Capitolo 50 (IV). La trappola

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Ilaria andò con Emanuele il mattino dopo nello studio di Giorgio alle dieci puntuale. Era un sabato mattina di inizio maggio, già abbastanza caldo; nello studio il sabato non c'era nessuno se non Giorgio che venne ad aprire loro, li aspettava:

«Signorina Ilaria, grazie di esser venuta, entri», diede una carezza al capo del nipote, «ciao grand'uomo, come andiamo?»

«Ciao nonno, tutto bene.»

Emanuele gli diede spontaneamente la mano, e andarono in corridoio, Ilaria chiuse la porta e li seguì, era da qualche mese che non vedeva Giorgio; lo vide più curvo di spalle, tossì due o tre volte mentre camminava, malgrado fosse maggio indossava ancora un maglioncino di lana piuttosto spesso. Nello studio tutto era come un tempo, ordinato e austero; però sulla scrivania sembrava mancare la pipa. L'avvocato si sedette con a fianco Emanuele in piedi, diede qualche colpo di tosse e poi gli porse un vassoio di caramelle:

«Emanuele, vuoi una caramella?», si rivolse a Ilaria, umilmente, «senza zucchero, signorina, non si preoccupi.»

«Oh, non c'è problema, signor Giorgio. . . una caramella, anche con lo zucchero, non farebbe male. . . Emanuele», gli disse, osservando che il figlio la stava già prendendo, «come si dice al nonno?»

«Grazie, nonno»

«Prego ometto. . . », Giorgio ripose il vassoio, gli diede una carezza, tossì, «ora. . . ora Emanuele. . . », stette con la mano sul suo viso, «il nonno parla un po' con "mamma Ilaria" di quella cosa di cui ti ho detto. Tu sei capace di stare qui ad ascoltare — senza interrompere — a meno non te lo chieda io?»

«Sì, nonno.»

«Bene. Allora stai qui vicino, se vuoi puoi disegnare, ci sono dei fogli, prendili dalla fotocopiatrice, sai come fare. . . », Emanuele aprì il cassetto della macchina, ne prese qualcuno, evidentemente era già stato lì, sapeva come fare, «ho delle penne colorate, mi dispiace, non pennarelli, solo blu, rosso e nero. . . », gli avvicinò il portapenne, «ma te le farai bastare, non è vero?»

Emanuele fece cenno di sì, prese i fogli e alcune penne, si sedette per terra su un tappeto e cominciò a disegnare in silenzio. L'avvocato si stirò sulla poltrona, tossì ancora una volta e fece cenno a Ilaria, rimasta in piedi, di accomodarsi.

«Signorina Ilaria. . . vorrei cominciare questo nostro colloquio prima di tutto notando quanto questo bambino, qui a fianco a noi, stia crescendo bene pur con una situazione familiare, tuttora, difficile. E vorrei anche sottolineare che lo scopo di questo nostro incontro è quello di aumentare, non diminuire, il suo benessere.»

L'avvocato aprì un cassetto, prese un pacchetto di fazzoletti di carta e lo pose sul tavolo; sempre dallo stesso cassetto prese anche un microregistratore a batterie che pose di fronte a lui.

«Signorina, gradirei che lei, prima di continuare, mi desse il consenso alla registrazione del nostro colloquio.»

Ilaria non seppe cosa dire, non era abituata a trattare con un avvocato, si trovò in imbarazzo, disse:

«Va. . . va bene.»

«Grazie, un attimo che faccio partire la registrazione.» schiacciò il tasto "REC", poi disse: «colloquio con la signorina Ilaria Guidotti, 10 maggio 2003, sabato. Presenti io, Giorgio Testino, Ilaria Guidotti ed Emanuele Testino, suo figlio. Signorina, consente la registrazione per sé e il suo bambino? Ripeta per favore: consento.»

«Consento»

«Benissimo. . . », l'avvocato, soddisfatto, spinse il registratore a metà strada fra sé e lei e poi si rilassò qualche secondo in poltrona, «ora, signorina, non le faccio perdere tanto tempo. Penso che mio figlio le abbia già parlato delle sue richieste.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora