Capitolo 42 (XIV). Il fidanzamento

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Dopo il discorso di Anna tutti gli invitati vollero vedere quella mamma da vicino e Irene, suo malgrado, anche se imbarazzata e ancora commossa, dovette salutare tutti; ma, visto anche che la festa stava terminando e c'era meno lavoro da fare — i ragazzi chiamati in più se la sarebbero cavata da soli — la stessa Anna, conoscendo il desiderio di Irene, chiamò Franco che rimase accanto a lei per sostenerla. Ormai non c'era più motivo di nascondersi: era sia la mamma del fidanzato che la compagna del domestico che lo avrebbe servito, per quanto strana quella sarebbe stata la condizione di Marco una volta sposato con Anna ed era stata ormai resa pubblica; Franco, bisogna dirlo, era più abituato a gestire queste evenienze formali, anche perché conosceva di vista quasi tutti ospiti di quella festa per averli serviti in altri ricevimenti (e molti li conosceva anche personalmente, e conosceva anche la loro servitù), tanto che, molte volte, egli faceva le presentazioni e riceveva auguri per l'unione con Irene al pari degli auguri a Irene per il fidanzamento del figlio; ella, invece, per quanto avesse esercitato un mestiere simile, in albergo non aveva mai avuto modo di avere dei rapporti umani stretti con i clienti proprio per la natura transitoria dei soggiorni (anche se raccontava talvolta, con animo innocente, ma anche orgoglioso, di aver servito la colazione in camera a persone famose che alloggiavano a Nervi per i Balletti o il Salone Nautico: i due eventi che, di solito, facevano a Genova il "tutto esaurito").

Mentre Irene e Franco da una parte ricevevano auguri, Anna e Marco, a lato, approfittarono di quella fila che si era formata per consegnare a ciascun invitato che si presentava per salutare Irene anche un sacchettino di tulle contenente cinque confetti verdi e un cartoncino di ringraziamento sul quale era scritto:

Sant'Ilario, 28 giugno 1998

 Anna Tivoli e Marco Guidotti vi ringraziano di aver partecipato al loro fidanzamento e saranno lieti di rivederVi al loro matrimonio che si terrà sabato, otto luglio 2000, ore 11, nella parrocchia del Sacro Cuore in Carignano, Genova.

Sul cartoncino erano stampati due cuori e un anello di fidanzamento: l'urna delle offerte era dietro di loro, sul tavolo dov'era stata la torta e praticamente tutti, dopo aver ricevuto il biglietto di ringraziamento e i confetti, prima di allontanarsi, vi inserivano una busta.

***

Luigi, frattanto che Anna e Marco distribuivano confetti, era andato da Walter a chiedergli se avesse visto Giorgio e Walter glielo disse; lo trovò subito, non si era spostato: era sempre seduto su una sdraio vicino al muretto mentre fumava la sua solita pipa osservando il mare in lontananza; suo figlio e Silvia non c'erano. Gli andò accanto, in silenzio, come se fosse capitato lì per caso, si sedette sulla sdraio a fianco, un tavolino basso li divideva; per qualche secondo nessuno dei due disse qualcosa, poi Luigi disse, quasi distratto: «buongiorno Giorgio, bel panorama, nevvero?»

«Oh, ciao Luigi, come andiamo?», l'avvocato quasi fece finta di averlo visto solo in quel momento, «bellissima festa, devo dire, proprio organizzata a regola d'arte; mi scuso di non esser passato a salutarti prima ma. . . queste gambe cominciano a essere un poco deboli. Tu mi aggiusti il cuore ma. . . », si girò verso di lui e con un evidente sforzo mise i piedi a terra, «questi cambi di stagione. . . a volte avrei bisogno anche di un altro paio di ginocchia!», posò la pipa sul tavolino, si massaggiò un poco, gli stese la mano che Luigi prese, gli sorrise, «congratulazioni, comunque, ottimo fidanzamento.» 

«Giorgio, evitiamo i convenevoli, ti va?», gli disse Luigi sospirando; «che Marco non ti piaccia non è un mistero, ma evita allora di fare i complimenti se non li senti.» 

«Non è vero che non li senta!», disse Giorgio un poco offeso, si riprese la pipa e sbuffò, «lo sai come la penso: per la mia figlioccia avrei preferito un altro fidanzato; questo non vuol dire che Marco non mi piaccia del tutto: ha ottime qualità, anche di oratore, devo dire. . . », rimise le gambe sulla sdraio, «scusa le spalle, ma sto meglio così», guardò il mare, una lieve foschia aveva velato il sole e si era alzata una brezza leggera, «ah. . . che bello rilassarsi quassù; altro che quell'aria viziata degli uffici che, anche se chiamano condizionata, non è certo quest'aria pura e odorosa di fiori di campo», Luigi lo lasciò parlare, aveva capito che Giorgio voleva avere il tempo per il suo monologo, l'avvocato stette un poco a pensare, chiuse gli occhi come meditando e poi disse: «bellissimo discorso quello fatto da Marco, devo essere sincero, non l'ho sentito personalmente, ma è venuto a riferirmelo Andrea poco fa; inventarsi un discorso simile così, a braccio, in pochi istanti, qualità non da poco in quel ragazzo, molto toccante, specie poi il riferimento alla mamma, veramente intenso. . . », fumò un altro poco, indicò l'ulivo a fianco a sé, batté il suo tronco, «un albero lo si riconosce dai frutti e quelli di Marco sono buoni, certamente, ma anche dalle radici e. . . su questo, ahimè, possiamo essere certi solo sulle radici materne perché quelle paterne. . . insomma, non sembrano buone specie perché da quelle stesse radici è nata una sorella. . . scomoda; è per questo che io sarei andato cauto nel fidanzamento fra lui e la mia figlioccia, ma. . . tu sei il padre, Anna è tua figlia, è giusto così; per conto mio fa sempre piacere sapere nuove cose, nuovi elementi nei casi di mio interesse.» 

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora