Capitolo 47 (I). Anna dottoressa

56 6 9
                                    

I venti lettori che ci hanno seguiti fin qui — ai quali va tutta la nostra gratitudine — speriamo non si annoino troppo se non andremo subito a narrare gli eventi di quel tragico e fatale agosto 2003, ma riprendiamo, anche se riassumendo, la narrazione dal ritorno degli sposini dalla crociera; riteniamo, infatti, che sia necessario conoscere i fatti salienti negli anni intermedi per capire ciò che successe in quell'estate tragica; tutto il resto lasceremo che rimanga nei cuori dei nostri amici.

Gli anni che passarono fino al momento in cui ci fu l'evento chiave di questa tragedia che cambiò tutto e che racconteremo a suo tempo furono anni apparentemente di passaggio nei quali la situazione creatasi con il matrimonio di Andrea e Silvia e la richiesta di Silvia di essere la mamma di un solo Emanuele andò peggiorando a piccoli, impercettibili passi senza che Ilaria e Marco, però, riuscissero a farne fronte; di questa impossibilità dovremo parlare diffusamente in seguito. Nel 1999 l'unico fatto macroscopico degno di attenzione per le famiglie che stiamo seguendo fu forse la laurea di Anna in primavera che racconteremo più avanti. Prima, però, ritorniamo appunto a gennaio 1999 e ai nostri sposini.

La crociera andò benissimo, Emanuele corse per tutto il tempo, sembrava volesse veramente vedere tutta la nave, dando da fare ai due genitori che — senza ammetterlo apertamente — avrebbero preferito una luna di miele più riposante; andava dappertutto, voleva toccare tutto e mangiava per due; divenne la mascotte del ponte di prima classe e un ufficiale che si era divertito a guardarlo correre gli permise di mettere in testa il suo berretto, evento che Silvia prontamente immortalò, e quella foto con Emanuele in braccio con il berretto da ufficiale divenne per Andrea la foto simbolo del suo viaggio che mise sulla sua scrivania al ritorno. Silvia ne ebbe una analoga che si portò in Archivio scattata da Andrea, con lei ed Emanuele nella piscina per bambini mentre lo faceva giocare con innumerevoli giocattoli galleggianti.

Ilaria tornò a Genova con zia Maria; l'incontro con il figlio fu commovente; Emanuele le corse incontro mentre Ilaria piangeva di gioia nel riabbracciarlo dopo due settimane di assenza; quando Ilaria aveva saputo per telefono che Emanuele avesse chiamato "mamma" per prima Silvia ne aveva fatto già una malattia ed era stato questo anche il motivo fondamentale per il quale diceva a sua madre che ci fosse un Disegno per lui; Silvia, bisogna dirlo, aveva cercato di comunicarlo con tatto, capendo che fosse un evento simbolico; non voleva primeggiare, ma era chiaro che fosse soddisfatta del traguardo raggiunto prima di Ilaria. Tuttavia Emanuele, all'arrivo, non fece preferenze e, appena vide Ilaria, le puntò il dito e disse «mma-mmmma» anche a lei facendola piangere di gioia; nei giorni successivi, però, Emanuele cominciò a chiamare "mamma" anche Anna, Irene, Maria, Sara, qualche maestra del nido simpatica e persino Sabina quando la vide un giorno con Walter (con quest'ultimo che sudò freddo); insomma tutte le donne adulte che vedeva gentili per lui erano "mamma" e non faceva distinzioni, forse averne due o venti era la stessa cosa: aveva capito che chiamando "mamma" una donna ne guadagnava in coccole e sorrisi e cominciò a usare quella parola anche come un modo per chiedere abbracci, baci e anche cibo. Tutto quello che era bello o buono divenne, per quelle prime settimane di gennaio, "mamma".

Non chiamò "papà" Andrea se non a fine gennaio quando cominciò a sillabare anche «paaaaaa-paaaaaà», due sillabe che per Andrea significarono il mondo. Fortuna volle — o forse aveva già capito che su questo c'era poco da scherzare — che non si confondesse con i papà, ma chiamò "papà" solo Andrea e non Marco che — quando invece lo vedeva — si limitava a indicare con il dito facendogli un verso che assomigliava a «mmmmoooo-mooo» cosa che, per Marco, era molto divertente.

Maria stette a Genova tutto il mese di gennaio, tanto a Colliano, in inverno, non aveva da far nulla in campagna a parte potare gli ulivi (ma era ancora presto e — comunque — lo faceva fare a terzi). Quelle poche galline e conigli rimasti, oltre al cane, li aveva lasciati in custodia ai vicini e a suoi parenti; il suo carabiniere amante era avvisato e, per quel mese, aspettò. Giorgio non la invitò più a cena, anche se seppe da Andrea che era a Genova; sebbene la sua presenza lo solleticasse non gli sembrò il caso di fraternizzare con colei che, comunque, stava per colpire, anche se indirettamente.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora