Capitolo 51 (VIII). La caduta

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«No, qui a Colliano non ti lascio, Ili...», Marco parlò con voce cupa, «ti ho lasciata troppo sola su, non mi sono accorto che stavi male, ho sbagliato, ma ora no.»

«Non hai sbagliato, Marco mio: hai la tua vita: moglie e figlia, era giusto che tu fossi felice per loro...»

«Ma non a spese tue!», Marco alzò la voce, ella si appiattì di più contro la parete, «scusami, non volevo...»

«Marco mio, tranquillo, hai fatto bene, continua a farlo», gli sorrise, si mise più comoda, appoggiò le mani alle ginocchia, lo guardò fissa; i suoi occhi erano due fessure lievemente più chiare nel buio della stanza: «vattene però adesso, non dormire neppure da mamma, è meglio se ti trovi un albergo, Anna sarà più tranquilla così, e quando sarai su spediscimi quelle poche cose mie.»

«E il lavoro?»

«Telefono alla padrona lunedì, mi licenzio, pazienza se non le do i quindici giorni, me li farò scalare dalla liquidazione.»

«Ma perché?»

«Perché se vivo a Genova senza Emanuele rovinerei la tua vita!», ricominciò a piangere, «non voglio!», si appoggiò al muro, girata di fianco, alzò le gambe e si rannicchiò mettendole nel trogolo vuoto; un secchio che era  appoggiato al bordo fu colpito; rotolò fino ai piedi di Marco con un clangore metallico, «capisci, Marco mio? Non voglio esser come mia mamma! Sei sposato! Sei un papà!»

Egli si chinò per prenderlo, si alzò e lo posò a lato, nel far questo si avvicinò alla sorella di un passo.

«Vai via amor mio, non avvicinarti!»

«No ma, Ili...», Marco scosse il capo, «se anche ti dessi ragione, come fai con Emanuele se rimani qui?»

«Non lo vedrò», Ilaria tirò su con il naso, piangeva, «come posso vivere sola e vedere mio figlio solo un giorno a settimana sapendo che per gli altri sei ha chiamato "mamma" un'altra donna? È peggio che non averlo!»

«Ma dai, Ili!», si alzò il vento, la porta di ferro della stalla si aprì cigolando e si fermò strusciando sul pavimento in cemento; si sentirono le foglie delle querce sopra la stalla ondeggiare, «come puoi pensare che abbandonare tuo figlio sia una soluzione?», disse, lentamente, a voce bassa, «faresti come papà con me, lo vedresti solo d'estate.»

«No, perché c'è Silvia, Marco mio», Ilaria continuava a piangere, «tu non avevi un altro papà, ma il mio Emanuele ce l'ha una mamma! Non l'abbandono!», riprese il fazzoletto, si asciugò il volto.

Marco respirò profondamente, divaricò i piedi e strinse i pugni.

«Io vivrò qui e lui con papà e mamma Silvia, farà una bella vita, Andrea è ricco, non gli farà mancare nulla. Me lo porteranno in vacanza, altrimenti quando cresce verrà a trovare la sua vera mamma, io lo aspetterò», si soffiò il naso.

«Non puoi dire questo Ili, non ti riconosco; Emanuele soffrirà senza vederti», Marco strinse ancora di più i pugni.

«Certo, soffrirò io, soffrirà lui, ma tu...» Ilaria respirò con affanno, «tu, solo in questo modo ti salvi! Il nostro Disegno è separarci! Vero, Madonna?», si alzò dalla mangiatoia e poi si inginocchiò di fronte a lui: «proteggete Marco mio; sarà dura, ma mi dimenticherà», giunse le mani al petto; lo guardò dal basso, quasi sorridendo con le lacrime che le scendevano, «ce la farà a esser felice con Anna...»

«Ma Ili, lo capisci che non voglio?»

«Tu devi!», disse ferma, e poi, guardando il soffitto, a mani giunte, continuò: «Madonna, non fatelo troppo soffrire, Marco mio, ma mandatelo su!»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora