Capitolo 44 (X). Una tomba vuota

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«Ma sì, Ilaria, non lo vendiamo a qualche pirata maltese, dai, non fare quella faccia. . . », Andrea si accese una sigaretta per calmarsi, ormai non aveva più scrupolo di fumare nella stessa stanza del figlio, parlare a Ilaria lo rendeva nervoso e aveva bisogno di una sigaretta, «stai tranquilla, torniamo dopo otto giorni intorno al Mediterraneo, non otto mesi in giro nel Pacifico, eh! Non cominciare a fare la tua solita tragedia napoletana, mi sembra ragionevole portarlo con me, mi sposo. . . », Andrea sbuffò una nuvola di fumo azzurro verso l'alto (almeno aveva l'accortezza di non mandarlo sul viso del bambino), «come ha detto Silvia il matrimonio viene una volta sola, no? Magari scendi giù con Nunziata da sola e poi salite in due, tu e tua mamma; noi saremo già di ritorno e così tua mamma vede il nipote; non ti pare? Se ti chiedo questo favore. . . perché non me lo fai?»

Ilaria si arrese, vide il bimbo lì per terra con Silvia, inginocchiata vicino, che gli faceva vedere come i cubetti si unissero per fare dei disegni; sembrava così tranquillo e assorto, lo vide amato come lo amava lei, anche se da un'altra donna: «va bene, Andrea, avete ragione. Vi sposate, tu hai un figlio, sei felice per il matrimonio ed è giusto che tu lo voglia portare con te in viaggio di nozze; Emanuele si divertirà ad andare in giro per la nave», pensò di separarsi da lui per più di una settimana, le parve tantissimo, ma chinò il capo, «vedrò di organizzarmi per Natale diversamente, magari faccio venire mia mamma qui a Genova a gennaio, poi le telefono.»

«Oh, bene. . . », Andrea si rilassò sulla sedia con le braccia sui fianchi, la sigaretta per metà consumata era sul posacenere che Ilaria gli aveva dato, sbuffò: «ma che fatica! Ora capisco perché i papà separati sono sempre stressati: ogni volta per mettersi d'accordo c'è da fare un dibattito in parlamento», riprese la sigaretta e, più allegro , disse: «ah, un'altra cosa, Ilaria. Naturalmente tu sei invitata al nostro matrimonio; lo sai che Marco è testimone?»

«Sì certo, Andrea, lo so.»

«Bene e anche tu, vieni, ovvio», Andrea fece uno sguardo strano, come se invitare Ilaria fosse qualcosa che aveva un altro fine: «mi piacerebbe comprare a Emanuele un vestito, so che tu cuci, magari ci hai già pensato, ma vorrei comprare una cosa simile al mio vestito, così da fare papà e figlio uguali. È ancora piccolo per portare le fedi, lo farà Gaia, la figlia di Nicola, ma può fare le foto insieme a noi, vestito bene», la guardò speranzoso, «su questo spero che tu non abbia nulla in contrario. . . »

«No, va bene, Andrea», Ilaria gli sorrise, «non sono poi così contraria su tutto. È vero, avrei avuto già il vestito per Emanuele, ma se vuoi metterne uno tuo va bene lo stesso.»

***

Nicola atterrò con la sua famiglia a Genova il 18 dicembre 1998, un venerdì; sua moglie e sua figlia non vi erano mai state: per la verità Giulia non era mai stata a nord di Roma; era stata solo a Fiumicino in viaggio di nozze per fare scalo da Palermo a Sharm El Sheik. Nicola, dopo il check in in albergo, chiamò Silvia per dirle di essere arrivato e darle appuntamento per il giorno dopo al cimitero per portare un saluto a Emanuele, per quella volta non da soli: vi avrebbe portato anche Gaia e sua moglie Giulia. Silvia, però, gli rispose quasi allegra, in un modo che lo fece impensierire:

«Va bene Nico, verrò domani mattina, da sola, mi fa piacere portare dei fiori al tuo Emanuele; però poi venite a pranzo da noi, vero?»

«Sì. . . Silvia, va bene. . . », le rispose, confuso.

«D'accordo, allora dico ad Andrea di venire a prenderci, per l'occasione abbiamo noleggiato un'auto a sette posti, ci staremo tutti, e così andiamo insieme a prendere il mio Emanuele a casa di Ilaria; questo fine settimana ce lo lascia per il matrimonio; ci vediamo là, al cimitero, come sempre, ciao Nico, saluta tua moglie e la bimba.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora