Capitolo 6

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Venere scansò Ares, e infastidita raggiunse la portafinestra che dava sul suo balconcino.

<<Non voglio rispondere>> <<Ares...è la tua ragazza. Devi rispondere. >>

Premette il tasto verde.

<<Ei amore>> il cuore di Venere si spezzò in due.

<<Sí, la cena ha ido bien, también hemos encontrado a los que nos alquilarán el cobertizo ... sí, ahora estoy en mi casa... yo también te quiero ... buenas noches>> Ares riattaccò e si avvicinò a Venere. Poggiò la testa sulla sua spalla, e si accorse che la sua dea dell'amore guardava la luna. Ma Venere se ne andò infastidita dalla presenza di egli e si richiuse nella sua camera da letto.

Ares si avvicinò alla porta chiusa e sentì Venere singhiozzare. Avvicinò la mano alla maniglia, ma decise di non aprire la porta. Non sapeva cosa dirle, infondo aveva tutto il diritto di essere arrabbiata con lui.

Probabilmente egli, conoscendosi, se fosse stato al posto di Venere, per via del suo carattere irruento avrebbe fatto anche di peggio.

Così decise di uscire fuori al balcone, poggiò i gomiti sul corrimano e guardò Roma sotto di sé. La capitale si stava svegliando per la sua vita notturna.

Le strade erano popolate di risate di giovani di massimo ventiquattro/venticinque anni.

Probabilmente si dirigevano verso il loro "baretto" preferito per parlare e bere qualcosa, oppure sarebbero andati ad Ostia e passare la serata in una discoteca al mare.

Roma era magica, era romantica ma allo stesso tempo cruenta, bellissima ma danneggiata. Libera ma sottomessa.

E forse Ares si sentiva proprio così, in aporia.

Eppure era strano perché Ares, è sempre stato un ragazzo determinato, che ha sempre saputo cosa voleva nella vita, e che combatteva per raggiungere il proprio obiettivo. Non si fermava davanti a nessun ostacolo.

Però non combattè per Venere. Quando si trattava della sua Afrodite non comprendeva più nulla, diventava fragile e insicuro.

Forse questi sentimenti erano dettati dall'amore, oppure sarebbe stato più semplice pensare che in realtà non fosse mai stato interessato sentimentalmente alla sua dea. Ma Ares sapeva che in realtà aveva solo una forte paura di essere rifiutato proprio da lei, la ragazza per cui provava emozioni contrastanti, che la desiderava sia come amica sia come amante.

Probabilmente più come amante.

<<Mi hermosa y melancólica dulce Venus, ¿qué me estás haciendo?>> sospirò guardando la luna, unica testimone del loro amore.

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Perché loro si sono amati solo di notte, di giorno erano perfetti amici di fronte a tutti gli altri.

Ma quando il sole calava, i loro sentimenti prendevano il sopravvento.

Fu in una calda notte di Luglio, che Venere perse la verginità proprio con il suo amato Marte.

Si trovavano a Terracina, in una piccola casetta affittata dalla famiglia di Ares.

Quella sera egli compiva ventidue anni. A fine serata tutti andarono via, tranne lei.

Lo aiutò a ripulire, finché esausti non si sedettero sul divano in salotto al buio, con la sole luce della luna che risplendeva nella stanza.

<<Credo sia arrivato il momento di darti il mio regalo>> annunciò Venere entusiasta. E corse nella camera da letto di Ares a prendere il suo pacchetto color blu notte.

Sorridente tornò da Ares si inginocchiò e gli porse il suo regalo, <<buon compleanno Ares>>, aprì il regalo e trovò un crocifisso d'oro.

<<Ho notato che quello che indossi ora è rovinato, così ho deciso di regalartene uno nuovo>> disse con imbarazzo. Ares rimase piacevolmente colpito, non seppe cosa rispondere e così fece l'unica cosa gli venne spontanea, ovvero si protese verso Venere e le diede un bacio sulle sue labbra rosse.

Venere rimase stordita, ma...le era piaciuto così tanto che decise di afferrargli il viso con entrambe le mani e ricambiare il bacio.

Ma questa volta non fu solo a stampo, ma intenso.

Approfondirono l'incontro delle loro labbra, che sembrava che si conoscessero da sempre.

Come se si fossero ritrovate. Perché alla fine come narra Platone all'interno del Simposio, loro due erano l'esatta metà della mela.

Secondo lo spirito greco, il desiderio di unirci con un altro essere è la conseguenza di un fatto, ovvero gli uomini all'inizio erano creature perfette. Erano androgeni.

Un tempo l'uomo e la donna erano una cosa sola, perfetti e bellissimi ma, Zeus, invidioso, li divise in due e li destinò a cercarsi per tutta la vita. Trovando l'una e l'altra avrebbero trovato l'antica perfezione perduta. Al principio infatti, esistevano tre generi di esserii viventi: il maschio, la femmina e l'ermafrodito. Quest'ultimo incarnava entrambi i sessi ma con le forme e le rotondità degli elementi universali del Sole, da cui sarebbe nato l'uomo, la Terra da cui sarebbe nata la donna e il genere ermafrodita che li accomunava avrebbe avuto origine dalla Luna. Quattro mani, quattro gambe, quattro orecchie, due organi genitali, essere uniformi su un collo perfettamente rotondo e di questa perfezione che dava loro forza e vigore, agli Dei incuteva sospetto e timore.

Ciascuna delle due parti tagliate vivrà la sua esistenza nella ricerca smaniosa dell'altra metà, la quale ricerca, secondo il mito, avrebbe come filo conduttore il senso dell'amore. Poiché manchevoli dell'altro io.





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Vi auguro di trovare la vostra metà.


A presto, Giulietta.

Noi, vinti dall'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora