Capitolo 51 (V). La caduta

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Marco era già sul treno per Roma da circa quaranta minuti quando Anna lo chiamò da casa:

«Gattino, senti. . . dove sei?»

«Sono appena partito da Sestri Levante micia.»

«Oh, no! Qual è la prossima fermata? La Spezia vero?»

«Sì, micia, credo La Spezia. . . ma perché?»

«Torna subito gattino! Scendi alla prossima e torna indietro!»

«Micia. . . ma che c'è? Hai problemi con Elena? È venuta tua mamma?»

«Sì, Elena è a posto; ho chiesto mezza giornata di permesso, c'è anche mia mamma qui ma. . . gattino. . . è che. . . », Anna fece una pausa: «. . . è una trappola di Giorgio per voi due! Non andare a Colliano, gattino, torna indietro!»

«Cosa? Micia? Trappola?»

«Ho sentito mio papà gattino. È furioso perché ha capito che questa è una mossa di Giorgio. È andato a casa sua; Ilaria ha ragione: l'hanno citata in giudizio per prendersi Emanuele.»

«Eh? Allora è vero, o mio Dio. . . per quello era così sconvolta stamattina. Ora però. . . micia che c'entra scendere? Perché? E. . . tra poco ci saranno gallerie. . . non so quanto. . . »

«Sì lo so, faccio in fretta! Ascoltami: Giorgio ha fatto un bluff, la voleva spaventare e c'è riuscito; il fatto che sia rimasta a Colliano gli fa comodo, perché scommette che la vedi triste e che insomma. . . vi mettiate insieme. È la trappola per toglierle Emanuele, perché così ha la prova del vostro amore di fratelli da portare in tribunale. Scendi, per favore, gattino, torna indietro. . . oppure aspettami, vengo anch'io con te; prendo la macchina e ti raggiungo a La Spezia e andiamo insieme a Colliano!» 

«Mi spiace micia; no, devo andare da solo. Cerca di capirmi. Sono io che non sono riuscito a difenderla in questi anni.»

«Ma tu gattino non potevi difenderla! Giorgio era troppo forte, ha fatto bene le sue mosse, vedi. . . ha atteso sei anni perché ora Emanuele parla, vuole i suoi amici, si è affezionato a Silvia.»

«Può darsi micia, forse lui era forte, ma sta di fatto che non ce l'ho fatta a difenderla e lei senza figlio non è felice. Era il nostro patto.  Devo andare io.»

«Ma tu cadrai se vai da solo! Almeno aspettami, gattino, andiamo insieme!»

«Non lo so se cadrò, ma devo andare da solo, è una cosa tra me e lei, micia, tu non c'entri. Mi dispiace. Vado e la recupero, non la lascio lì da sola, di sicuro, ora c'è una galleria, micia, ti devo salu. . . »

«Gattino? Gattino. . .», ma la linea era già caduta.

Sara era con lei in camera mentre faceva il letto, «non l'hai convinto, vero?»

«No. . . », poggiò il suo cellulare sul comodino.

«L'ha detto anche papà, non c'era da aspettarselo.»

«No, purtroppo no. . . Giorgio l'ha studiata bene la loro psicologia, aspetta»,  Anna prese il lenzuolo,  «ti aiuto. . . », improvvisamente si sentì il rumore di una cosa caduta a terra e di pezzi infranti, «o Signore! Elena!», uscì in sala di corsa, «amore stai bene?»

«Gattino lotto. . . gattino lotto. . . »

Anna vide Elena che indicava per terra qualcosa, «amore, tutto bene?»

«Gattino lotto. . . », la bambina ripeté.

«Cosa gattino, cosa?» e, solo in quel momento, si accorse che Elena, non guardata, aveva preso in mano il gattino di gesso e le era caduto.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora