Capitolo 33

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L'uomo, crea tutte quelle condizioni pessime che vive da solo; cercando di dare un significato alle cose che vivono al di fuori di lui.

Ed era esattamente ciò che stava facendo Ares.

Dopo quelle parole di Rachele, urlate per la tromba delle scale del palazzo di lui, gli erano rimaste in mente per giorni.
Si era isolato, di nuovo. Perché Ares, faceva sempre così, quando aveva un problema con se stesso, preferiva rimanere solo: il tempo lo avrebbe guarito.

<<Ei mi pequeño Ares, ¿te comes conmigo o sales esta noche? [Ei mio piccolo Ares, mangi con me o esci stasera?]>> chiese Antonella appoggiandosi allo stipite della porta della sua camera.

Ares quel giorno non aveva voluto vedere nessuno, tanto che aveva preferito fare gli esercizi della scheda della palestra a casa, in salone.
E ora stava mezzo sdraiato sul letto, intento a leggere 1984 di George Orwell.

<<Voy a comer contigo mamá, no salgo [Mangerò con te mamma, non esco]>>
<<¿Todo bien? [Tutto bene?]>> chiese lei sedendosi sul bordo del letto.
<<Sí, no te preocupes [Sì, non ti preoccupare]>>
<<Entonces, ¿me harías la amabilidad de ir a comprarme los huevos? Porque los he terminado. [Allora, mi faresti la gentilezza di  andarmi a comprare le uova? Perché le ho finite.]>>

Antonella aveva capito alla perfezione che c'era qualcosa che non andava, che aveva ricominciato ad isolarsi e a preferire a non uscire.
Erano quattro giorni che lo vedeva solo in casa, passava dallo studio per lavorare, alla cucina per pranzare o cenare, seguiva poi il salone per fare le serie di esercizi con i pesi, fino alla sua camera, in cui passava tutta la sera rintanato lì.

La conferma, che ci fosse qualcosa che non andava la ebbe con l'incontro di Mariella davanti casa sua.
La fermò e le chiese:  << Ma il mio piccolo Moro sta bene? Sono quattro giorni che non lo vedo...>>, il viso della signora Mariella era al dir poco preoccupato, perché conosceva anche lei quei periodi bui di Ares.

<<Pero en realidad estaba leyendo...[Ma in realtà stavo leggendo...]>> rispose Ares chiudendo il libro e poggiandoselo sulle sue gambe distese.
<<Ares, no era una invitación, era una obligación. Necesito huevos, y no tengo ganas de salir sola a esta hora. [Ares, non era un invito, era un obbligo. Mi servono le uova, ed io non me la sento ad uscire sola a quest'ora.]>> stava mentendo spudoratamente, ma avrebbe preferito passare per una stronza in quel momento, che vedere suo figlio stare di nuovo così inerme.
<<Está bien, me cambio y salgo [Va bene, mi cambio ed esco]>>.

                  

Tra gli scaffali delle uova, intento a leggere la data di scadenza sulle confezioni, sentì tirare la sua giacca verso il basso, confuso spostò lo sguardo ai suoi piedi e notò un bambino dagli occhi scuri e i capelli lunghi del medesimo colore.
Rimase ad osservarlo sconcertato, perché sembrava esattamente lui da piccolo.
<<Ho perso la mia nonna.>> disse il bambino, Ares si abbassò alla sua altezza e gli carezzò la guancia paffuta rossa, <<come ti chiami?>> <<Achille>> <<Achille, sei un bambino molto coraggioso sai? Vieni andiamo a cercare la tua nonna>> disse infine rialzandosi e prendendolo per mano.
Iniziarono a girovagare per tutti gli scaffali, <<come ti chiami?>> chiese il bambino osservandolo, <<Ares>> <<come il dio della guerra dei greci?>>, Ares gli sorrise:<<sì, tu come lo sai?>> <<mia nonna ha i cd del cartone animato Pollon e me lo fa sempre vedere>> rispose il bambino sorridendogli.
<<Invece la mia nonna aveva libri contenenti le storie di quadri famosi, e me li leggeva sempre>> disse Ares rimembrando i tempi felici.

Le mancava terribilmente sua nonna, quelle estati passate nella casa in campagna, sommersi dal verde, con sua nonna che gli preparava dolci alla frutta e che gli descriveva tutti i quadri che erano appesi ai muri della casa.
Quante volte ha pianto, riso o dormito sul petto della dolce Gabriella.
Amava sentire quell'odore di buono, di amore e tranquillità che indossava sua nonna. Amava vedere gli occhi neri di sua nonna che si illuminavano nel raccontare le storie che si celavano dietro i dipinti. Amava toccare i lunghi capelli biondi di sua nonna, che con il sole estivo si schiarivano ancora di più. E infine amava gli abbracci e i baci delicati che la dolce Gabriella gli lasciava sulla fronte o sulle gote.

<<Achille, tu ami la tua nonna?>> chiese Ares piegandosi con le gambe per raggiungere l'altezza del bambino, <<sì, tanto>> rispose il bambino giocando con entrambe le sue mani, <<perché ti sei allontanato?>> <<perché volevo tornare a vedere le aragoste nell'acquario>> rispose guardando il pavimento, <<ei guardami piccolo Achille -disse poggiando due dita sotto il mento del bambino- io penso che tu sia un bambino intelligente giusto? -il bambino annuì- E non hai pensato che tua nonna potesse preoccuparsi?>> <<no...volevo solo guardare le aragoste...scusami Ares>> rispose guardando Ares negli occhi, <<non devi scusarti con me, ma con la tua nonna che ora starà morendo di paura. Sai cosa facciamo? Andiamo alla cassa e faremo un annuncio al microfono insieme, che ne dici?>> chiese sorridendo al piccolo Achille. <<Sì! Voglio parlare io al microfono!>> rispose eccitato il piccolo dagli occhi neri.
Ares a quel punto lo prese in braccio, e si diressero alla cassa.
Una volta giunti lì, Ares parlò con una commessa, le spiegò la situazione e il piccolo Achille riuscì a parlare al microfono.

Mentre attendevano l'arrivo della nonna, Ares e Achille erano seduti uno accanto all'altra su delle sedie che stavano al box che si trovava all'entrata del supermercato.
<<Come mai hai gli occhi tristi?>> chiese Achille osservando il suo nuovo amico.
<<A volte le persone sono cattive, mio piccolo Achille>> rispose toccandogli i capelli, <<ti hanno offeso?>> <<sì...>> <<perché non fai finta di non ascoltarli? Io faccio così quando la nonna mi sgrida>>, Ares sorrise di cuore, perché faceva la stessa cosa anche lui con sua nonna.
<<Magari fosse così facile, ma ci proverò, grazie piccolo>> gli disse dandogli un buffetto sul naso.

<<Achille! Eccoti!>> urlò una donna anziana correndo incontro al bambino. <<Nonna!>> disse Achille tuffandosi tra le braccia della donna.
<<Grazie mille, sul serio...non so come ringraziarti>> disse la signora anziana stringendo la mano ad Ares.
<<Nonna, lui è il mio nuovo amico Ares>> <<siete amici ora?>> chiese la nonna tenendo stretto tra le sue braccia suo nipote.
<<Sì, il piccolo Achille è un bambino molto coraggioso>> <<grazie Ares, te ne sono debitrice, mi piacerebbe molto averti un pomeriggio a casa o se vuoi offrirti una cena>> propose la signora, <<verrei molto volentieri>>.
Così si scambiarono i numeri di telefono.
<<Bene, io devo ancora comprare le uova, dunque torno dentro, è stato un piacere -disse stringendo la mano alla signora- , ci si vede presto mio piccolo Achille.>> disse facendogli una carezza sulla guancia.
<<Ares, spero di diventare come te da grande>> rispose Achille sorridendo.

No Achille, ti auguro di non diventare un uomo perso nella sua mente, che non riconosce sé stesso.


Parcheggiò la sua audi a1 sotto il palazzo.
Era passata un'ora e mezza da quando era uscito.
Scese dal veicolo e si poggiò su essa, tirò fuori dalla tasca della sua giacca un pacchetto di Winston Blue, tirò fuori una sigaretta e se l'accese.

Mentre aspirava quel nettare nero, osservava la luna.
La sua diosa, avrebbe sicuramente amato la luna quella sera, piena e splendente.

***
Venere era appena uscita dal palazzo di Anna, salì sulla macchina del padre e partirono per tornare a casa.
Passando tra le vie dei palazzi, Venere notò una figura maschile, vestita completamente di nero, che fumava.

Era lui.

Poteva riconoscerlo ovunque, era il suo bellissimo Ares, che mentre fumava, poggiato ad una macchina, guardava la luna piena, che solo ora la bella Venere, notò come fosse splendente.

Ma il suo sguardò tornò ad Ares. Erano quattro giorni che non lo vedeva e non lo sentiva.
E per qualche strano motivo le era mancato.










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Buon inizio di settimana a tutti/e.
Ci voleva il piccolo Achille a far tornare il sorriso ad Ares

A presto, Giulietta

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