoiare la calma che lo aveva sempre contraddistinto. Doveva capire come mentirle, come giustificare quello stato pietoso in cui si trovava.

"Lily... io, ecco, ho..."

"Rem, lo so" sussurrò lei.

Il ragazzo spalancò gli occhi, bassi verso il lenzuolo, il volto rosso e imbarazzato. Non sapeva cosa inventare, come cavarsela, come evitare che tutta quella storia lo divorasse come un lupo con la sua preda. Non era pronto a quello, non era pronto a parlare, a spiegare, a giustificare.

Iniziò a sentire l'aria farsi più pesante. Un rumore sordo gli batteva a ritmo nella testa, come se qualcuno stesse martellando i suoi padiglioni auricolari. Sentì lo stomaco stringersi, lasciandogli una sensazione di nausea profonda, che gli fece quasi salire un conato di riflesso. La vista si offuscò, come se il mondo accanto a sé avesse deciso all'improvviso di abbandonarlo, esattamente come avrebbe fatto lei di lì a poco.

Quasi non percepì neanche l'amica muoversi al suo fianco, finché le mani pallide della ragazza non arrivarono a stringergli le guance, costringendolo ad alzare lo sguardo. Remus tremò visivamente e si maledì quando percepì gli occhi pizzicare, diventare lucidi dalla paura e dal disgusto verso se stesso.

"Lily io non..." cercò di parlare, la voce instabile e il respiro affrettato.

"Rem, non mi interessa. Lo so da anni" il tono della ragazza era dolce, quieto. Gli stringeva leggermente il viso tra le mani, disegnando piccoli cerchi sulle guance graffiate, delicata come il fiore di cui portava il nome. Lo stava calmando, interrompendo quel principio di panico che aveva percepito nel tremolio delle palpebre, nella voce roca e imbarazzata, nel volto ancora più pallido del quotidiano. Lily sorrise, delicata e rispettosa come sapeva essere solo lei, gli occhi velati di commozione, verdi come smeraldi puri. Remus alzò finalmente lo sguardo, piantandolo nel suo. Ci lesse comprensione, tenerezza, sostegno. Lily prese un respiro profondo, senza mai staccare lo sguardo dal suo. Remus la imitò quasi di istinto. Una volta, due, tre. Minuti dopo, il respiro era finalmente tornato regolare, il martello si era ammutolito, lo stomaco si era rilassato e il mondo aveva smesso di essere distante e ovattato. Solo allora, quando notò con una certa soddisfazione che tutto era tornato normale, Lily lasciò le guance dell'amico, sedendogli vicino e prendendogli una mano tra le sue.

Hurts Like Hell | JilyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora