Capitolo 50 (XIII). La trappola

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«Obbedisco. . . », Ilaria prese una scopa, mentre spazzava si cominciò a sentire l'aroma di caffè,  si voltò. 

«Lascia, faccio io», il don prese due tazzine, le portò sul tavolo con una zuccheriera.

«Ma lei, don. . . mi scusi, in questo momento mi sta parlando da prete. . . o da uomo?», Ilaria gli fece un mezzo sorriso, si sedette a tavola.

«Diciamo da tutte e due Ilaria. . . », il don portò la caffettiera e un sottopentola, la posò e cominciò a girare il caffè, «ho fatto quella grande, ne ho bisogno»; le sorrise a sua volta, lo versò.

«Come ci siamo detti tante volte, se dovessi parlare solo da prete, il tuo amore per Marco dovrebbe essere bollato come innaturale e perverso e tu dovresti semplicemente essere messa al bando dalla comunità fino a quando lo conservi in cuore. Tuttavia. . . », il don si mise due cucchiaini di zucchero, girò per qualche secondo, «arrivati a questo punto, con te che lo stai conservando puro da più di dieci anni, con Andrea che ti vuole addirittura togliere il bambino, mi aspetto che tu e Marco cadiate, questo è chiaro, anche se non so né come, né quando. Ma la vostra caduta sarà accidentale o parte anch'essa di un Disegno? Non lo so. . . »

«Le ripeto, don», Ilaria cominciò a bere il caffè amaro, «io non voglio farlo cadere, posso farcela ancora, mi creda», era bollente, le fece piacere anche in quel giorno caldo di giugno, «ho in mente. . . » posò la tazzina, lo guardò fissa, «qualcosa, la Madonna forse me lo ha suggerito, anche senza usare le parole, come un'immagine.»

«La Madonna, Ilaria? O te stessa?», il don posò la tazzina, «o — Dio perdonami —», si fece il Segno di Croce, «tutte e due le cose insieme?», stette a pensare qualche secondo, bevve di nuovo, posò la tazzina vuota, «tu sei convinta Ilaria che ciò che senti sia la Madonna, non metto in dubbio che tu sia convinta, ma non sono sicuro che ciò che senti sia veramente Lei.»

«Non mi crede?», Ilaria gli chiese un poco affranta, prese la caffettiera, «ne vuole ancora, don? Ce n'è. . . »

«Si, grazie, Ilaria, prenditene anche un po' tu, ho fatto quella grande apposta.»

Ilaria cominciò a versare il bis di caffè, un po' di più per il don, metà tazzina per lei.

«Non ho basi sufficienti Ilaria per dirlo», il don disse mentre si metteva altri due cucchiaini di zucchero, «la Chiesa, giustamente, per via di persone che possono approfittarsi di gente credulona, prende ultimamente un atteggiamento scettico su questi supposti miracoli o manifestazioni del soprannaturale, a ragione, direi», il caffè si era raffreddato, il don lo bevve in un sorso, «il tuo caso, però — lo ammetto — è un po' diverso Ilaria, tu di certo non dici quel che dici per fare proseliti o guadagnarci e qui, come prete — e come uomo — non ci capisco più nulla e mi affido alla Volontà di Dio e alla Sua Grazia che opera incessantemente», il don si alzò, andò a sedersi finalmente sulla sua poltrona, i due caffè lo avevano un po' svegliato: «se Dio permette che una donna come te, mamma buona, modello, perda il bambino — una tragedia — per darlo a una mamma che non ne può più avere, diventando quasi una "buona azione"; possiamo quasi immaginare — in via ipotetica — che Dio potrebbe usare il vostro amore peccaminoso — un reato anche per una morale laica —, per una "buona azione" che, per ora, ci è sconosciuta.»

«Ma. . . allora. . . », Ilaria prese le tazzine vuote e la caffettiera, le portò a lavare; «questo significa. . . no, non ci credo don, così vuol dire che semplicemente la Madonna vuole che io e Marco cadiamo, che lo voglia Lei?»

«No, non ho detto questo Ilaria. . . tutt'altro», il don giunse le mani di fronte a sé, «voglio dire semplicemente che noi non lo sappiamo; le vie di Dio non sono le nostre vie, tu fai bene, hai fatto bene a evitare di cadere, questo è sicuro. Ma, a questo punto, ho il dubbio che la vostra caduta — se avverrà — sarà parte di qualcosa di più grande che ancora non vediamo.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora