Capitolo 47 (VII). Anna dottoressa

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Per tutto il giorno del matrimonio Maria aveva sentito Emanuele che la chiamava "nonna ma-ia"; per non rovinare il matrimonio non aveva detto nulla e aveva ingoiato il rospo amaro. Però poi, al ritorno verso casa, Ilaria le confessò anche di aver accettato di mandare Emanuele a un asilo privato vicino casa del papà. Ci mancò poco che Maria non le urlasse in strada, si contenne fino al momento di mettere a letto Emanuele e, una volta addormentato, le disse che proprio sia la "nonna ma-ia" e sia questa novità della scuola erano cose nelle quali si sarebbe dovuta imporre come mamma.

«Ma scusa mamma, è solo una scuola, no?», Ilaria si stava cambiando per andare anch'ella a dormire, «perché vi arrabbiate tanto? Andrea me l'ha chiesto e io ho detto di sì, ha detto che non mi devo preoccupare delle spese, ci pensa lui. . . insomma. . . perché andarci sempre contro? Alla fine me lo faccio nemico! Devo cercare di avere buoni rapporti con loro due. . . sono sposati da quasi un anno, vanno d'accordo, perché farmeli nemici?»

«Ilì, tu sei troppo buona», anche Maria si stava togliendo il vestito per mettersi in camicia da notte, «non ti rendi conto che quelli pian piano te lo stanno togliendo! Prima ti fai chiamare "mamma iaia" e non protesti, adesso il bambino non mi chiama più nonna, ma "nonna ma-ia" e non capisci che portandolo in una scuola vicina a casa sua è solo il primo passo, vedrai che poi ti chiederà anche di farlo dormire a casa sua perché la scuola è più vicina e. . . a poco a poco. . . te lo toglieranno Ilì e tu non fai nulla, ma. . . adesso basta, quel che è troppo è troppo, ora con questa Silvia ci parlo io, come si permette di dire che sua mamma è nonna? Non è nonna, la nonna di Emanuele sono solo io! L'altra, purtroppo, è morta. E che dice Marco di questo?»

«Vedete mamma, io. . . a Marco mio. . . non voglio più tanto dare problemi», Ilaria andò a controllare il figlio, dormiva già profondamente, si era molto stancato al matrimonio correndo dappertutto, si mise a letto, tenendo accesa solo la sua abat-jour, «già si sta per sposare, ha molto da fare, accompagna Anna a fare le commissioni per il viaggio di nozze, le bomboniere, perché lo devo assillare con i miei problemi, Marco mio. . . poi cosa può fare? Lui non è capace di parlare, ci ha provato con Silvia ma lei è diversa, più grande, laureata in lettere come il marito. . . sa parlare meglio, Marco mio è molto bravo in matematica ma. . . »

«Oh, Ilì. . . tu e Marco siete proprio una frana in queste cose, tu troppo buona, lui troppo fesso: è cresciuto senza un padre e non è capace di farsi rispettare», anche Maria si mise a letto, seduta, Ilaria cominciò a piangere sul cuscino, «non dite così mamma, Marco mio è bravo!», «sarà bravo finché vuoi ma si fa mettere i piedi in testa. Almeno lui è stato fortunato, ha trovato Anna che lo ama e che non gli farebbe mai del male, ma tu, Ilì, tu con Andrea devi lottare, ti tolgono il figlio un passo dopo l'altro e non te ne rendi conto e poi sarà troppo tardi per fare qualcosa!», «mamma! Io faccio tutto il possibile per mio figlio. . . perché mi sgridate, guardate qui», si mise a sedere sul letto, indicò alcuni vestiti da rifinire appesi all'anta dell'armadio, «li vedete questi? Non sono mica miei! Mi porto anche il lavoro a casa, non gli faccio mancare nulla. . . », «sì lo so, figlia mia», Maria la prese e l'abbracciò sul letto, la tenne stretta in seno, «lo so che sei una mamma brava, ma perché ogni volta che ti sento e ti vedo la situazione peggiora invece che migliorare? Pure questa Silvia ci voleva per Andrea e che si metta a istruire Emanuele. . . oh, ma le parlo io a questa qui, sarà pure laureata ma ci parlo io, non ho vergogna! Come si permette di dirgli che ci sono due nonne! Una ce n'è! Una! Oh, che mi tocca fare!», la continuava a stringere, Ilaria singhiozzava, per fortuna Emanuele era stanchissimo e continuava a dormire, «e perché piangi sempre? Se piangi e basta te lo toglieranno!», «Mamma. . . non dite così, mi fate star male! Io non credo che Andrea voglia togliermelo; non è cattivo, forse lo vuole più vicino a sé, è il papà, è giusto; Emanuele è la mia vita, ho solo lui rimasto dopo Marco mio che ho dato ad Anna; non mi dite che lo perderò! Io non so cosa farei senza di lui, senza il mio amore! Andrea l'ha fatto con me! Anche se non l'amavo si ricorderà che l'ha fatto con me! Non vorrà togliermelo, l'ha visto anche nascere. . . »

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora