Capitolo 42 (IX). Il fidanzamento

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«Perché non conosco nessuno Marco», aveva detto porgendo il vassoio con i cestini a uno dei ragazzi per portarlo fuori; si era poi riavvicinata a Franco per aprire la seconda scatola, «ho già salutato i tuoi suoceri, ho fatto due parole con i custodi, Ilaria l'ho vista stamattina, altri non li conosco, un poco Andrea e suo papà, poi li saluto, ma altri no, i nonni materni di Anna sono fin troppo eleganti, mi vergogno ad andare vicino a loro, fammi stare qui, ti prego.»

Nel mentre il fattorino dell'agenzia di catering era giunto in cucina; «salve, ci sono i primi; dove li posso portare?», spingeva un carrello con sopra due bauletti foderati di isolante. «Venga con me», Franco lo aveva portato nel retro cucina dove c'era un'ampia dispensa e dove si stava accumulando tutto il pranzo, cibi e bevande. 

«Vedi Marco... Franco ha da fare», le aveva detto la mamma, mentre disponeva su un altro vassoio il carpaccio di salmone, «io sto qui per lui.» 

«Franco ha gli aiutanti mamma... e non dire che sono pochi: se ce ne fossero stati il doppio tu saresti stata qui lo stesso, ti conosco», si era alzato, le era andato vicino, «mamma, fermati un attimo», le aveva detto ponendo le mani sulle sue spalle e girandola verso di sé, «guardami, sono io. . . tuo figlio, non sono "il padrone"; anche se sposo Anna e divento in un certo senso il superiore di Franco non ti devi sentire inferiore a me perché sei la compagna del cameriere. Sei sempre mia mamma! Lo capisci?» 

«Ma. . .», Irene aveva guardato in basso, «Marco. . . io. . . non sono di questa gente, anche se non fossi la compagna di Franco avrei imbarazzo e starei in un angolo, da sola, non è soltanto per lui, lo sai? Franco caro. . . diglielo tu», nel frattempo Franco era ritornato dal retro e il fattorino era andato con il carrello vuoto a prendere altre pietanze dal furgoncino parcheggiato. «Che c'è Irene? Cosa devo dire a Marco? Pensi che non lo sappia?», le aveva detto andandole vicino, l'aveva vista triste e aveva capito il motivo: «perché non vai fuori con gli altri? Faresti contento tuo figlio! Marco,», si era poi rivolto a lui, «non ti credere: non sono io che la trattengo; è da tutta la mattina che glielo dico, ma. . . non vuole. Irene. . . davvero qui io. . .», per tutta risposta Irene si era abbracciata al compagno, «Franco, fammi stare qui con te, non mandarmi fuori, non tu», lo aveva interrotto, dandogli una carezza, e un bacio veloce sulla guancia, «non dire altro. Marco. . . non è lui, sappilo, che mi trattiene. Sono io.»

«Mamma, ma. . . è anche la tua festa! Non è solo la mia, un conto era la laurea. . . posso capire, in parte, ma il fidanzamento no!», Marco si sentiva male, come se si fosse reso conto in quel momento che la scelta di fidanzarsi con Anna stesse creando una frattura non solo tra lui e Ilaria ma tra lui e sua mamma. «Pensa a cosa accadrebbe se i genitori di Anna se ne stessero chiusi nel salottino oggi che Anna si fidanza! Ci rimarrebbe male Anna. . . non trovi?»

«Oh, beh. . . Marco. . . non è la stessa cosa!», Irene aveva di nuovo ripreso a disporre il carpaccio sul vassoio: non aveva frequentato un alberghiero, ma anni di servizio in sala le avevano dato una mano molto sicura, ogni fetta veniva disposta con cura, senza una grinza, gli sorrise: «non puoi confrontarmi con il signor Luigi e la signora Sara. I genitori di Anna certo che stanno fuori, ma è diverso: loro sono i padroni qui, Marco, non lo dimenticare. . . io. . . no, non è posto mio, sarà il posto tuo, però, perché, sposandola, farai parte della loro famiglia.» 

«Oh, Signore benedetto!», Marco si era reso conto che quando voleva sua mamma era ancora più testona di sua sorella, il che non era un bel primato: «mamma, anche tu farai parte di questa famiglia! Lo vuoi capire che se io sposerò Anna è anche perché Sara e Luigi hanno accettato te? Che sanno benissimo da dove vengo, che mestiere fai, quali sono le tue origini? Le hanno sapute fin dal primo giorno!»

Marco aveva poggiato i pugni sul tavolo, impotente; non sapeva come fare: gli sembrava di fidanzarsi, non solo senza un papà, ma senza mamma e questo non gli piaceva; «non dirmi che farai così anche al matrimonio! Che mi lascerai da solo», le aveva detto triste, gli era venuto da piangere, Irene si era resa conto che il suo comportamento rendeva triste il figlio, aveva interrotto il lavoro ed era andata ad abbracciarlo: «Marco... non sei senza mamma! Quando mai lo sei stato? Se tu non mi avessi avuta dove saresti adesso?» 

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora