Capitolo 49 (X). La lenta discesa

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«No, tranquilla, Ili. . . Anna ha capito», chiuse la portiera, cominciò a camminare verso il muretto, Ilaria gli andò a fianco, «stanno bene tutte e due, grazie; Anna l'ho lasciata mentre le leggeva una storia, a quest'ora dormirà già, la stiamo svezzando, è una bimba serena, non fa mai capricci per dormire, dopo cena, bagnetto e nanna, ormai lo sa. . . », «sei stato fortunato Marco mio, hai una bimba meravigliosa», Ilaria lo prese a braccetto, gli si appoggiò, «devi essere felice, lo sei vero?» «sì. . . », Marco sorrise, la guardò, anche solo con un abbraccio dal fratello era ritornata la Ili di un tempo, «lo sono, Ili, sì ma. . . » non sapeva come affrontare l'argomento, mai come in quel momento la sua felicità contrastava con l'evidente difficoltà di Ilaria, si fermò, guardando verso il mare, cambiò discorso, «era da tanto che non venivo qui, che pace. . . », gli prese un po' di nostalgia, quella sera di marzo era tiepida, ma molto ventosa, «ma che vento! Brr, non mi ricordavo il vento delle colline, ormai vivo in basso. . . », si chiuse la zip della giacca, vide Ilaria che era uscita solo con il suo vestito da casa e il suo cappotto rosso, «hai freddo Ili? Mi sembri vestita poco. . . andiamo in un bar? Ci prendiamo qualcosa di caldo?»

«No, Marco mio, voglio stare con te. . . non ho freddo», «hai mangiato, vero? Non mi deperire, ti vedo più magra. . . », Ilaria gli sorrise, grata che Marco l'avesse notato, «sì, un poco, ma non mi sento di mangiare di più, non ti preoccupare», gli prese la mano, la strinse, «voglio averti vicino, non seduti a un tavolo, e tu? Vuoi stare con me un po'? Solo con me?», Marco ricambiò la stretta, la capì, le sorrise: «sì, dai Ili, andiamo al nostro solito posto. . . », «grazie Marco mio.»

Si avviarono tenendosi per mano, «allora Ili», le chiese, camminando, il loro "solito posto" era il fondo del piazzale della chiesa dove molte volte erano stati da ragazzi e dove — il lettore attento ricorderà —, quasi all'inizio della nostra storia, Marco aveva aperto la lettera contenente l'invito di Anna alla sua festa; «cosa c'è veramente? Perché stasera piangevi al telefono?»

«Te l'ho detto Marco mio. . . oggi Silvia mi ha sgridata.»

Marco provò a ripensare ai giorni passati, sul momento non ci aveva fatto caso, ma Ilaria gli aveva forse dato dei segnali di malessere, solo che non aveva dato loro importanza, impegnato nella sua vita felice con Anna e la bambina; improvvisamente si sentì in colpa per aver trascurato Ilaria, non averla ascoltata a fondo: «non è solo quello Ili. . . ora che ci penso è da qualche giorno che non stai bene, anche se me ne accorgo solo ora. . . »

«Marco mio. . . davvero, io. . . »

«Ili, tu. . . devi dirmi le cose», arrivarono al muretto al fondo, alto circa un metro, fatto di pietre e mattoni, Ilaria vi si sedette sopra, con la schiena rivolta al mare e Marco le stette davanti in piedi, guardandola in viso, come facevano da ragazzi, «non tenertele più dentro; ho sbagliato a non insistere a chiedere, certo, ma anche tu devi riuscire ad aprirti.»

«Marco mio. . . io. . . », gli poggiò le braccia sulle sue spalle, «lo sai, è la mia promessa, la nostra promessa. Ci sto provando a mantenerla»

«La promessa di essere felici non vale Ili se però tu fingi», Marco le prese le mani, le sorrise, suo malgrado il contatto con Ilaria gli faceva piacere, «se tu nascondi le cose allora non va bene, sai?», Marco si avvicinò e chinò il capo sulla sua spalla, risentì il suo odore, «anzi Ili. . . è peggio, perché poi mi sento in colpa.»

«Ero triste solo perché. . . ho paura di non essere una buona mamma. . . Silvia mi mette il dubbio, Marco mio.»

«Solo questo? Ili? Davvero?», «mm, mm», Ilaria gli sorrise, alzò le spalle, fece una smorfia come se stesse pensando ad altro, «beh sì, c'è questo Marco mio. . . e poi ho paura di. . . », Ilaria però si fermò; evitò il suo sguardo, chinò il capo, rimase in silenzio qualche secondo, «di. . . ?», Marco la invitò a parlare, la scrollò un poco, «di che cosa Ili?», cercò di vederla meglio alla luce del lampione, il cappotto lasciato aperto sul suo vestito da casa, improvvisamente non ebbe più ai suoi occhi l'aspetto di ragazza, fino a quel momento era stata la sua sorella minore, piccola, sia nell'aspetto che nel pensiero; in quella sera gli apparve per quel che era: una donna di quasi ventiquattro anni che viveva da sola, matura, triste. . . e che lo amava; «di cosa, Ili? Parlami, ti prego!», la scrollò ancora, «di essere una buona mamma? Ovvio che lo sei, con tutto quel che fai per tuo figlio! Ili! Ascoltami. . . perché proprio adesso hai questi dubbi? Solo per una stupida varicella che tra poco passa? Ce l'abbiamo avuta tutti e ne siamo usciti, no, non è questo! Vero? Vero, Ili? Cosa c'è d'altro?»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora