Capitolo 47 (VIII). Anna dottoressa

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Fecero le scale in discesa, quella volta fu Maria a portare il passeggino vuoto; Silvia continuò a non rispondere, «perché non mi rispondi Silvia?», Maria le chiese più decisa, «chi non risponde è perché ha qualcosa dietro da nascondere. Ormai l'ho capito. Dietro questa tua aria di gentilezza chissà a cosa stai pensando. Ma non mi piace.»

«Cosa dovrei nascondere secondo lei?»

Avevano finito le scale, Maria riaprì il passeggino, tenendolo affinché non andasse per la discesa, «ah, semplice: che prima o poi glielo volete togliere a mia figlia il bambino, tu, tuo marito e tuo suocero.»

«E su quali basi lei dice questo? Solo perché dico "Ilaria" e non "mamma"?»

«Sì. Beh, sarebbe già qualcosa non trovi Silvia? Un po' di rispetto per mia figlia che l'ha partorito e che lo tiene come un gioiello. Tu stessa lo dici: è sereno, tranquillo, cresce bene. Penso che mia figlia abbia il diritto di essere chiamata madre e non Ilaria. Non è la tua serva e non è la tata di Emanuele. È la sua mamma, Silvia, anche se tu hai sposato Andrea, non dimenticarlo.»

Silvia stette un poco a pensare, quando Maria aveva detto "partorito" aveva fatto una smorfia di disappunto e poi disse, quasi meditando fra sé e sé: «non sempre la madre ha partorito il bambino, signora. Si può essere un'ottima madre anche se il bambino non è uscito dal proprio ventre e, per contrario, avere un bambino uscito dal ventre non significa automaticamente essere madre. All'inizio, certo. . . ma poi "mamma" è un termine che secondo me va conquistato, giorno dopo giorno.»

«E perché? Mia figlia non lo conquista?», Maria con quell'ultima frase di Silvia si era irritata: «cos'è, mia figlia? Una perdigiorno? Una poco di buono? Ma lo sai Silvia dov'è la mamma in questo momento? Si sta rovinando gli occhi a cucire tutto il giorno, tutti i santi giorni, per dare una sistemazione a Emanuele: una casa, vestiti puliti e cibo sano, per farlo stare bene e questo non è essere madri? Eh? Mia figlia non è con le amiche in giro per i bar a cercare uomini! Non è ragazza di quel tipo, anche se con la sua bellezza non faticherebbe di certo a trovarsi compagnia. È rimasta da sola, sì, ma non per fare la bella vita; per stare dietro a suo figlio e vivere onestamente del suo lavoro. Questo fa mia figlia e ti devi pulire la bocca ogni volta che ne parli perché mia figlia l'ho cresciuta bene, l'educazione gliel'ho data. Ha fatto un figlio, sì, forse. . . non del tutto in modo regolare, va bene, ma che importa, si è messa a posto dopo; alla fine, che ha di sbagliato secondo te per non meritarsi di essere chiamata "mamma"? Sentiamo!»

«Signora, mi scusi se l'ho fatta irritare», Silvia rispose immediatamente e sempre in tono gentile, erano quasi arrivate all'auto, in discesa e senza Emanuele erano andate più veloci, «non era mia intenzione; non volevo dire che Ilaria non sia mamma, ma. . . lei — come anche Ilaria — dimentica che Emanuele non ha bisogno di una mamma sola, ma di una famiglia e, per quanto io capisca che Ilaria cucia e cucini bene e sia — insomma — un'ottima donna di casa, non può dare a Emanuele ciò che può dare una famiglia. E, man mano che Emanuele crescerà, avrà sempre più bisogno di questo, di questa unione, se vogliamo indissolubile e — a mio giudizio di donna credente — sacra, fra papà e mamma, per formare un tutt'uno sul quale egli, come bambino e poi come ragazzo, potrà trovare appoggio e protezione.»

Maria non rispose, Silvia effettivamente parlava un po' difficile e cercava ancora di dare un senso al suo discorso, Silvia continuò: «mi perdoni, ma conoscendo la sua storia credo che mi capisca.»

«Io?», Maria disse confusa, «perché dovrei capirti?»

«Perché — da quel che ho capito — . . . », erano arrivate all'auto, Silvia aspettò per aprire la portiera, «lei stessa a sua figlia ha dato un padre, pur togliendolo a Marco. . . quindi vuol dire che anche lei, nel profondo del suo animo di madre, capiva che non bastasse solo lei, ma ci voleva anche un marito. . . come si chiamava? Me lo ricorda, per favore?»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora