Capitolo 50 (VI). La trappola

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Si mise le mani nei capelli, pensando che il peggio che aveva immaginato era purtroppo vero; Andrea fumava tranquillo in attesa del verde come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il semaforo venne verde, Andrea accelerò stando attaccato alla macchina di fronte per non prendere un'altra volta il rosso.

«Certo che è vero Ilaria. Voglio Emanuele. Voglio che Emanuele stia da me per cominciare le elementari, da settembre in poi.»

Per un soffio Andrea, accelerando, riuscì a passare con il giallo, Ilaria improvvisamente gli urlò contro:

«Non mi puoi fare questo Andrea! Il bambino è mio! È tuo, sì, ma è anche mio. Lo vuoi dare tutto a Silvia e toglierlo a me, questo è quello che vuoi! Vuoi una mamma sola per lui, ma la mamma sono solo io, Andrea, non lei. Non lei! Lei ce l'ha il suo Emanuele; che lo vada a trovare ogni tanto al cimitero invece di prendere "gli Emanuele" delle altre!»

Andrea aveva ascoltato il suo sfogo impassibile, un po' se lo aspettava e, comunque, aveva concordato con suo padre una linea di condotta; Giorgio era stato informato di quell'incontro in auto e gli aveva dato le sue istruzioni: non cedere, non farle sperare su un ritiro, non darle illusioni; presentarle la realtà nuda e cruda, ma naturalmente anche non minacciarla o usarle violenza in alcun modo. Né verbale né fisica. Stare sul pezzo e non deviare. D'ora in avanti, gli aveva detto, ogni incontro, ogni telefonata fra lui e Ilaria doveva essere concordata con lui e tracciabile. Di nascosto da Ilaria nel taschino aveva anche un registratore acceso. Gli aveva detto quel pomeriggio, prima di andare a prenderla al lavoro:

«Andrea ora lascia perdere i sentimenti e fa' quel che ti dico. Il formaggio è pronto, ora lo sto mettendo come esca, ma i topolini ci devono arrivare pian piano, non me li devi spaventare.»

«Hai finito di urlare, Ilaria, per favore?», Andrea le rispose calmissimo, la coda, superata Corvetto, si era un poco smaltita, «in macchina mi si rompono i timpani. Ti chiedo di non offendere però Silvia e di non darle una volontà che non è sua. Se io voglio il bambino è solo per me, lei ne beneficia in quanto mia moglie, ma il bambino lo voglio io. È una cosa tra me e te, lascia stare lei.»

«Non te lo do! Non è giusto! Sono io la mamma!», Ilaria smise di urlare, ma cominciò a piangere, «Io! Io l'ho partorito quasi sei anni fa! Te lo scordi? Te l'ho fatto vedere! Te lo sei scordato? Andrea, te lo sei scordato?»

«No, affatto. . . », Andrea continuava a guidare tranquillo, «so che è mio figlio, questo non l'ho mai messo in dubbio Ilaria, e so anche però che adesso vuole stare con me. Non dirmi che non l'hai sentito: ora parla bene, le dice le cose.»

«No, questo non me lo dovevi fare Andrea. . . », Ilaria si prese il viso tra le mani, appoggiò i gomiti sulle gambe, continuava a piangere, Andrea guidava lento nel traffico della Circonvallazione a Monte, «stavamo abbastanza bene finora. Non era bellissima come situazione però un po' ce l'avevi tu e un po' io e pian piano andavamo avanti. Ora però lo vuoi tutto, tutte le notti, perché? Perché?»

«Te l'ho detto Ilaria, mi pare, solo che non vuoi sentire da quella parte. Emanuele me l'ha chiesto, vuole stare con me, vuole stare vicino ai suoi amici, da settembre li avrà sotto casa, sono tutti dello stesso quartiere, si potranno fare compagnia, andare a scuola insieme a piedi, e, comunque, se stesse a casa tua per entrare alle otto a scuola cosa deve fare? Devi svegliarlo alle sei e mezza.»

«Sì, ma lo faccio anche adesso per portarlo all'asilo alle sette e quaranta per andare a lavorare, non ti sei mai lamentato in tre anni.»

«È diverso, Ilaria: adesso va all'asilo, e va bene. . . anche se le suore mi dicono che si mette talvolta a dormire quando arriva, che quando lo porti ha "la faccia da sonno"; all'asilo passi, ma a scuola? Cosa facciamo? Lo facciamo dormire sul banco?»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora