Capitolo 51 (VII). La caduta

43 6 14
                                    

Appena uscito dall'autostrada, alle ventuno e trenta, in vista di Colliano, una striscia illuminata sul versante sud del monte Marzano, con la valle ancora visibile nel crepuscolo estivo, Marco disse ad alta voce:

«Papà, vado a riprendere Ilaria, fa' che sia ragionevole e che mi segua senza discutere, perché altrimenti non so quello che faccio; a Colliano non ci sto, ma qui non la lascio; lei ha ancora Emanuele da crescere, Giorgio non glielo può togliere, è la madre. Vuoi mettermi alla prova, papà? Bene, accetto la sfida, io comunque amo anche Anna e ho mia figlia che non dimentico; non sarò come te.»

***

Alle ventuno e cinquantacinque Marco vagava nell'uliveto attorno casa di Maria; era una notte serena, senza luna; la luce del cortile arrivava fino a lui come un debole chiarore, ma Ilaria non era nelle prime file.

Era arrivato pochi minuti prima; appena parcheggiato aveva provato a telefonare ad Anna, senza risposta, le aveva spedito un messaggio; subito Maria gli era corsa incontro, così come Ghemon, la prima abbracciandolo, il secondo facendogli le feste.

«Marco, Marco...», Maria piangeva, «finalmente sei qui. È stato un giorno terribile.»

«Dov'è Ilaria, zia?», aveva detto, senza neppure salutarla.

«Non lo so...», Maria gesticolava verso la campagna, «quando hai telefonato prima da Eboli è scattata come una molla, ha detto "Marco mio non doveva venire, perché è venuto?" e poi è uscita, la macchina è qui, ma...»

«Stai qui, zia...», Marco si era staccato e aveva cominciato a correre per i campi senza neppure chiudere la portiera, «vado a prenderla.»

Maria gli aveva preso lo zaino e il cellulare — rimasto sul sedile del passeggero — che, appena preso in mano, aveva squillato; "Micia" era comparso sul display, ma non aveva risposto. Poco dopo aveva squillato il telefono di casa.

«Pronto?»

«Signora Maria, sono Anna, buonasera», le aveva detto, gentile, «Marco non  risponde al telefono, è già da lei?»

«Sì, Anna...è arrivato da pochi minuti», le aveva risposto, «ha lasciato il telefono in macchina, è andato a prendere Ilaria.»

«Prenderla? Perché? Dov'è?»

«Non lo so Anna...è scappata appena ha saputo che Marco stava per arrivare...»

«O Dio...», la voce di Anna era diventata un sussurro: «quindi Marco è nei campi, solo, di notte?»

«Sì, è andato a cercarla.»

«Mi fa chiamare appena tornano? Sono di turno fino a mezzanotte, ma anche se fosse più tardi, la prego.»

«Lo farò, Anna, buonasera...»

***

Marco la chiamava tra le file degli ulivi a voce alta: «Ili! Ili!», ma ella non rispondeva. Scese fino al torrente, in quel fine agosto ormai quasi in secca, ma Ilaria non era neppure alla riva, sopra quella grossa pietra dove, da bambini, avevano tanto giocato.

«Ili?»

Nulla; lo attraversò; i suoi occhi, con ancora il crepuscolo, riuscivano a vedere le pietre bianche sulle quali mettere i piedi. Dall'altra parte c'era l'uliveto più grande; gli parve strano che Ilaria fosse andata fin là, ma fece un tentativo, continuandola a chiamare; corse a zig zag tra i filari, arrivò quasi fino alla casa dei vicini, ma c'erano luci in cortile, si mangiava all'aperto a quell'ora, in quella stagione; sentì risate, voci e tintinnare di posate, non si volle far notare, smise di chiamarla, stette nascosto e prese fiato.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora