Capitolo 47 (VI). Anna dottoressa

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«No Terzo, Ilaria non si è sposata, vive da sola. . . ha avuto un bambino da un ragazzo così, senza matrimonio. . . aspetta. . . ti do i loro numeri. . . così li chiami, farà loro piacere.»

Irene era senza parole, emozionata, con Terzo erano anni che non si sentiva, da quando la sua ex suocera, Filomena, era mancata nel 1995. Con lui non aveva mai avuto rancori: quando si era sposata con Antonio egli era ancora un bambino di nove anni, aveva una foto nell'album del matrimonio con Terzo, dietro di lei, che le teneva il velo, povero piccolo. . . vestito elegante e imbarazzato mentre il fratello grande, Carmine, era a fianco con la sua immancabile sigaretta. Quando Antonio tornava a volte ubriaco e la picchiava, negli ultimi tempi, poco prima di andarsene da Maria, Terzo, all'epoca adolescente, andava talvolta a consolarla dicendole: «mi spiace zia di mio fratello, non sa proprio come si sta al mondo» e poi si metteva a giocare con un piccolo Marco che vedeva in lui, più che uno zio, un compagno di giochi grande ma simpatico.

Parlarono per qualche altro minuto, Terzo volle sapere più notizie di suo nipote; quando seppe che si era laureato da tempo, fidanzato e che anch'egli si stava per sposare si stupì molto, «è così giovane. . . », disse. Marco non si era ricordato di invitarli per la sua laurea e per il fidanzamento con Anna. Ma Terzo sembrò non prendersela per essere stato ignorato, era sempre stato gentile, al contrario di Antonio era un bravo ragazzo, al pari di Marco, egli la violenza del fratello l'aveva vista in casa, non come figlio, ma come minore e gli era bastata, non aveva preso giri strani in porto, aveva imparato a fare un po' di tutto nelle case — ristrutturando e riparando — e aveva sempre lavorato onestamente senza toccare — troppo — la bottiglia e le sigarette come i due fratelli maggiori, per questo Irene, dopo l'emozione iniziale, si aprì con lui e gli confidò che anch'ella aveva trovato un nuovo uomo e si stava per sposare:

«Bene zia, finalmente, così ti butti alle spalle mio fratello, te lo meriti. Allora, è deciso, viene anche il tuo fidanzato al mio matrimonio, adesso chiamo Marco e Ilaria e li invito. Tu non dire nulla, farò loro una sorpresa.»

La sorpresa Ilaria veramente l'aveva già avuta dalla madre che, appena avvisata da Terzo, le aveva subito telefonato dicendole:

«Ilì, Terzo si sposa e mi ha invitata su; forse riesco a prendere un passaggio da "zi' Vito" e "zi' Pasquale" così ci vediamo, non sei contenta? Vedo anche Emanuele, sarà ancora più cresciuto.»

«O mamma, che bello, poi vi fermate qualche giorno?»

«Non so, Ilì, c'è la raccolta delle olive, devo scendere di nuovo, ma qualche giorno, come vuole Dio, ci potremo vedere, tanto tu scendi sempre a Natale con Nunziata, vero?»

Una sorpresa, invece, fu veramente per Marco quando in via Luccoli quella sera squillò il telefono; Irene aveva rispettato il volere di Terzo e non aveva anticipato nulla al figlio; Anna prese la telefonata, rimase all'inizio senza parole perché ella non aveva mai saputo molto su quel ramo della famiglia di Marco:

«Marco? Certo, è qui. Sì. . . è in casa, un attimo che glielo passo. Chi devo dire?», coprì la cornetta con la mano, «Gattino? C'è. . . un tuo zio al telefono, Terzo.»

Marco, che era seduto a tavola, si alzò di scatto pensando a qualcosa di grave, non sentiva Terzo anch'egli da anni, andò all'apparecchio e parlò con lui vari minuti; Terzo si complimentò con lui della laurea e della fidanzata: «proprio una brava persona a sentire dalla voce», disse, «dovete proprio venire da noi una domenica. . . anche domenica prossima, venite, ho già invitato tua sorella con suo figlio, tanto tu sai dove abito, no? Abito dove abitava la nonna; così me la fai conoscere e poi naturalmente venite al matrimonio.»

Marco non aveva mai pensato di coinvolgere i suoi zii paterni nel suo matrimonio, ma Anna fu di diverso parere. Appena Marco le disse dell'invito per la domenica seguente, ella praticamente gli impose di accettarlo e dopo la telefonata gli disse: «no, gattino, se ti hanno chiamato vuol dire che ti hanno pensato, andiamo da loro, mi fa piacere. So che tuo padre non è stata una brava persona, però questo non vuol dire che tutta la famiglia da quella parte sia da buttar via, anzi, forse è il momento per te di far pace con quelli che sono rimasti».

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora