Capitolo 43

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Venere stava riposando, come del resto stava facendo da due giorni di fila. Era diventato come un meccanismo di difesa. Dormiva, così non ripercorreva con la mente l'immagine di Matteo sopra di sé e dei vaghi ricordi dell'ospedale.

Quando Maya e quei due ragazzi, la portarono al primo ospedale più vicino alla villa, l'infermiere le assegnò il codice "triage", a Venere venne chiesto di fornire i suoi dati e informazioni dettagliate sull'aggressione, poiché quest'ultime furono incluse nel fascicolo ospedaliero. I medici raccolsero prove fotografiche delle ferite, dato che aveva la guancia rossa, tendente al viola; lividi sui polsi, poiché trattenuti con forza da Matteo, che le procurò anche morsi all'interno coscia. Presero anche i suoi capi d'abbigliamento e altri oggetti contenenti prove biologiche.

Seguirono prelievi del sangue, test di gravidanza, esami tossicologici, test per infezioni sessualmente trasmissibili e HIV, prelievo del DNA e di campioni biologici.

Potrebbero anche essere prescritti antibiotici, vaccini e pillola del giorno dopo, ma nel caso di Venere, non servirono, poiché l'atto sessuale non era avvenuto.

Una volta dimessa dall'ospedale, le venne dato una copia del fascicolo ospedaliero e della relazione medica. Secondo la legge italiana il fascicolo ospedaliero deve contenere informazioni rilevanti per il caso giudiziario che potrebbe avere luogo. Ciò costituirà una parte importante del rapporto alla polizia, se Venere decidesse di denunciare l'aggressione. E inseguito si dovrà aspettare, forse ci vorranno uno, due anni che il caso arrivi in tribunale.

Per questo, ora, non le è rimasto che dormire, e dormire, e dormire.

E Ares, alternava momenti di riposo a casa sua, a momenti a casa di Venere, a controllare che stesse sempre bene, che respirasse, che mangiasse, che sorridesse, che piangesse, che andasse al bagno, che abbracciasse o baciasse qualcuno. Insomma, controllava che fosse viva.

Stava lì seduto, alla scrivania di Venere e lavorava, si era portato i documenti e il computer con sé, così aveva tutto il necessario.

Ogni tanto la guardava, perso nella sua mente, pensava come sarebbero andate le cose, se fosse rimasto lì a Roma con lei, se non fosse andato in Spagna, da suo padre e Soledad.

E pensava anche a cosa suo padre volesse dirgli di così preoccupante.

Che avesse una malattia? Che avesse dei problemi bancari? Che avesse una nuova donna nella sua vita e quindi anche una nuova famiglia? No, l'ultima domanda Ares si rifiutava anche solo a pensarla, suo padre non farebbe mai una cosa del genere.

<<Buongiorno Ares, ho preparato il caffè, ne vuoi un pochino?>> chiese Maria, la madre di Venere, aprendo il portone e ritrovandosi il giovane, anche quella mattina lì a casa sua per la sua bellissima figlia.

<<Buongiorno Maria, grazie mille, ma l'ho già preso con mia madre>> rispose Ares entrando all'interno della casa.

<<Venere sta dormendo, non ne vuole sapere di uscire, ti prego aiutami.>>

<<Forse ho io un'idea>>

<<Mi affido a te, falle tornare il sorriso di una volta...mi manca mia figlia.>> disse Maria con tono triste, Ares a quel punto si sedette accanto alla donna sul divano, le prese una mano nella sua e le disse :<< Una settimana fa sua figlia mi ha lasciato tornare in Spagna, a casa mia a Malaga, perché aveva detto che mi aveva visto star male. Mi promise che non mi avrebbe cercato per tutto il tempo che sarei rimasto lì, perché dovevo imparare a stare meglio, a "guarire" e così le dissi che l'avrei cercata io una volta pronto a tornare. Due giorni fa, io avevo iniziato a preparare la valigia perché quella sera stessa avevo avuto la conferma che volevo tornare a Roma per lei. Solo per lei. Ed è quello che è successo effettivamente, ma non sarei mai voluto tornare per questo motivo, e mi fa male tutto ciò. Veramente tanto. Ma sono qui perché io ho bisogno di sua figlia , di vederla felice e spero che anche Venere senta il bisogno di avermi al suo fianco, perché al momento è quello che voglio io. >>
Maria gli sorrise con tutto il cuore.
<<Salvala Ares. Salvala.>> disse infine alzandosi dal divano e lasciando solo il giovane innamorato.

Così, come del resto due giorni di fila, si recò in camera di Venere, la trovò che dormiva beata su un fianco, volta verso la finestra. Probabilmente sì era addormentata guardando la luna, e sua madre le ha chiuso le tapparelle inseguito.
Si sistemò sulla scrivania, accese la lampada a luce fioca e poi si mise a controllare certi documenti sul computer.

<<Sei di nuovo qui.>>

Lui si voltò verso la fonte del suo sorriso.

<<Non ti libererai di me facilmente mi hermosa diosa.>>

Venere sorrise.

<<Lasciami stare Ares, sul serio, so cavarmela da sola.>>

<<Nessuno si è mai salvato solo.>>

<<Beh, a quanto pare io sì, e svariate volte.>>

<<Io ti giuro non so come riesci a sopportare tutto ciò. Però tu sei la donna più forte del mondo, non si spiega tutto ciò sennò.>>

<<Non lo sopporto, ma faccio finta che vada tutto bene>> disse mettendosi seduta sul letto.

<<Ares, mi duole dirlo ma è tutta finzione>>

<<No. Non lo é e non lo sarà mai.
Tu sei cresciuta potente e forte apposta per sopportare tutto ciò.
Può essere quanto vuoi una finzione, ma se almeno in me, e non credo solo a me,hai creato questa situazione di pace e sicurezza vuol dire che ce l'hai fatta. >> rispose lui sorridendole.

Qualcuno suonò alla porta.

<<Vado io.>>disse Ares allontanandosi.

Tornò con un mazzo di fiori in mano, erano tre rose rosse.
Venere sorrise, <<Ares, non dovevi>>, egli non rispose, aveva una strana espressione sul volto.
Ares le porse i fiori, e lei li prese e notò che c'era un biglietto:

Per Venere Morelli

Tre rose, per i tre baci senza consenso che ti ho dato sul corpo.
Perdonami, non volevo assolutamente che accadesse ciò.

Matteo Marconi

Strappò in due pezzi il biglietto, si alzò dal letto e si diresse in cucina.
Ares la seguì a ruota, e vide come lei continuava ad osservare il secchio dell'immondizia con il mazzo di fiori in mano.
<< Non sai quanto io sia tentata di buttarli solo perché me li ha regalati quel grandissimo stronzo.>>, Ares si avvicinò a lei, <<sono pur sempre dei fiori e non vanno sprecati. Non li buttare Venere>>, lei si voltò verso il suo bellissimo dio della guerra :<<Infatti glieli ridiamo indietro.>> disse prima di chiudersi in bagno.

Venere si lavò e si tolse finalmente il pigiama.
Ares nel mentre la stava aspettando in salone, seduto sul divano.

<<Sono pronta. Andiamo a fare questa spedizione.>> disse lei con tono arrabbiato.

Presero la macchina e Ares la condusse sotto il palazzo di Matteo.
Venere poggiò le tre rose lì, davanti il portone e poi lasciò un biglietto.

Per Matteo Marconi

Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo.
Tre vaffanculo per i tre baci e lividi lasciati sul mio corpo senza consenso.
Sei un mostro.

Venere Morelli.

Dopodiché Venere suonò al citofono, e prima di voltarsi e allontanarsi dai fiori fece il dito medio al portone.
<<Ti odio. Spero tu rimanga solo per tutta la tua misera vita.>>

Si girò verso Ares, <<ora andiamo a fare colazione al bar. Voglio il mio ginseng.>>

Ares osservò tutta la scena con un sorriso soddisfatto.
Perché per quanto non voleva ammetterlo, Venere era davvero una donna molto forte.
Era la sua super donna.









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Buon fine di settimana a tutti/e!
Venere versione incazzata nera mi piace molto, voi?

A presto, Giulietta.

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